Heavy Rider


Giuseppe Gavazza

Sconfino ancora una volta dalle tematiche musicali, sonore e artistiche per riproporre un breve testo che avevo pubblicato come nota sulla mia pagina Facebook il 23 gennaio 2016 e che mi sembre, purtroppo, tornato d'attualità in questi giorni.


Barack Obama aveva otto anni nel 1969 quando Easy Rider usci sugli schermi. 
Il sogno americano degli anni ’60 forse sognava un Presidente nero: qual sogno - se ci é stato, come credo - si é realizzato 50 anni dopo.
Non conosco una rappresentazione più dura e spietata di un sogno infranto di quella immaginata e rappresentata in Easy Rider nel suo finale in crescendo (o in decrescendo): un sogno autentico, giovane, fragile, immaginario e bellissimo (la fantasia libera le sue potenzialità) distrutto da un’ottusità gretta, vecchia, bruta, meschina e brutta che di più non é possibile immaginare: la realtà libera le sue potenzialità:

« Tous ceux qui manquent d'imagination se réfugient dans la réalité. »

Jean-Luc Godard: Adieu au langage, 2014

Da quanto vedo in questi giorni di ciò che riguarda Donald Trump, mi ricordo e temo quel finale. Il sogno nel film era leggero e facile: il sogno della realtà del Presidente nero é stato più pesante e deludente (« La politica é sangue e merda » disse, pare, Rino Formica). 
Ma la realtà di Trump Presidente sarebbe una tragica fine di un sogno; molto più devastante del finale - peraltro memorabilmente indigeribile o indimenticabile - di un film.
Speriamo che proprio quelli che Trump detesta, disprezza e promette di segregare, vadano a votare: basterebbe a non far finire male il film della realtà, l’unico possibile. 

 


Grenoble, 14 novembre 2016

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