Confessions of a soundaholics: the facts about sound addiction


Giuseppe Gavazza








Workaholic è un neologismo che indica “una sindrome da dipendenza dal lavoro, un disturbo ossessivo-compulsivo, un comportamento patologico ». Il termine è stato coniato da Wayne Edward Oates (1917-1999) nel suo Confessions of workaholics: the facts about work addiction.

Una sindrome simile probabilmente si manifesta con sintomi di dipendenza da ascolto, con il piacere puramente fisico e irrazionale di sentirsi immersi nel suono senza riflettere sulla percezione per mediarla e filtrarla razionalmente per valutare e giudicare ciò che si ascolta in termini più classicamente definibili come “musicali”.
La brevissima (tre concerti) stagione di RAI Nuova Musica OSN (Orchestra Nazionale della Rai) ha proposto anche quest'anno, per la quarta volta, un intelligente e interessante rimescolamento di generi, stili e, soprattutto, pubblici. Stralcio dal programma :”La formula e` collaudata: tre musicisti per tre appuntamenti nel tempio torinese della classica, l'Auditorium Rai "Arturo Toscanini"; a loro spetta il compito di aprire la serata con live e dj set e soprattutto di presentare, durante l'intervallo, una rielaborazione inedita di uno dei lavori appena eseguiti dall'orchestra”.

A me la formula piace molto e mi è piaciuto anche quest'anno ritrovarmi immerso nel foyer in una massa di suoni “altri” rispetto a quelli ascoltati poco dopo e, soprattutto, poco prima nella sala concerti: non ho minimamente pensato a valutare quei suoni con i metri di giudizio estetici, strutturali e analitici che normalmente uso in concerto e che ho usato nell'ascoltare le interpretazioni acustiche dal vivo dell'orchestra. Il mio confronto, ad esempio, tra un capolavoro del sincretismo musicale come Sinfonia di Luciano Berio, brano del 1968 ascoltato nel primo concerto, con le riletture ascoltate nel foyer pendeva tutto decisamente verso il primo: ma Berio è stato ed è uno dei miei musicisti di riferimento fin dai tempi della scoperta della nuova musica e degli studi musicali: una passione e un mio nume tutelare. In ogni caso però sempre mi sono immerso con grande soddisfazione in quell'altro suono, non so se in maniera ossessiva, compulsiva e patologica, certo più dionisiaca che apollinea. I tanti giovani che hanno affollato la sala oltreché il foyer, capaci di ascoltare con attenzione fino alla fine brani impegnativi e certo inauditi e inconsueti per molti di loro, sono abituati a ben altre immersioni e coinvolgimenti nel suono, a ben altre sound addictions.

L'altro suono è il bel titolo di una rassegna di musica antica di un'altra illustre tradizione musicale classica torinese: l'Unione Musicale. In questo caso è il suono antico, perlopiù Barocco, ad essere altro rispetto a quello più abituale per la musica da camera o orchestrale Classica o Romantica: così come altro è il suono, rispetto a quest'ultima, del contemporaneo elettronico. Nei due casi i suoni sono reciprocamente altri a causa di una distanza temporale di alcune/molte decine di anni: altri strumenti, altre sale e modalità e altre orecchie in ascolto.
Credo di sapere come giudicherei un appassionato di musica Barocca che si tappasse le orecchie con aria indispettita e volto indignato all'ascolto di una sinfonia di Mahler ma ho visto molti habituè dei concerti classici atteggiarsi allo stesso modo nel foyer dell'Auditorium RAI. Molti di loro sono proprio quegli “appassionati” che esibiscono competenza e lamentano che ai concerti classici, particolarmente quelli dedicati alla musica nuova, ci siano poche persone e ci siano, soprattutto, pochi giovani, deducendone con questo motivi di critica nei confronti delle nuove generazioni.
Ai concerti di RAI Nuova Musica il pubblico era numeroso e insolitamente giovane per questo genere e repertorio, per lo meno a Torino che non è certo una capitale della musica: sono giovani, erano attenti e mi sono ritrovato dopo a parlare e discutere vivacemente di musica con alcuni di loro che conosco, non per averli incontrati in altre sale di musica classica.

Mi è tornata in mente una domanda che mi era sorta anni fa ad una cena con conoscenti “fini e appassionati conoscitori di vino” : “Come si può definire in poche parole la differenza tra competenza e conformismo?” Io una risposta non l'ho ancora trovata.

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