di Beatrice Pozzi
Nord Africa: a un bivio i diritti LGBT? L’affermazione è di Paolo Patané, presidente nazionale di Arcigay: i Paesi che affacciano sulle sponde africane del Mediterraneo sono ad una svolta di portata storica, che potrebbe condurre alla nascita di nuovi regimi democratici o a situazioni di caos che rischierebbero di favorire l’instaurarsi di governi repressivi. Quale futuro, dunque, per i cittadini non eterosessuali? Partiamo da una panoramica sullo status quo.
In nessuno degli Stati nordafricani la legislazione punisce le pratiche omosessuali con la pena di morte; tuttavia, in ognuno di essi l’attività sessuale tra persone dello stesso sesso in effetti, tra due uomini, poiché i rapporti tra donne non sono contemplati è considerata immorale, e costituisce un reato.
In Marocco le pratiche «lascive» o «innaturali» tra persone dello stesso sesso sono illegali (art. 489 del Codice penale), e sono punibili con una multa o con la detenzione da sei mesi a tre anni, salvo circostanze aggravanti.
Tali attività sono illegali anche in Algeria (artt. 333 e 338 del Codice penale): anche qui le conseguenze possono essere il pagamento di una multa o la detenzione per un periodo massimo di due anni.
Tre anni di carcere, invece, sono l’unica soluzione prevista per chi sia sorpreso in atteggiamenti intimi con un altro uomo in territorio tunisino, mentre in Libia la reclusione può aumentare fino a cinque anni.
Leggermente diversa è la situazione in Egitto, dove in teoria le relazioni omosessuali tra adulti consenzienti non sono espressamente proibite, se non nei casi in cui vi sia prostituzione. Negli ultimi anni, tuttavia, sono stati disposti arresti di uomini gay sulla base degli articoli 98 e 278 del Codice penale, riguardanti, rispettivamente, il disprezzo verso la religione e gli atti osceni in luogo pubblico.
Per provvedere all’incriminazione è comunque necessario disporre di testimoni oculari dell’atto: motivo per cui, almeno teoricamente, le relazioni omosessuali portate avanti in privato (in particolare quelle tra persone che poi contrarranno matrimonio con membri dell’altro sesso) sono tollerate.
Altro discorso, ovviamente, è l’esistenza visibile di una vera e propria comunità LGBT, di organizzazioni che si battano per la difesa dei diritti umani dei suoi membri, o di prodotti culturali che trattino tematiche ad essa relative. Se le persone non possono incontrarsi apertamente per le strade o associarsi per tutelare i propri interessi e la propria dignità, comunque (ma esistono locali gay-friendly che pagano la polizia per evitare la chiusura, ampiamente frequentati anche da turisti occidentali), i contatti fervono sulla rete: anche nei territori nordafricani sono accessibili portali di dating, blog e siti di approfondimento culturale, e soprattutto in Egitto diversi blogger gay hanno preso attivamente parte alla rivolta che ha portato alla caduta del regime di Hosni Mubarak.
Negli ultimi anni, però, piccoli ma significativi passi sono stati fatti anche alla luce del sole. Nel 2004, in Marocco, è nata Kif-Kif (“uguale”), dapprima un forum online e poi una ONG vera e propria che persegue il riconoscimento dei diritti dei cittadini LGBT: registrata anche in Spagna dal 2008, è stata criticata dalle fasce conservatrici della società e per il governo marocchino è illegale, ma dalla primavera 2010 pubblica anche un periodico, Mithly: l’edizione è sia cartacea (distribuita sottobanco nella città di Rabat) che telematica (http://www.gaymarocco.com/mithly.html). In Algeria, invece, da quattro anni il 10 ottobre è celebrato dalle persone LGBT come la propria festa nazionale: la data è stata scelta in ricordo della nascita del sultano ottomano Selim I (1470-1520), personaggio di spicco della storia dell’Islam omosessuale dichiarato.
E ora? Se al Cairo gli omosessuali hanno iniziato a darsi appuntamento a testa alta a piazza Tahrir, il timore è che a fronte di problemi più urgenti, e di una situazione che salvo che in Marocco dove tutto rimane com’era deve ancora stabilizzarsi, poco o nulla cambi per le persone LGBT nel prossimo futuro. E allora, ancora una vita passata a nascondersi tra rischi d’arresto e amori clandestini, oppure la via dell’esilio: insieme agli altri disperati, sui barconi.
Nord Africa: a un bivio i diritti LGBT? L’affermazione è di Paolo Patané, presidente nazionale di Arcigay: i Paesi che affacciano sulle sponde africane del Mediterraneo sono ad una svolta di portata storica, che potrebbe condurre alla nascita di nuovi regimi democratici o a situazioni di caos che rischierebbero di favorire l’instaurarsi di governi repressivi. Quale futuro, dunque, per i cittadini non eterosessuali? Partiamo da una panoramica sullo status quo.
In nessuno degli Stati nordafricani la legislazione punisce le pratiche omosessuali con la pena di morte; tuttavia, in ognuno di essi l’attività sessuale tra persone dello stesso sesso in effetti, tra due uomini, poiché i rapporti tra donne non sono contemplati è considerata immorale, e costituisce un reato.
In Marocco le pratiche «lascive» o «innaturali» tra persone dello stesso sesso sono illegali (art. 489 del Codice penale), e sono punibili con una multa o con la detenzione da sei mesi a tre anni, salvo circostanze aggravanti.
Tali attività sono illegali anche in Algeria (artt. 333 e 338 del Codice penale): anche qui le conseguenze possono essere il pagamento di una multa o la detenzione per un periodo massimo di due anni.
Tre anni di carcere, invece, sono l’unica soluzione prevista per chi sia sorpreso in atteggiamenti intimi con un altro uomo in territorio tunisino, mentre in Libia la reclusione può aumentare fino a cinque anni.
Leggermente diversa è la situazione in Egitto, dove in teoria le relazioni omosessuali tra adulti consenzienti non sono espressamente proibite, se non nei casi in cui vi sia prostituzione. Negli ultimi anni, tuttavia, sono stati disposti arresti di uomini gay sulla base degli articoli 98 e 278 del Codice penale, riguardanti, rispettivamente, il disprezzo verso la religione e gli atti osceni in luogo pubblico.
Per provvedere all’incriminazione è comunque necessario disporre di testimoni oculari dell’atto: motivo per cui, almeno teoricamente, le relazioni omosessuali portate avanti in privato (in particolare quelle tra persone che poi contrarranno matrimonio con membri dell’altro sesso) sono tollerate.
Altro discorso, ovviamente, è l’esistenza visibile di una vera e propria comunità LGBT, di organizzazioni che si battano per la difesa dei diritti umani dei suoi membri, o di prodotti culturali che trattino tematiche ad essa relative. Se le persone non possono incontrarsi apertamente per le strade o associarsi per tutelare i propri interessi e la propria dignità, comunque (ma esistono locali gay-friendly che pagano la polizia per evitare la chiusura, ampiamente frequentati anche da turisti occidentali), i contatti fervono sulla rete: anche nei territori nordafricani sono accessibili portali di dating, blog e siti di approfondimento culturale, e soprattutto in Egitto diversi blogger gay hanno preso attivamente parte alla rivolta che ha portato alla caduta del regime di Hosni Mubarak.
Negli ultimi anni, però, piccoli ma significativi passi sono stati fatti anche alla luce del sole. Nel 2004, in Marocco, è nata Kif-Kif (“uguale”), dapprima un forum online e poi una ONG vera e propria che persegue il riconoscimento dei diritti dei cittadini LGBT: registrata anche in Spagna dal 2008, è stata criticata dalle fasce conservatrici della società e per il governo marocchino è illegale, ma dalla primavera 2010 pubblica anche un periodico, Mithly: l’edizione è sia cartacea (distribuita sottobanco nella città di Rabat) che telematica (http://www.gaymarocco.com/mithly.html). In Algeria, invece, da quattro anni il 10 ottobre è celebrato dalle persone LGBT come la propria festa nazionale: la data è stata scelta in ricordo della nascita del sultano ottomano Selim I (1470-1520), personaggio di spicco della storia dell’Islam omosessuale dichiarato.
E ora? Se al Cairo gli omosessuali hanno iniziato a darsi appuntamento a testa alta a piazza Tahrir, il timore è che a fronte di problemi più urgenti, e di una situazione che salvo che in Marocco dove tutto rimane com’era deve ancora stabilizzarsi, poco o nulla cambi per le persone LGBT nel prossimo futuro. E allora, ancora una vita passata a nascondersi tra rischi d’arresto e amori clandestini, oppure la via dell’esilio: insieme agli altri disperati, sui barconi.
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