Nel vicolo III° - La solitudine




di Natty PatanĆØ 


 Maria fissava le fiamme del camino, si alzavano sinuose spargendo scintille, la tele mandava stanche voci di presentatori reduci dalla notte di un capodanno identico agli altri, fuori il vicolo taceva nell’oscuritĆ  appena agitato dal vento gelido. I pensieri si avvolgevano uno sull’altro come il fuoco che aggrediva il pezzo d’ulivo appena poggiato sugli alari, la telefonata del figlio, i lividi di X, il passo saltellante di Lisa che raggiunge l’amica, si avviluppavano e sbiadivano. - Non voglio parlargli, non voglio – - Poteva pensarci prima invece di sposarlo – - Non ĆØ normale quella, e la sua amica ĆØ peggio – Gocce di rabbia riversate a buon mercato su ogni essere vivente che le fosse passato accanto in quell’inizio d’anno. La stanza illuminata solo dal camino e dalla televisione inutilmente accesa le proiettava immagini lontanissime, una spiaggia, un uomo che piantava un ombrellone, un bimbo ammutolito di fronte al primo mare della stagione e lei giovane che teneva con la mano un foulard sulla testa mentre cercava di sistemare un telo sulla sabbia poi, come in una dissolvenza cinematografica, cominciava a sparire tutto, l’uomo, il bimbo, solo la sabbia rimaneva e le cadeva inesorabile dalle mani - Dormivo? Si forse dormivo – Si guardĆ² intorno e si accorse di parlare alle ombre saltellanti sul muro, si alzĆ² dal divanetto e andĆ² verso l’acquaio a versarsi un bicchiere. Tolse il volume alla tele e, stringendosi allo scialle di lana blu, si avvicinĆ² alla finestra, un lampione carezzava tenuemente di giallo i muri scrostati, il suo mondo sembrava avvolto nella coltre evanescente del nulla. Improvvisa andĆ² verso un mobile dalle ante serrate, ne aprƬ una e lentamente poggiĆ² le dita su una vecchia scatola metallica che un tempo doveva aver ospitato biscotti, dopo un attimo di indecisione la estrasse e, piano, portandola cui palmi, se ne tornĆ² al divano acquattandosi cauta. Rimase a lungo immobile a contemplare la scatola fin quando, con decisione, la aprƬ. Un modellino di una alfa romeo rossa teneva ferme un mucchietto di vecchie foto, alcune in bianco e nero, altre, dai colori sbiaditi, le riportarono alla mente la vecchia polaroid e il giorno in cui Giorgio la aveva portata in casa un Natale. GuardĆ² le prime quasi senza espressione, Maria in abito bianco, Maria incinta che sorride appoggiata ad un’amica, Maria che allatta, una cerimonia con parenti spariti da anni, Pietro in bici, Pietro con il grembiulino blu, Pietro ad una gita con il braccio di un suo amico sulle spalle, tutti e tre sorridenti vicino alla macchina nuova. Nell’assoluto silenzio un plof! Sordo diede il suono a delle lacrime, proprio in quell’istante Maria, la nunna Maria come la chiamavano tutti, si rese conto che non ricordava neanche piĆ¹ da quanto tempo non piangesse. - che c’entrano ste lacrime mo’? – Si chiese senza riuscire a fermarle, correvano, quasi a voler riempire quel nulla e annegarlo in un fiume, alla tele volti sghignazzanti, di fronte alla tele il volto di Maria rigato e stanco fissava i tempi ormai perduti. Il vicolo continuava a tacere mentre il vento di Tramontana sembrava voler fischiare rispettosamente per far compagnia alla nunna Maria

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