E' possibile vivere ancora in apnea?



di Vincenzo Jacovino

Alcune immagini sono, spesso, collegate a un rapporto confidenziale con le situazioni o condizioni del momento. Sentir, oggi, parlare ancora di mattarellum, porcellumo di italicum , rapido come un fulmine, la domanda del manzoniano Renzo Tramaglino: Si piglia gioco di me? Che vuole ch'io faccia del suo ?”. In effetti, che il tempo non si sia mai mosso o, meglio, lo scorrere c'ĆØ stato, sƬ e anche velocemente, ma a restare immobili statiche siano le cose e la forma mentis delle singole persone, nonostante l'alternarsi delle generazioni.
            Ieri l'altro il mattarellum, ieri il porcellume, oggi, con l'italicum sembra che i nostri politici abbiano fatto propria la piccata risposta di Don Abbondio: Dunque, se non sapete le cose, abbiate pazienza, e rimettetevi a chi le sa”. Costoro, a distanza di alcuni secoli, hanno certamente eletto a proprio modello un precipuo labirinto nel quale si vuole ad ogni costo che il singolo elettore entri per non uscirne piĆ¹. E se il Don Abbondio parlava di Error, conditio, votum, cogna-tio, crimen, Cultus disparitaset eccetera, i nostri politici parlano, oggidƬ, un linguaggio, il politichese, esasperato che ĆØ piĆ¹ oscuro ed enigmatico del latinorum. Ed ĆØ normale che nel cittadino si sia, nel tempo, radicata la convinzione della politica quale strumento di inganno.
          Mandano e continuano a mandare in tutti gli angoli del bel Paese i banditori ad annunciare riforme, riforme e, ancora, riforme mentre la crisi economica, in barba alle annunciate riforme, continua non a graffiare ma a ferire dolorosamente ed, a volte, anche mortalmente il popolo non certo, perĆ², quel 2% che continua ad arricchirsi. Peccato. In questi ultimi anni a tutto si ĆØ pensato fuorchĆ© al lavoro, ci sono emergenze, come la disoccupazione che ha colpito, ormai, tutte le fasce incanalandole verso il precariato dalla navigazione quasi sempre agitata e spesso e in piĆ¹ occasioni saltuaria. Non c'ĆØ, nel precariato, alcun tipo di ancoraggio costituito, normalmente, da un lavoro reale, concreto
          E' un quadro instabile ma, sopratutto, triste di una tristizia  immensa, intensa fino al punto di diventare dolorosa, dalla cui lettura si capisce chiaramente che non c'ĆØ piĆ¹ il bene comune a obiettivo principale. Si rilanciano riforme che nessuno ritiene risolutive perchĆ© non danno alcuna sterzata al quadro socio-economico  del paese lasciando, invece, che si impoverisca giorno dopo giorno. Il lavoro dĆ  dignitĆ   senza di esso oltre alla privazione della dignitĆ  subentra l'invisibilitĆ  e un popolo invisibile, escluso dalla societĆ , non necessita di riforme perchĆ© non ci sono riforme tali che possano lenire le ferite prodotte dalla crisi o di quelle che continuerĆ  purtroppo a produrre.
          Si continua ad insistere su riforme, come l'italicum e la riforma del senato, invece di tornare alla dimensione collettiva, al senso di collettivitĆ  e, quindi, di sistema sociale.

          Ma per quanto tempo ancora si dovrĆ  vivere in apnea? Il popolo, non solo l'invisibile, senz'altro non ha piĆ¹ aria sufficiente nei polmoni per la indispensabile sopravvivenza. PerĆ² la politica tutto ignora e a tutto ĆØ indifferente ma non all'interesse personale.

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