La scelta di libertà di Joseph
"In questo momento sono realmente libero di decidere con la mia coscienza di fronte a Dio.
Non è una decisione di cedimento o di debolezza, ma di libertà"
Le parole pronunciate dal papa mentre scrivo, oggi, 21 Febbraio 2013, mi serviranno da guida in questa mia, tutta laica, riflessione.
Mi sono pronunciata, da credente non cattolica, sulla scelta del papa in altri contesti, qui invece voglio sottolineare la scelta di Ratzinger come uomo, partendo proprio dalle parole da lui stesso pronunciate.
Dunque Joseph Ratzinger ha usato una frase forte e molto significativa per rivelare il vero motivo delle sue dimissioni, ha parlato di questo momento e di libertà.
Considerato che da due anni egli ha lasciato qui e lì cadere parole circa la opportunità di dimissione del papa nel caso di impossibilità fisica o spirituale al ministero petrino, in questo momento può solo riferirsi ad una serie di circostanze che hanno affrancato il papa da una curia e da una serie di soggetti intorno a lui che ostacolavano questa sua decisione.
Considerato in una ottica più ampia, non me ne vogliano i cattolici, questa espressione getta un'ombra inquietante sul papa precedente.
La chiesa ha sempre insistito sulla scelta volontaria di papa Giovanni Paolo II di rimanere papa, fino alla sua fine.
Ma ora dobbiamo chiederci: egli era davvero libero?
Dobbiamo pensare che SOLO Benedetto XVIII abbia subito pressioni, dirette o indirette per rimanere al papato?
E sopratutto, dobbiamo e possiamo pensare che Karol, l'uomo Karol, negli ultimi anni di lotta feroce al morbo di Parkinson, fosse davvero libero di decidere con la sua coscienza e davanti a Dio?
Guardiamo da laici all'ultimo anno, o perché no agli ultimi tre, del pontificato di Giovanni Paolo II, non poteva scrivere, quasi non poteva parlare né camminare.
Davvero sarebbe stato ancora libero di esprimere il suo desiderio di non subire un'agonia pubblica che soddisfaceva il voyeurismo dei fedeli e l'egoismo di una chiesa malata?
Non posso entrare nella testa di Karol per dirlo, ma qui affermo che, anche se fosse stata sua volontà, alla luce di tutte le circostanze, non era comunque una cosa giusta.
Non era giusto perché un uomo malato ha diritto a non vedere lesa la sua dignità presentando al mondo un aspetto di sé sofferente, addirittura trattato, negli ultimi tempi, da mero oggetto, visto che non poteva nemmeno più parlare.
Non era giusto perché il ruolo del Papa, ma anche di qualunque uomo, nella sua vita può essere solo suo e non deve essere derogato a terzi.
Karol non poteva firmare, né parlare, la sua volontà non poteva più essere espressa.
Se fosse stato un uomo comune, si sarebbe detto che non poteva più, legittimamente, agire sul suo destino.
invece, veniva considerato ancora padrone e signore di esso, addirittura si attribuirono a lui nomine l'ultimo giorno della sua esistenza terrena, quando egli era in coma.
A cosa , a chi giovava questo?
Non a Karol, non all'Uomo che si sosteneva essere santo, poiché egli non ne aveva più nemmeno coscienza.
Giovava agli altri, egli era uno strumento.
E Ratzinger, dietro di lui per tutto quel periodo, lo sapeva bene.
Ha visto, ha considerato.
Ha compreso che un uomo ha diritto a non essere uno strumento altrui, ha diritto a possedere la sua vita finché può, e si è sottratto a questo destino, in una scelta di libertà.
Come forse non era riuscito a fare il suo predecessore, come in molti purtroppo non riescono più a fare..
Mi piacerebbe sapere da Joseph, ma ancora di più dalla chiesa, come concilia questa scelta con la sua rigidità sull'accanimento terapeutico, come pensa che siano liberi quegli uomini e quelle donne che non possono più vivere la loro vita, ma devono rimanere vivi perché non sono loro i padroni della vita..
A me pare che queste dimissioni papali, che queste frasi cambino le cose, no?
E' semplice logica riflettere che, se si permette a Joseph di scegliere in libertà di rinunciare, a maggior ragione lo si possa permettere ad un laico.
Anche lui, sceglie con la propria coscienza, con o senza un Dio davanti, fino a che punto la sua vita, il suo ruoli sia degno di essere vissuto.
Senza necessità di essere per forza un santo, come hanno quasi costretto ad essere la povera Eluana.
La vicenda di Karol, nelle sue accezioni peggiori e con i debiti distinguo, mi ricordava la storia di elephant man, della donna scimmia, di tutti quegli sfortunati costretti a mostrarsi agli occhi altrui come rassicurante esempio di ciò che loro non erano quando non, nel caso di Giovanni Paolo II, come specie di sacrifici umani ad un Dio tutt'altro che paterno.
E a chi mi ribattesse che Karol Woytila ha fatto una scelta volontaria, non ho da ribattere se non che anche i due casi citati sopra, avevano volontariamente scelto di mostrarsi.
Esistono molti modi per convincere l'individuo a trasformarsi in ciò che vogliamo, sia un santo oppure un mostro.
Uno è convincerlo che non ha altra scelta, l'altro aspettare, quando sarà troppo malato, non potrà comunque più scegliere.
Nessuno si è mai chiesto come si sapesse che la decisione di Karol era rimasta immutata anche nel momento della fine, visto che egli non parlava né scriveva più..
Come lo sapevano?
Come sapevano che quella libertà individuale, che non può essere negata nemmeno al Papa, era rispettata nel caso di una persona che non poteva più comunicare con l'esterno.
E la risposta più plausibile è anche la più crudele, quasi atroce: non lo sapevano, ormai usavano Karol, fedeli e chiesa, come un oggetto, uno spettacolo, un santo, una reliquia vivente.
E dov'era in questo la libertà di Karol?
Non era contemplata: in nome della fede, del ruolo, quell'uomo era ormai al di là di sé stesso e della sua vita.
Joseph, per sé, non voleva questo.
La sua vita ora torna ad essere sua, ed è giusto così, perché una cosa sola deve essere garantita e non può essere tolta: la garanzia della sovranità sulla propria vita.
Ci rifletta la chiesa, ci rifletta il nuovo Papa, alla luce di questo, rifletta su Welby, su Eluana Englaro, su tutti noi, disabili e non, che vuole convincere a vivere al di là della nostra vita.
Lasci anche a noi ,come ha lasciato a Joseph, la libertà di poter dire:
"lascio perché sono libero!"
Non c'è frase più bella.
E più vera.
Rosa Mauro
mi viene in mente una bella frase del Nobel Gao Xingjian "La solitude est une condition nécessaire de la liberté"
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