di Gian Piero Rizzo
Non so perchè, ma ogni volta che c'è un grande tema dibattuto un po' da tutti
in questo Paese, mi viene in mente “La terra dei cachi”. Anzi, lo so. Lì dentro
c'è descritta, in maniera molto schietta, il nostro modo di essere.
Assolutamente apprezzabile la dinamica della discussione. C'è sempre un tecnico che spiega perchè si o perché no. I vari schieramenti politici che, in base alle proprie esigenze elettorali, tirano fuori dal cilindro battaglie vecchie o nuove. Commentatori occasionali, presi in prestito dal campionato di Serie A vinto in anticipo dalla solita Juventus. Associazioni varie e chi più ne ha più ne metta. Ritengo sia comunque giusto che l'attenzione sia sempre alta.
La faccenda si complica sulle conclusioni di tutto questo polverone.
Il “Caso Trivelle”, ovviamente, non esce da questi schemi. Il 18 aprile ci sarà chi avrà vinto e chi avrà perso. Poi tutti al bar a festeggiare o a lamentarsi, ma “quel qualcosa”, alla fine, non è comunque cambiato. Quando si tratta di consultazioni popolari, i nostri governi sono sempre restii a sponsorizzarli. Soprattutto quando in ballo ci sono le loro palle. Non sia mai che un Paese come il nostro diventi il faro, il bengala sparato nel cielo, per imporre una nuova visione del mondo. Perché questo referendum è di un'importanza cruciale, non solo per fermare questo sfrenato e inutile deturpamento della natura, cambiare la rotta ad un convoglio che, ciecamente, si dirige verso la fine di un binario morto, ma perchè significherebbe stravolgere la direzione di un Paese che, comunque la si pensi, ha un certo peso nel sistema internazionale. Sarebbe troppo per i nostri governanti spiegare nei vari congressi che se non iniziamo ora, proprio oggi, a pensare di avviare un processo di vero e proprio ammodernamento della nostra cultura energetica, i nostri figli si troveranno in un mare di fanghiglia. Ma ancora più complicato sarebbe per loro, spiegare che Noi, comunque la si pensi, lo faremo. Che nonostante statistiche contrarie, problemi di costi, minacce degli “Imperatori Italiani” del petrolio, abbiamo deciso di salvarci. E anche di invitare gli altri a farlo. In primo luogo perchè è giusto e poi perchè abbiamo deciso che questo mondo debba essere più pulito possibile in ogni suo angolo.
Mi sembra inutile commentare lo squallore politico della scelta di non accorpare questa votazione alle amministrative, per sperare nell'astensionismo. Inutile parlare della nostra informazione che non informa. Utilissimo invece, anche se la mia riflessione appare scoraggiante e rassegnata, credere che possiamo farcela. VOTARE SI per far capire che Noi, a differenza loro, la figura dei perdenti non vogliamo proprio farla.
Assolutamente apprezzabile la dinamica della discussione. C'è sempre un tecnico che spiega perchè si o perché no. I vari schieramenti politici che, in base alle proprie esigenze elettorali, tirano fuori dal cilindro battaglie vecchie o nuove. Commentatori occasionali, presi in prestito dal campionato di Serie A vinto in anticipo dalla solita Juventus. Associazioni varie e chi più ne ha più ne metta. Ritengo sia comunque giusto che l'attenzione sia sempre alta.
La faccenda si complica sulle conclusioni di tutto questo polverone.
Il “Caso Trivelle”, ovviamente, non esce da questi schemi. Il 18 aprile ci sarà chi avrà vinto e chi avrà perso. Poi tutti al bar a festeggiare o a lamentarsi, ma “quel qualcosa”, alla fine, non è comunque cambiato. Quando si tratta di consultazioni popolari, i nostri governi sono sempre restii a sponsorizzarli. Soprattutto quando in ballo ci sono le loro palle. Non sia mai che un Paese come il nostro diventi il faro, il bengala sparato nel cielo, per imporre una nuova visione del mondo. Perché questo referendum è di un'importanza cruciale, non solo per fermare questo sfrenato e inutile deturpamento della natura, cambiare la rotta ad un convoglio che, ciecamente, si dirige verso la fine di un binario morto, ma perchè significherebbe stravolgere la direzione di un Paese che, comunque la si pensi, ha un certo peso nel sistema internazionale. Sarebbe troppo per i nostri governanti spiegare nei vari congressi che se non iniziamo ora, proprio oggi, a pensare di avviare un processo di vero e proprio ammodernamento della nostra cultura energetica, i nostri figli si troveranno in un mare di fanghiglia. Ma ancora più complicato sarebbe per loro, spiegare che Noi, comunque la si pensi, lo faremo. Che nonostante statistiche contrarie, problemi di costi, minacce degli “Imperatori Italiani” del petrolio, abbiamo deciso di salvarci. E anche di invitare gli altri a farlo. In primo luogo perchè è giusto e poi perchè abbiamo deciso che questo mondo debba essere più pulito possibile in ogni suo angolo.
Mi sembra inutile commentare lo squallore politico della scelta di non accorpare questa votazione alle amministrative, per sperare nell'astensionismo. Inutile parlare della nostra informazione che non informa. Utilissimo invece, anche se la mia riflessione appare scoraggiante e rassegnata, credere che possiamo farcela. VOTARE SI per far capire che Noi, a differenza loro, la figura dei perdenti non vogliamo proprio farla.
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