Ricordo di Enzo Falcone - l'inquieto e poliedrico artista tutto tondo


di Vincenzo Jacovino

Enzo Falcone è stato l'emblematica icona dell'identità culturale jonica e tale rimarrà ora che ha concluso il suo cinetico e inquieto cammino di artista e di uomo.  Il suo sguardo sulla società jonica e italiana era incisivo e, spesso, spietato  ma mai neutro tanto da aprire sempre discussioni e dibattiti che spingevano alla riflessione. La sua è stata un'esistenza vissuta e condotta sul filo di una rinnovata e impegnata scapigliatura artistica e comportamentale avendo, tuttavia, sempre per compagno la levitas dell'ironia insieme al perenne ricordo di quel-

                                   l'infanzia dalle lunghe calze nere
                                   logorate ai ginocchi sugli spigoli,

di quel-

                                   l'infanzia che (gli) ha dato
                                   questo caro sgomento ( …) d'esistere.  (G.  Giudici).

        E' possibile scoprire ben altre peculiarità guardando e riguardando le sue opere e i suoi innumerevoli disegni ricchi di forza espressiva sì ma, soprattutto, di un sottilissimo sarcasmo. Emerge dalle sue realizzazioni pittoriche, grafiche e scenografiche, nonché registiche (perché, Enzo, è stato attore, regista ed anche corista)  l'esaltante stato d'inquietudine in cui ciascuna è stata realizzata ma, innanzi tutto, è evidente la vis polemica per contenuti e cromatismi.
          Il primo incontro fu, per la verità, non felice tant'è che per molto tempo cercai di evitarlo per impedire che ci fosse un mio coinvolgimento critico. Il coinvolgimento, in effetti,  fu soltanto rimandato e spostato nel tempo. Andando per gallerie e vernissage e partecipando a dibattiti culturali, era difficile non incontrare Falcone e, quindi, riunirsi in gruppo con altri presenti e farsi trascinare dalle suggestioni del dibattito artistico e culturale. Non fu, pertanto, più possibile procrastinare alle calende greche  l’incontro fatale. E una domenica mattina di un’incipiente e timida primavera, m’introdussi con titubanza in un corridoio dal soffitto basso e fiocamente illuminato con il preciso intento di giocare, con me stesso, una tenace e, spesso, vincente scommessa circa il tentativo di evitare ogni approccio al coinvolgimento.
            Entrando nel suo atelier si era accolti, oltre dalla fioca luce, dalla musica: Mozart con i suoi ottoni o fughe oppure quella operistica ed Enzo nella stanzetta, al termine del corridoio, davanti al cavalletto che lavorava. Ti accoglieva, a volte, col silenzio che si prolungava nel tempo, erano

                                   silenzi sempre innovati
                                   e pur sempre in fedeltà protrusi
                                   entro innumerevoli estrazione di tempo.
                                   Silenzi sottratti
                                   ad ogni speculazione,  ….                              (A. Zanzotto).

in altre occasioni, l'accoglienza era un profluvio di musica:

                                    un minuetto di sensazioni
                                    sfiorar di un'ala che si alza,
                                   e tu non sai, non t'opponi
                                    al tempo che t'incalza                        (E. Montale)

ed anche parole e immagini che emergevano dai disegni. Questi ultimi tentavano di sfuggire dalle cartelle o  dalla prigionia di un giornale o, ancora, si aveva la sensazione che chiedessero d'essere salvati dal soffocamento di una tela. A completare  e rendere ancor più suggestiva l'immagine del suo habitat, c'era lui: col basco portato alla Nenni e l'immancabile sigaretta all'angolo della bocca, maglione alla dolce vita o, in alternativa, foulard al collo, l'orecchio intento ad ascoltar musica ed il pennello tra le dita che abbozzava volute cromatiche su una tela già sbozzata o in fase di ultimazione.
            In tutto il suo operare c'era tanto impegno e leggerezza insieme.
            Una specifica qualità riconoscibile, in Enzo, era la capacità di spaziare dalla pittura alla grafica, dalla scultura alla scenografia fino alla regia teatrale e all'attività di attore e corista in opere liriche. Conosceva bene le varie muse delle arti e le ha, sapientemente, assecondate  esaltando sia

                                   tutti i colori della primavera
                                   tutti i morenti ribelli
                                   e il loro muto calore

che i colori della nuda solitudine. Non mancava di gettare, tuttavia,

                                   …..........savie ombre
                                   alle ortiche del grande ridere.              (P. Eluard)


E lo ha fatto con il senso di responsabilità di chi sa che dalla Cultura passa un pezzo importante della vita di una società. Lo ha fatto con una costante dedizione quotidiana.

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