Una ossessiva ma intrigante follia


di Vincenzo Jacovino

E’ mai esistita al mondo una civiltà senza poeti? Probabilmente no, perché, fin dalla notte dei tempi, i popoli hanno metabolizzato e, poi, coltivato i sentimenti attraverso le narrazioni mitiche e il poeta è il misterioso affabulatore degli eventi che percorrono la comunità e “l’altro da sé” di ciascun componente della società. Essere poeti è, quindi, di tutti? Di ciò non c’è certezza, tuttavia tutti sono chiamati per empatia ma non ad esercitare, a ogni costo, tale funzione. Cos’è la poesia? Verrebbe da definirla: è una ossessiva ma intrigante follia.
E’ un bene che questa ossessiva ma intrigante follia sia inculcata a bambini, adulti e vecchi? Non crediamo che ci sia un’univoca risposta ma che si faccia un’azione capillare di insegnamento è, senz’altro, opera meritoria evitando, però, che i nuovi creatori depauperino ancor di più la ridotta schiera dei consumatori come, pur troppo, accade da tanto tanto tempo. La poesia va diffusa e insegnata a praticarla per poter essere dopo in grado di conoscere quello che si prova. A praticarla non per definirsi poeti ma a meglio capire il corso e l’evoluzione del proprio stato d’animo. “Scrivere poesia – afferma Daniele Giancane nel suo bel trattato: Scrivere poesia – essere poeti, Genesi Editrice – vuol dire nello stesso momento aver a che fare con la vita di dentro, trovare la lingua giusta per rappresentarla, …” e, grazie alla poesia e, quindi, alla cultura (quella vera), ci appropriamo dei nostri sentimenti attraverso le sue più disparate varianti.
Giancane non è nuovo a impegni di questo genere; già negli anni ’80, del secolo scorso, pubblicò un interessante lavoro di didattica e ricerca effettuata in alcune scuole elementari di Bari. In questo volume, oltre a riportare esperienze di poesia dell’infanzia, sono riportate esperienze di poesia in carcere, ossia poesia del disagio. E’ raccolto, qui, il resoconto di un lavoro ultraventennale effettuato da un appassionato tecnico che con testardaggine, caso per caso, ha messo su laboratori poetici, a suo modo, rivoluzionari.
Scrivere poesia – essere poeti, quale laboratorio di scrittura poetica e di pensiero, individua le modalità e, qua e là, gli strumenti opportuni per realizzare un guado confortevole ai bambini fra il mondo esterno e l’intimo sentire e agli adulti il necessario guado fra il disagio del vivere e il campo aperto dell’esistenza. Aiutando bimbi e adulti, specie gli emarginati, Giancane ha effettuato con perseveranza un “percorso di riumanizzazione della poesia, della sua eterna verità”. Grazie alla poesia, bambini, adulti e vecchi imparano a far transitare “l’emozione” verso il “sentimento”; un percorso che non è naturale ma solo culturale.
Oggi, la poesia è marginale? Siamo convinti che lo sia sempre stata anche quando “i poeti erano gli aedi della società” costituita da pochi, pochissimi signorotti e né ha mai inciso sulle sorti delle comunità pur essendo sua sentinella.

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