Alcune
immagini sono, spesso, collegate a un rapporto confidenziale con le situazioni
o condizioni del momento. Sentir, oggi, parlare ancora di mattarellum, porcellumo
di italicum , rapido come un fulmine, la domanda del manzoniano Renzo Tramaglino: “Si piglia gioco di me? Che vuole ch'io faccia del suo ?”. In effetti, che il tempo non si sia mai mosso o, meglio, lo scorrere c'è
stato, sì e anche velocemente, ma a restare immobili statiche siano le cose e
la forma mentis delle singole persone, nonostante l'alternarsi delle
generazioni.
Ieri
l'altro il mattarellum, ieri il porcellume, oggi, con l'italicum
sembra che i nostri politici abbiano fatto propria la piccata risposta di Don
Abbondio: “Dunque, se non sapete le cose, abbiate pazienza, e
rimettetevi a chi le sa”. Costoro, a distanza di alcuni secoli,
hanno certamente eletto a proprio modello un precipuo labirinto nel quale si
vuole ad ogni costo che il singolo elettore entri per non uscirne più. E se il
Don Abbondio parlava di “Error, conditio, votum, cogna-tio, crimen,
Cultus disparitas”et eccetera, i nostri politici parlano, oggidì, un
linguaggio, il politichese, esasperato che è più oscuro ed enigmatico del
latinorum. Ed è normale che nel cittadino si sia, nel tempo, radicata la
convinzione della politica quale strumento di inganno.
Mandano e continuano a mandare in
tutti gli angoli del bel Paese i banditori ad annunciare riforme, riforme e,
ancora, riforme mentre la crisi economica, in barba alle annunciate riforme,
continua non a graffiare ma a ferire dolorosamente ed, a volte, anche
mortalmente il popolo non certo, però, quel 2% che continua ad arricchirsi.
Peccato. In questi ultimi anni a tutto si è pensato fuorché al lavoro, ci sono
emergenze, come la disoccupazione che ha colpito, ormai, tutte le fasce
incanalandole verso il precariato dalla navigazione quasi sempre agitata e spesso e in
più occasioni saltuaria. Non c'è, nel precariato, alcun tipo di ancoraggio
costituito, normalmente, da un lavoro reale, concreto
E' un quadro instabile ma, sopratutto,
triste di una tristizia immensa, intensa
fino al punto di diventare dolorosa, dalla cui lettura si capisce chiaramente
che non c'è più il bene comune a obiettivo principale. Si rilanciano riforme
che nessuno ritiene risolutive perché non danno alcuna sterzata al quadro
socio-economico del paese lasciando,
invece, che si impoverisca giorno dopo giorno. Il lavoro dà dignità senza di esso oltre alla privazione della
dignità subentra l'invisibilità e un popolo invisibile, escluso dalla società,
non necessita di riforme perché non ci sono riforme tali che possano lenire le
ferite prodotte dalla crisi o di quelle che continuerà purtroppo a produrre.
Si continua ad insistere su riforme,
come l'italicum e la riforma del senato, invece di
tornare alla dimensione collettiva, al senso di collettività e, quindi,
di sistema sociale.
Ma per quanto tempo ancora si dovrà
vivere in apnea? Il popolo, non solo l'invisibile, senz'altro non ha più aria
sufficiente nei polmoni per la indispensabile sopravvivenza. Però la politica
tutto ignora e a tutto è indifferente ma non all'interesse personale.
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