LA PAROLA


di Cecilia Biggi

La Parola era stanca.

Non stanca in senso fisico, ma di una stanchezza morale. Dopo millenni di vita, riteneva di avere diritto ad un minimo di rispetto, ad un po' di tregua...

Alla sua nascita, l'Umanità, ancora agli arbori della sua storia, l'aveva accolta come un beneficio concesso a lei sola. Erano cresciute insieme, rinsaldandosi l'un l'altra e tenendosi per mano: la Parola era diventata più complessa, più articolata, man mano che l'Umanità evolveva e si differenziava.

Il suo era stato da sempre un compito arduo, senza un attimo di tregua, sfiancante. E l'Umanità prosperava grazie a lei, ma la gratitudine non sembrava essere nelle sue corde; mai una volta che le avesse rivolto un grazie, o che almeno le avesse fatto intendere quanto apprezzasse il suo instancabile lavoro, senza cui non avrebbe potuto progredire dallo stato di semplice vita animale; anzi, l'Umanità aveva cominciato a farsi sempre più altera, a darsi arie e addossarsi meriti non suoi, togliendoli alla Parola. Mentre prima camminavano mano nella mano, ora l'Umanità la precedeva, modificandola a suo capriccio.

Eppure eccola ancora lì, a correre di bocca in bocca, di foglio in foglio, per secoli e millenni. La sua dedizione, insomma, non era mai mancata. In fondo, per quanto la Parola avesse avuto un contributo fondamentale, sapeva che senza l'Umanità la sua esistenza non avrebbe avuto senso; era un dare-avere in cui lei appariva come la più passiva, anche se non la era. Eppure poteva ancora sopportare la sua superbia, a patto che non andasse troppo oltre.

Le cose però erano cominciate a peggiorare ai tempi dell'Antica Grecia. Un gruppo di intellettuali, di filosofi che si facevano chiamare sofisti, avevano cominciato a tirare un po' troppo la corda. Nella loro convinzione che qualsiasi certezza potesse essere piegata da un ragionamento opposto e altamente illogico, da un uso diverso della Parola, avevano reso sempre più precaria la sua posizione; e allora quel relativismo di pensiero era stata la sua condanna, perché senza un ideale la Parola non diveniva altro che un oggetto.

Le generazioni successive, di secolo in secolo, da paese a paese, si destreggiarono con un uso della Parola sempre più capzioso e superficiale, ma dopo un paio di millenni lei cominciava a non sopportare la situazione che si era creata.

I filosofi non le erano mai piaciuti, con il loro modo di piegarla ai loro desideri. Potevano rigirarla come volevano, la ribaltavano, le davano significati opposti, la confondevano. Con i secoli, Parola era stata usata come arma durante le dispute, i dissidi, per far valere questa o quella parte avversa. Poco importava usarla nel bene o nel male, la Parola non valeva nulla, era solo un guscio vuoto che doveva essere riempito, un contenitore inanimato e asettico.

La Parola poteva essere gettata fuori dalla bocca o dalla penna di una persona qualunque un giorno, e la mattina dopo essere ritrattata. Poteva essere gonfiata a dismisura, o ridotta a brandelli. La Parola aveva un potenziale immenso, di questo tutti erano coscienti, e se ne servivano ai propri scopi, fino all'esasperazione.

Scrittori e poeti giocavano con la Parola, ne facevano un mestiere e un vanto, suscitando lo stupore delle masse per i loro trucchi da prestigiatori, e a chi andava tutto il merito? Erano loro le menti geniali, che avevano trasformato in pura arte quelle parole fredde.

E la Parola non poteva fare altro che stare a guardare, dato che il suo potere decisionale era ridotto a due misere alternative: andarsene o restare.

Restare significava accettare la situazione: significava lasciare che l'Umanità facesse di lei ciò che voleva. Si trattava di accettare di ritrovarsi ogni giorno con le vesti strappate, accartocciate da mani impure che pretendevano di dominarla. La percuotevano, la soffocavano, la violentavano nel modo più meschino.

Andarsene, invece... Beh, quella era tutta un'altra storia…

(continuate voi la storia con le vostre storie...)



1 Commenti

  1. Andare o restare erano le due sole opzioni che la Parola a quel punto si trovò a dover seriamente prendere in considerazione.
    Andarsene in fin dei conti poteva essere l'unica soluzione sensata: in un mondo senza frasi allora sì l'Umanità si sarebbe resa conto della propria superbia, si sarebbe ritrovata un'esistenza priva di bei discorsi e di rivoli di parole.
    Allo stesso tempo, però, i poveri Mortali si sarebbero risparmiati le immancabili dicerie e assurdità che avevano caratterizzato puntualmente ogni epoca.
    Certo un'Umanità muta, con sentimenti forse nuovi ma senza possibilità di essere espressi in parole che da tempo immemore avevano accompagnato l'esistenza umana, ma, allo stesso tempo, un'Umanità finalmente conscia del proprio “limite” e della propria arroganza.
    Una conquista grandissima per gli Umani...non realizzabile in altro modo.. - pensò la Parola, e così accadde.

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