IL MERCATO DELLA CO2 (parte 2/2)



di Adriano Nuccilli

Nello scorso post avevamo presentato i meccanismi flessibili di riduzione della CO2 derivanti dal Protocollo di Kyoto, e ci eravamo lasciati con un quesito: ci si può fidare di progetti che parlano di abbattere le emissioni di un gas che neanche riusciamo a percepire?
Analizziamo il complesso parto dei CDM, considerando le procedure da affrontare qualora fossimo noi a voler creare un progetto di questo tipo.
Innanzitutto dobbiamo stilare un progetto che sia effettivamente valido per la riduzione di gas serra, ad esempio l’installazione di una centrale idroelettrica in un Paese in via di sviluppo. Una volta definito un disegno di massima dobbiamo innanzitutto chiedere due autorizzazioni, una alla DNA (Designated National Authority) italiana, che fa capo al Ministero dell’Ambiente, e una a quella del Paese che ospiterà il progetto. Se entrambe le autorità ci autorizzano possiamo andare avanti.
A questo punto dobbiamo stilare un PDD (Project Design Document) che è un documento composto da svariate pagine in cui spiegheremo per filo e per segno tutti i dettagli del progetto: tipologia, ubicazione, strumenti di calcolo delle riduzioni della CO2 (i quali strumenti devono essere approvati), piano di rientro economico, piano di monitoraggio ambientale, condivisione del progetto con la popolazione locale (che non solo dovrà essere interpellata ma anche coinvolta e dovrà trarne beneficio), più un'altra serie di cose che non sto qui ad elencare.
(immagine tratta da www.mvv-decon.com)
Una volta realizzato il PDD lo devo sottoporre a validazione da parte di un terzo soggetto non coinvolto nel progetto, chiamato DOE (Designated Operational Entity), che a sua volta, per svolgere questo ruolo, dovrà essere accreditata dall’UNFCCC (United Nations Framework Convention on Climate Change), un ufficio delle Nazioni Unite che monitora la regolarità dello svolgimento di questi processi. Il programma di validazione del PDD da parte della DOE in genere dura una decina di mesi, durante i quali verranno analizzati tutti i singoli elementi che lo compongono, e in caso di irregolarità i promotori del progetto saranno chiamati a chiarire ogni dubbio che emergerà.
Se si supera lo scoglio DOE il gioco non è ancora finito: il progetto passa nelle mani dell’UNFCCC che ne riverifica la validità; nel caso in cui il progetto risulti conforme agli standard richiesti può essere avviato.
Quindi abbiamo finito? Possiamo prenderci i CER? Assolutamente no, perché la C di CER sta per CERTIFICATI, quindi verificati ex post!!!
Passato un po’ di tempo dall'avvio del progetto, viene chiamata una seconda DOE a certificare l’avvenuta riduzione di CO2, allora avremmo i nostri CER da vendere.
In conclusione, potrà sembrarvi un ragionamento di parte ma mi pare che questi titoli di CO2 abbiano superato abbastanza esami per poter essere “credibili” ed effettivamente spendibili per la riduzione delle emissioni di e di quei gas serra che non stanno facendo propriamente bene alla nostra “casa” Terra.

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