Gordiano Lupi
Titolo: Fuoco e fumo. Origine: Italia. Anno:
2017. Durata: 86’. Genere: Noir. Produzione: Indiemovie con la collaborazione
dell’ I.T.E. Toniolo di Manfredonia. Regia: Stefano Simone. Interpreti:
Gianmarco Carbone, Désirée Manzella, Michele Renzullo, Antonio Rignanese, Marco
Trotta, Luca Nobile, Melissa Salvemini, Enzo Misuriello, Luca Ferrandino,
Giorgia Croce, Luca Ciuffreda, Matteo Perillo, Filippo Totaro, Siponta De Leo,
Ciro Salvemini, Pellegrino Iannelli. Soggetto e Sceneggiatura: Matteo Simone.
Consulenza alla sceneggiatura: Simone Giusti e Gordiano Lupi. Musiche: Luca
Auriemma. Effetti speciali: Mariangela Spagnuolo. Fonico: Daniel Leporace.
Aiuto regista: Marco Caputo.
Stefano Simone si
confronta con il bullismo giovanile, tema impegnativo e di grande attualità , ma
a rischio retorica per un film e difficile da ingabbiare nelle maglie di una
storia che risente del suo limite di produzione scolastica. Il titolo del film è estrapolato da un aforisma di
Disraeli: il coraggio è fuoco e il
bullismo è fumo, senza dimenticare che è
il fuoco che ci riscalda e non il suo fumo (T. Merton). L’ambientazione è
pugliese, a Manfredonia, tra scuola, centro storico, lungomare e periferia
degradata, ripresa con stile pasoliniano. Gli interpreti sono quasi tutti
dilettanti, in gran parte studenti dell’Istituto Tecnico Toniolo, ma se la
cavano bene, vista la giovane età e l’assoluta mancanza di esperienza. Alcuni
ruoli adulti spiccano per una maggiore professionalità , soprattutto Filippo
Totaro, nella fiction docente di
matematica, che ricordiamo brillante coprotagonista de Gli scacchi della vita. La sceneggiatura racconta un anno
scolastico difficile, inaugurato da un discorso del preside e da una successivo
preambolo del professore (entrambi troppo lunghi e didascalici nell’economia
del film), per poi entrare nel vivo della storia. In breve la trama, senza
raccontare troppi dettagli per non rovinare il piacere della visione. Un gruppo
di bulli tormenta un ragazzino omosessuale e una coppia etero, tra loro molto
amici, fino al prevedibile evento drammatico che fa scoppiare il caso
giudiziario in ambiente scolastico. Il protagonista della storia trova il
coraggio di ribellarsi ai bulli in una sequenza che anticipa un ottimo finale,
non certo rassicurante ma realistico, con nuovi bulli all’orizzonte e altri
pericoli dai quali difendersi. La lotta è ancora lunga…
Stefano Simone
stigmatizza la violenza e il bullismo all’interno della società contemporanea,
impostando un condivisibile discorso sociale, che comprende l’accettazione
della diversità e la lotta per affermare valori basilari per un corretto vivere
civile. Certo, sarebbe stata una scelta migliore far scaturire le
considerazioni dagli eventi, dai fatti, dalle azioni. Il film, invece, opta per
un racconto piano e lineare, a base di dialoghi tra ragazzi, spesso non
realistici, lontani mille miglia dal vero gergo giovanile. La sceneggiatura è
prevedibile, ma alcuni colpi di scena riescono a ravvivarla, così come le parti
di pura azione rappresentano i momenti migliori del film: inseguimenti,
pestaggi e scorribande notturne dei bulli che sfasciano negozi, tormentano
prostitute e rubano in chiesa. Ottima la fotografia notturna, dal verde al
giallo ocra che tanto ricorda il noir di Sollima, per passare al tono di fondo
luminoso e gelido che immortala un cielo plumbeo e un mare poco rassicurante.
Bene le riprese in soggettiva, convulse e dinamiche, realizzate con la macchina
a mano, rese ancora più potenti da un montaggio rapido e sincopato. Il regista
avrebbe dovuto puntare di più sulle parti di pura azione, per le quali pare
molto dotato, sulle sequenze da noir metropolitano, riducendo al minimo i
dialoghi tra adolescenti e gli interventi narrativi degli adulti, che stonano
nel contesto giovanile. Musica sintetica in perfetta sintonia con le sequenze
più dure e riuscite, che riesce a drammatizzare bene gli eventi narrati,
rendendoli più intensi e angosciosi. Interessante l’uso del flashback e dei ricordi onirici,
soprattutto per costruire il personaggio del ragazzino omosessuale e per
giustificare il suicidio dopo una terribile sequenza di pestaggio resa con
crudo realismo. Simone cita il cinema western con la sfida finale tra il
protagonista e i bulli, sotto il sole di una periferia degradata, realizzando
un mix ben strutturato che ricorda analoghe rese dei conti che abbiamo
apprezzato nel cinema nero di Fernando di Leo.
Fuoco
e fumo è cinema realistico, a metà strada tra il noir
metropolitano e il romanzo di formazione. Difficile paragonarlo ai lavori
precedenti di Stefano Simone, perché rispetto a Gli scacchi della vita
- puro cinema fantastico - siamo su un piano narrativo del tutto diverso. Si
apprezza lo stile del regista, nota positiva che delinea una certa continuitÃ
narrativa e una crescita da un punto di vista tecnico, ma si nota pure la
mancanza di una solida sceneggiatura che avrebbe dato più forza alla pellicola.
Un lavoro apprezzabile, interessante a livello sociale, un passo in avanti per
il regista che si confronta con una complessa direzione degli attori e riesce a
far recitare in maniera sufficiente un gruppo di giovani interpreti privi di
esperienza. Restiamo in attesa di vedere Stefano Simone all’opera con un vero
noir metropolitano, scritto senza fronzoli e dialoghi, cucito su misura per
mettere in evidenza le sue doti narrative.
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