di Gordiano Lupi
Fabio Izzo lo conosco da quando ha cominciato a pubblicare
racconti, per il semplice motivo che il suo primo editore sono stato io, prima
sul Foglio Letterario rivista e subito dopo nella collana narrativa.
Ricordo ancora l'editing sul suo primo libro, Eco a perdere, roba del
2003 se non vado errato, ma ancora in catalogo, passando per Balla Juary,
Doppio umano, Il nucleo... Fino a To jest e
l'esperienza esaltante della partecipazione al Premio Strega 2014. Può darsi
che non sia obiettivo quando leggo Fabio Izzo, ma lo considero un grande
letterato, uno scrittore che se ci fosse una giustizia ed esistessero
ancora i talent scout non pubblicherebbe con Il Foglio Letterario e con Terre
d'ulivi, ma con Mondadori. Izzo proviene dalla terra di Pavese, tra il
Monferrato e le Langhe, un luogo difficile da abbandonare, e nel suo ultimo
romanzo racconta il senso di appartenenza alla provincia, si sofferma
sulla vita che passa e dispensa sconfitte, sottolinea il distacco da
un mondo vuoto e superficiale dove non resta il tempo per fermarsi a
pensare. Izzo scrive un romanzo che vede protagonista un autore di fumetti
a disagio con la vita, in cerca d'amore e di certezze, ma soprattutto a
caccia di un'etera musa ispiratrice e della giusta dimensione per narrare
storie. Hildebrando Aristolakis è il nome d'arte del nostro cavaliere destinato
a non fare l'impresa, che lotta contro i mulini a vento di una società che
vorrebbe cambiare ma è perfettamente consapevole che non riuscirà mai
a farlo. Il romanzo racconta il distacco tra uomo e superuomo, più
semplicemente tra la dimensione esteriore e la rappresentazione più intima del
nostro essere. Tema portante l'impossibilità di concretizzare i propri
sogni, di trasformarli in realtà , ma anche il riuscire a vivere nonostante
tutto, accontentandosi della propria dimensione provinciale, ai margini della
vita che pulsa, lontano dalle metropoli. Non è una scrittura facile quella
di Izzo, intrisa di rimandi letterari, anche ad autori poco noti al grande
pubblico, ma importanti nella formazione dello scrittore. Izzo contamina
cultura alta e cultura bassa, letteratura e fumetto, parla di calcio e ricordi,
di provincia e metropoli, di Pavese e attaccamento alle proprie radici. Termino
la lettura di questo breve ma intenso romanzo e mi pongo una domanda: perché
non l'abbiamo pubblicato noi? Non sarebbe cambiato niente, chiaro, ma mi prende
una strana tristezza quando leggo un romanzo che rappresenta un'occasione perduta, che profuma di rimpianto. I cavalieri che non fecero
l'impresa è un impercettibile tassello di narrativa utile in un mondo
letterario pervaso dal niente pubblicizzato con grande strombazzamento
mediatico. Se riuscite a trovarlo, leggetelo. Per parafrasare un dialogo tra i
personaggi del romanzo, non vi cambierà la vita ma ve la renderà migliore.
I cavalieri che non fecero l'impresa
Terra d'ulivi Edizioni - Euro 13 - Pag. 135
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