Queer Kissing Flashmob: a Barcellona, un nuovo messaggio lanciato alla Chiesa.

di Beatrice Pozzi


La voce, come ormai quasi sempre succede, si è sparsa sulla Rete. L'evento è programmato per il prossimo 7 novembre, quando Benedetto XVI sarà in visita a Barcellona nientemeno che per consacrare la navata centrale della Sagrada Familia finalmente pronta per ospitare celebrazioni liturgiche: quando il papa lascerà la cattedrale della città per dirigersi verso la chiesa progettata da Antoni Gaudì si troverà di fronte un numero indeterminato di coppie gay e lesbiche, pronte a baciarsi, con un segnale acustico a dare il via, mentre lui passa.
Qualche tempo fa esisteva una pagina su facebook, che poi è stata oscurata dopo essere stata visualizzata da migliaia di persone e aver raccolto 1500 adesioni (e che adesso è stata riaperta): una brutta forma di censura che tra l'altro, come di frequente accade in casi del genere, ha avuto l'effetto di creare a favore del flash mob una buona dose di pubblicità.
Ora, a dieci giorni di distanza dall’happening, i commentatori che scrivono sui blog spagnoli si dividono tra chi pensa che si tratti di una provocazione gratuita e inutile e chi crede invece che l’iniziativa sia positiva. D’altra parte, il concetto non è molto diverso da quello che sta alla base dei Pride: sarà una manifestazione pacifica, di persone che non raccoglieranno eventuali provocazioni, che durerà lo spazio di una manciata di minuti dopo i quali i partecipanti se ne andranno come nulla fosse successo.
Certo, l’impatto non sarà forte come quello di un vero flash mob, come avrebbe potuto essere se il tam-tam fosse avvenuto tramite canali tradizionali. E forse non servirà a nulla, se non a far passare, delle persone LGBT, la solita immagine di pervertiti che vogliono scioccare a tutti i costi.
Sarà una goccia nel mare – e in un mare, quello della Spagna dove le unioni LGBT sono legali da anni, dove non ce n’è poi un gran bisogno.
Ma è una goccia che si aggiunge ad altre gocce. Nella speranza che, prima o poi, anche le gerarchie ecclesiastiche smettano di scandalizzarsi e di negare ipocritamente la presenza dell’omosessualità al loro interno. Che capiscano che se la famiglia come istituzione sociale è messa male la colpa non è delle unioni gay. E che aprano gli occhi, che gli uomini e le donne che appartengono al mondo LGBT e che nello stesso tempo sono buoni cattolici e operano per il bene della comunità tutta nonostante le continue discriminazioni cui devono sottostare sono molti, molti di più di quello che sembrano.

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