Felix Luis Viera e la poesia d'amore cubana

di Gordiano Lupi

Dagmar
di Felix LuĆ­s Viera

Era el ombligo un agujero cerrado
como un disparo de alfiler
en el centro de un campo ardiendo, raso.
Era un campo de trigo ardiendo
donde se juntan esos dos muslos fuertes
de andar y segar el trigo.
Era “el amor un viaje demasiado rĆ”pido
que resulta una sola vez y las demƔs
son ilusiones, o peor: equivocaciones que parecen
ilusiones”.
Era ese “viaje demasiado rĆ”pido que resulta una sola vez”
un viajero que inexorablemente tenĆ­a que partir.
Era el AdiĆ³s el polvo de una lĆ”grima, la sonrisa
partiendo en cuatro al valle, allĆ­,
al pasar
esa colina, por ese
camino entre abedules.
Era ya en soledad la lƔgrima en el polvo.
Era la primera, la Ćŗltima, todas las veces, todas. Todas.
Todas.

Mayo de 1983

Dagmar
Traduzione di Gordiano Lupi
L’ombelico era una fessura chiusa,
come uno scatto di spillo
nel centro d’un campo ardente, raso.
Era un campo di grano ardente
dove si congiungono due cosce forti
capaci di mietere il grano.
Era “l’amore un viaggio troppo rapido
che torna una sola volta e le altre
sono illusioni, o peggio: errori che sembrano
illusioni”.
Quel “viaggio troppo rapido che torna una sola volta” era
un viaggiatore che inesorabilmente doveva partire.
L’Addio era la polvere d’una lacrima, il sorriso
che spezza in quattro la valle, lĆ ,
oltrepassando
la collina, per un
cammino tra betulle.
Era giĆ  solitaria la lacrima nella polvere.
Era la prima, l’ultima, tutte le volte, tutte. Tutte.
Tutte.


Maggio 1983

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