di Natty Patanè
Sul
balcone di fronte l’ennesimo Babbo Natale cercava inutilmente di scalare il vuoto
mentre luci intermittenti scrivevano auguri sulla vetrina accanto.
Guardò
al di là dei vetri, come se potesse scorgere qualcuno che dovesse arrivare da
un momento all’altro o qualcosa che potesse materializzarsi improvvisamente, in
realtà sapeva benissimo che per quella sera niente di tutto ciò si sarebbe
verificato, e a dire il vero di stranezze quella giornata gliene aveva
riservate già abbastanza.
Il
mattino aveva aperto con il suo accenno di freddo e aveva ricordato a tutti che
in fondo era proprio tempo di proclamare la venuta dell’inverno, quasi
contemporaneamente il risveglio aveva interrotto quel suo strano viaggio a
ritroso durante il quale aveva varcato la porta di un bar e li aveva cominciato
a raccontare al viso conosciuto e sorridente di quell’antico amore dei suoi
dubbi e delle preoccupazioni che stava vivendo, poi aveva conosciuto quello che
fino a quel momento era solo un nome, e si erano abbracciati, affettuosamente
come due vecchi amici che si rivedono dopo molte traversie, ma quelle immagini
in qualche modo rassicuranti si erano interrotte nella luce del giorno che
amplificava il silenzio.
- Ecco, oggi farò…. –
E
cominciò a sciorinare nella mente una lunghissima lista di cose che per metà
avrebbe già dimenticato dopo l’ultimo stiracchiamento e per l’altra metà
avrebbe rinviato a data da destinarsi per lasciarsi andare all’ozio del
festivo.
- Devo scrivergli, erano anni che non lo
sognavo, voglio proprio scrivergli, o forse meglio no, magari chissà che pensa,
però vorrei farlo –
E
mentre ripensava alla sensazione di pace che improvvisamente si era diffusa in
quello che fino a quel momento era stato un incubo si ritrovò con le dita sulla
tastiera e in qualche istante il messaggio era bello e partito.
Era
stato inutile cercare di fermare i pensieri, in pochi era un’invasione di
ricordi, di istanti, di immagini che ripercorrevano gli ultimi anni della sua
nuova e così antica vita.
Il
Babbo Natale stava ancora li penzoloni, con il suo sacco smorto e floscio, il
telefono risuonò di un messaggio e il suono portò un cauto sorriso, lesse
mentre le dita sfioravano un foglio A4 zeppo di valori di analisi, un sorriso e
qualche istante di distrazione, rispose dosando ogni parola per non perdersi
quegli istanti di calore, poi accese la musica e corse a cercare la canzone che
da giorni risuonava nelle orecchie, improvvisamente ascoltò una delle frasi e
si convinse che forse per quello le era rimasta in mente “ … it’s just a spark
but it’s enough …” e nel suo accontentarsi sentì la necessità di socchiudere
gli occhi che, forse, bruciavano
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