Come foglie quando si cammina




di Stefano De Pace

 
Sembra erigersi per difendersi da un amore straripante la parola, e ombre silenziose sollevano nelle mani giovani, minuscoli frammenti di bellezza pura.
La musica della parola in questo racconto di Stefano De Pace che ospitiamo nel numero di questa settimana
Queste parole, prima d’essere questo racconto, sono state un paio di giorni di sole e una notte di stelle in questa calda estate. Respira ancora il tuo cuore nel mio petto, risuona ancora la mia testa addormentata sulle tue gambe, felice per te ma estatica per il suo animo in subbuglio. Ci sono gesti che il tuo corpo non compie mai volontariamente, perché quel gesto solo lo specchio lo conosce. Della linea fluida che percorre il tuo destino solo io, posso curarmi. Ogni accorgimento è parola d’acqua, è accortezza nella difesa, è uno sguardo sulla città che rallenta il passaggio del vento e, la tua immagine sottile, perduta in carezze, è un’incontro tra due occhi che si parlano e ombre che si perdono nella completezza di una preghiera. E’ notte. Lunga sarà la strada, delimitata dai tuoi sorrisi, attraversata costantemente dalle mie attenzioni. Ora ci attende, dietro l’ultimo dosso, dove lo sguardo si fa insicuro e tremante, l’inizio di un nuovo racconto. S’impara tardi a difendersi dall’amore che non conosce misura, a resistergli quando ti chiama, quando ti cerca mentre resti nel buio, fra i muri di questa stanza che tutto avevano visto, i muri sapevano, i muri che oggi guardano verso il basso, solo loro tornano sempre all’amore. Ho visto correre la mia ombra nel sogno incompleto, tornava da me, ho avvertito un calore sul viso come di vento o di un respiro. Vorrei dirti che di tutte le ombre che ho visto, quella degli esseri umani è la più solitaria. La bellezza però è tutta intorno, è nell’armonia del disegno divino, nella gioiosità dei miei passi, e nelle lune traverse dei tuoi. In questo tempo non c’è spazio per riflettere, non ci si sofferma troppo a lungo sul significato delle parole, in compenso se ne sfiorano molte, come le foglie quando si cammina. Il sapore speciale delle tue poche parole esalta il mio cuore. Solo il tempo sa inventarsi altre stelle, per questo tengo stretta la mia notte, la tua innocenza, la mia solitudine e quei tuoi silenzi incresciosi. Con loro porti in segreto la mia anima, al buio dove non c’è forza, né occhi, né voce. E in questa notte trascorsa insieme, a passo d’uomo, ad altezza dio, mi hai condotto per alcuni intensi istanti sopra le guerre degli altri, le urla degli uomini, lontano dalla perversione delle civiltà; mi hai preso per mano in un tempo senza tempo, e se gli occhi indiscreti ignoravano il nostro amore, me la stringevi più forte, e come poesia che sgorga dal cielo, così obbligavi a scorrere sul mio viso rivoli di gioia, con la dolcezza infinita del tuo calore. Sarebbe importante amarsi di fianco, custodire il nostro abbraccio infinito con la natura fino a deridere il mondo, a minacciarne il sole. E’ così che la vita abbandona il suo velo, la sua pietra, la sua maschera. Le mie dita sulle tue labbra quella notte, mentre tu già coloravi il mondo col tuo corpo; le mie parole, consumate sul nascere da emozioni più grandi di un cuore. Ti sfioro appena i capelli, il collo, le braccia; Ho rincorso i miei sogni sull’opposto marciapiede, come un esule che rincorre ricchezza e libertà. Ho raggiunto i tuoi sorrisi, le tue carezze, ma ancora non riesco a guardarti negli occhi. Rimango disteso a sognare le tue mani sui miei capelli e chiamo a raccolta tutto il mio amore mentre i nostri visi spenti scompaiono nel buio, come piccoli alveari senz'anima, come sguardi di un passato ancora da raccontare.

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