di Beatrice Pozzi
«No gay. No animali.». Un articolo pubblicato su Repubblica il 4 luglio scorso, presto rimbalzato anche da una parte all’altra della rete, ha sollevato un polverone, riportando alla ribalta un problema diffuso da tempo in tutta la penisola anche nelle grandi città: la discriminazione nei confronti delle persone LGBT che cercano casa, da sole o in coppia.
Annunci immobiliari pubblicati sui quotidiani locali o su siti specializzati, non fa differenza: non sempre si affitta alle persone LGBT, contro le quali viene spesso aggiunta una clausola specifica trai requisiti che i possibili candidati devono avere (e nella rete se ne trovano già in annunci risalenti a più di due anni fa). Nella maggior parte dei casi il problema sembrano essere gli uomini, rifiutati “in via cautelativa” dai proprietari delle abitazioni da condividere perché «non se la sentono», perché gli altri inquilini «potrebbero non essere d’accordo», oppure perché si prova disagio all’idea o anche perché i candidati «non rientrano nei parametri», nonostante le garanzie portate per assicurare il regolare pagamento degli affitti.
La questione, in realtà, non è nuova: se nel 2007 la rivista mensile gay Pride aveva svolto un’indagine dalla quale emergeva una sostanziale indifferenza da parte degli affittuari, un certo clamore era stato suscitato nell’autunno del 2008 dal giornalista d’inchiesta dell’emittente centro-italiana Retesole Francesco Palese in seguito alla realizzazione di un servizio tv nel corso del quale si faceva passare per un gay alla ricerca di una stanza da condividere con il proprio compagno nella capitale: una parte delle persone contattate, prese a caso, si era dimostrata disponibile mentre un numero maggiore aveva preferito riagganciare il telefono o rifiutare, anche con risatine imbarazzate, adducendo ragioni come «Vorremmo solo persone normali», «Il condominio potrebbe criticarmi» o «Non vorrei mettermi nei guai». La notizia aveva trovato spazio anche sulla stampa nazionale, e il sindaco di Roma Alemanno aveva biasimato l’accaduto garantendo impegno da parte del Comune per «rimuovere gli ostacoli culturali alla radice dell’intolleranza». Parole di condanna erano state espresse anche dal presidente della Provincia Zingaretti e dall’allora governatore Marrazzo. L’intervento delle istituzioni, però, non era servito ad arginare il fenomeno, in merito al quale le associazioni LGBT dichiarano di ricevere denunce da anni anche da parte di possibili affittuari scaricati all’ultimo dai locatori dopo accordi telefonici andati a buon fine e di inquilini sfrattati a causa del proprio orientamento sessuale: il mese scorso, tra l’altro, è scoppiato il caso del cantautore romano Emilio Rez, a cui i padroni di casa hanno fatto trovare gli effetti personali fuori dalla porta e le serrature cambiate dopo mesi di insulti, e un episodio simile era stato segnalato a Milano nel 2008 dallo stilista Francesco Martini Coveri, che non era riuscito ad affittare una casa nel Quadrilatero della moda.
Dopo la pubblicazione dell’inchiesta di Repubblica non si sono fatte attendere nuove reazioni da parte del mondo politico: il ministro delle Pari Opportunità, Mara Carfagna, ha definito «inaccettabili» e «indegni» gli episodi segnalati e ora medita di disporre l’intervento dell’Ufficio nazionale anti discriminazioni razziali (Unar), da anni attivo contro l’esclusione degli immigrati dalle inserzioni, e di creare una rete di centri territoriali dedicati che favoriscano l’integrazione. Franco Grillini, presidente onorario Arcigay, ha invece proposto di punire con tassazioni aggiuntive i proprietari di appartamenti sfitti, per incentivarli ad essere meno selettivi, mentre Vladimir Luxuria ha puntato l’accento sulla persistente convinzione, ancora diffusa tra molti eterosessuali, che le persone LGBT siano promiscue e sessualmente aggressive e che conducano tutte una vita sregolata.
Dall’altra parte della barricata, però, oltre a conclusioni estreme come: «Affitto stanza per gay a Roma: no a ferventi cattolici e omofobi», si registra una voglia di integrazione, con la creazione di portali dedicati particolarmente ad un target LGBT, dove si incontrano direttamente la domanda e l’offerta di spazi gay-friendly, o con la sempre più frequente pubblicazione anche sui siti generalisti di annunci sulla linea del: «Affitto camera: etero gay o bisex, non importa»
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