La freccia del tempo


Giuseppe Gavazza


La freccia del tempo



Italo Calvino ha scritto qualcosa che, citando a memoria, Ć© cosƬ : « Scrivere un romanzo Ć© costruire, frase per frase, il lettore della frase successiva » (mi scuso per le inesattezze: se qualcuno conosce la citazione originale mi faccia sapere e, ringraziando, correggerĆ²). La narrativa si svolge nel tempo (forse in due tempi: il tempo della storia narrata e il tempo della lettura) cosI come nel tempo si svolgono la musica, il cinema ed il teatro ed anche per la musica, per il cinema e per il teatro vale l'affermazione di Calvino. Come per il lettore di Calvino comporre un brano di musica, un film o una recita teatrale ĆØ costruire l'ascoltatore/spettatore per il passo successivo.
Quelli di letteratura, musica, cinema e teatro sono tempi diversi ed Ć© interessante riflettere su di essi in relazione al “senso” che piĆ¹ di tutti, probabilmente, ha a che fare con il tempo: la memoria (non so se la memoria sia un senso, ma mi pare sensato definirla tale).

Il tempo (i tempi) della narrativa Ć© un tempo aperto e irregolare: sia nella narrazione che nella lettura possiamo interrompere e riprendere ore o giorni dopo, tornare indietro, rileggere, saltare avanti, leggere lentamente o velocemente.
Il tempo del cinema e del teatro Ć© meno aperto e irregolare: in genere guardiamo un film o una recita dall'inizio alla fine in un'unica soluzione. Ma Ć© vero che sempre piĆ¹, date le possibilitĆ  tecniche di vedere film (inclusi i video di rappresentazioni teatrali) in dvd o su computer, cogliamo l'opportunitĆ  di vedere un film seguendo una timeline personale, aperta e irregolare come quella della lettura. Del resto i serials televisivi o cinematografici si presentano come capitoli di una narrazione talvolta dilatata in giorni, settimane o anche anni (la saga di Guerre stellari).

La musica pare avere una narrativitĆ  piĆ¹ rigorosa o forse piĆ¹ fragile: non Ć© consueto ascoltare un brano (anche se si tratta di un'opera di Wagner che dura ore e si appoggia su una narrazione, di fatto, letteraria) oggi per poi continuare ore o giorni dopo, anche quando ascoltiamo musica riprodotta (e non ci aiuterebbe il riassunto delle puntate precedenti). Nella musica si deve andare a tempo: per contro nella musica, piĆ¹ che nella letteratura o nel cinema, ci sono ripetizioni e ritorni (ritornelli).

La memoria di una storia narrata pare essere piĆ¹ duratura di quella dei suoni: possiamo interrompere una storia per giorni, poi riprendiamo al segno e ritroviamo i personaggi, i luoghi, le situazioni come e dove erano. La nostra memoria li ha conservati bene e possiamo agganciare il ricordo del passato alla percezione del presente senza fratture brusche. Nella musica pare invece che i personaggi, i luoghi, le situazioni sonore siano piĆ¹ volatili: spezzare una narrazione sonora ci induce spesso a riprendere da capo per riprendere il filo, il ritmo della narrazione. I suoni ricordati non si sono conservati cosƬ bene, non sono presenti e per riprendere il filo del discorso dobbiamo indietreggiare (spesso riprendere dall'inizio) per riprendere il passo e proseguire, possibilmente fino alla cadenza finale.

Forse costruire narrazioni nel tempo Ʃ un modo per contrastare la freccia del tempo andando al contrario, cioƩ andando avanti.
Credo che la rappresentazione piĆ¹ consueta che si fa (che ci facciamo) della nostra vita Ć© quella di un camminare avanti guardando al futuro. ƈ un errore: la realtĆ  Ć© che camminiamo indietro guardando il passato.
Il futuro Ć© invisibile e sconosciuto, il presente ci scorre sfuggente come visione periferica (sensibile al movimento ma inefficace nel mettere a fuoco con nitidezza); il nostro sguardo puĆ² solo puntare ad un passato che si allontana diventando, prospetticamente, sempre piĆ¹ invisibile.
E noi inesorabilmente camminiamo indietro e non possiamo vedere l'inciampo, l'abisso o il muro che stiamo per raggiungere e probabilmente non lo vedremo mai.


Grenoble, 22 settembre 2015

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