Schoenberg
è morto scriveva il rampante
ventisettenne Pierre Boulez sulla rivista The Score
(*1) nel 1952, edito da Einaudi - con italico ritardo - nel 1968 in
Note di apprendistato.
Sullo
stesso importante volume Einaudi troviamo un saggio dello stesso
autore : Stravinskij rimane, traduzione di un saggio uscito
l'anno successivo, nel 1953, con il titolo Stravinskj demeure,
(*2) su Musique Russe, PUF, Paris 1953. Un inizio grintoso per
una grande e lunga carriera di compositore, direttore d'orchestra,
maître à penser e organizzatore.
Mi
viene in mente tutto ciò ascoltando una trasmissione a Radiotre
Suite che presenta il volume Pensieri verticali, che
raccoglie gli scritti del grande compositore americano Morton
Feldman, finalmente edito da Adelphi, 2013: 1985 l'edizione tedesca,
1998 quella francese, 2000 edizione inglese, annunciata edizione
italiana da Adelphi nel 1971...... almeno si è corso il rischio di
arrivare primi per una volta.
Ho
ritrovato la presenza insigne del TGMPB
(Très Grand Maître Pierre Boulez) nei giorni scorsi a Parigi
leggendo il n. 71 di Cité
Musiques
(l'intervista a Laurent Bayle alle pag.5-9 :
http://www.citedelamusique.fr/pdf/cite_musique/cite_musique71.pdf)
dove si presenta la bellissima tanto discussa grande sala di concerti
Philarmonie
de Paris
(che, per essere chiari, mi trova pienamente d'accordo: la
costruzione della sala, non la polemica). Un altro tassello concreto
di quanto costruito (letteralmente) su incipit di Boulez nella
capitale francese: IRCAM, Cité e Musée de la Musique che ora si
arricchiscono di una delle sale da concerti più grandi e ambiziose
del mondo che inaugurerà nel settembre 2014.
Ho
iniziato a leggere alcuni anni fa, nella versione francese, gli
illuminanti scritti di Feldman e, ricordando quanto l'ormai potente
Boulez avesse ostacolato la musica americana (Cage e Feldman tra i
primi) alla grande fiera dell'Avanguardia Musicale dei Ferienkurse
di Darmstadt negli anni 50 e 60, sono andato a riaprire il vecchio
volume Einaudi (di cui alla riga 2 qui sopra) dalla copertina bianca
e arancione: con piacere ho riscontrato una serie di mie annotazioni,
critiche, dubbi, punti esclamativi, punti di domanda e appunti di
sconcerto ai margini di quella che a me, come ad altri compagni di
studio musicale, era apparso come uno dei volumi maggiori della
bibbia della nuova musica, quindi della musica del futuro. Ero
giovane e provinciale ma non così sprovveduto e acritico: per
fortuna.
Ho
avuto la fortuna di riascoltare dal vivo per Rivoli Musica, il 15
dicembre scorso, l'incredibile e meraviglioso Second
String Quartet di Feldman
eseguito dal Quartetto d'Archi di Torino: un'esperienza di ascolto
unica che va al di la di quella ordinaria di un concerto (ne avevo
scritto qui :
http://terpress.blogspot.it/2009/10/quartetto-per-un-tempo-infinito_06.html)
La
musica è questione di tempo e quella di Feldman è straordinaria e
unica per quanto riesce a costruire un tempo tutto suo per ogni
brano, il tempo dell'ascolto dei suoni che stiamo ascoltando: hic et
nunc.
Questa idea, così vicina al puro ascolto e lontana da speculazioni teoriche, Boulez, nella sua frenesia di razionalizzazione della musica impegnata a presentare per nuovo universo compiuto le cartesiane tabelline del 12, proprio non l'aveva capita.
Questa idea, così vicina al puro ascolto e lontana da speculazioni teoriche, Boulez, nella sua frenesia di razionalizzazione della musica impegnata a presentare per nuovo universo compiuto le cartesiane tabelline del 12, proprio non l'aveva capita.
Boulez
rimane nella grandezza di direttore d'orchestra, intellettuale e
organizzatore: lunga vita all'imperatore della Ville sonore.
Feldman,
a 25 anni dalla morte, rimane come grandissimo artista e compositore
originalissimo che sapeva parlare e scrivere di musica con sincerità
e lucidità ma anche con una passione e veemenza che sembrano così
lontane dai suoi suoni incantati e siderali.
Io
sono d'accordo con CAGE: la differenza più evidente fra il nostro
modo di vedere, vivere e fare musica e quello di Pierre Boulez,
risiede certamente nel fatto che noi non stiamo cercando la via
giusta.
La
storia é pregiudizio. Liberarsi della storia é liberarsi dal
pregiudizio.
(Musica Realtà, n.19,
aprile 1986: Morton Feldman, intervista)
*1
– Curiosa la lingua inglese che usa un solo termine (score) per
punteggio e partitura musicale: funziona bene per la musica e le
tabelline del 12 dello strutturalismo ortodosso principe di
Darmstadt.
*2
– in questo contesto mi piace il termine demeure: de-meure,
contrapposto a “meure”. Si potrebbe tradurlo “de-muoia”
invertendo la freccia temporale più inesorabile e drammatica.
Giuseppe
Gavazza, venerdì 1 febbraio 2013
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