BOLTANSKI: LA MORTE, LA MEMORIA, IL TEMPO


Oramai attendo ogni reportage di Sauro Sassi con grande interesse e curiosità, sempre piu' appassionata a questo tipo di arte che non conoscevo e che ora con le belle mission di Sauro comincio ad apprezzare, a voi accaldati il piacere di leggere e scoprire Boltanski


BOLTANSKI: LA MORTE, LA MEMORIA, IL TEMPO

Christian Boltanski è un grande artista contemporaneo?  Sicuramente è riconosciuto come tale, tra i più importanti di Francia (tanto che rappresentò la sua nazione, alcuni anni fa, alla Biennale Arte; ma anche tra i più autorevoli a livello mondiale. Fa parte di quella ristretta cerchia di grandi saggi (è nato nel 1944) che sono considerati dei classici e dei punti di riferimento. Però Boltanski ha qualcosa che lo differenzia dai suoi colleghi perché, mentre molti altri risultano criptici, complessi negli allestimenti e quindi bisognosi di traduzione e spiegazione da parte dei sacerdoti dell’arte (critici, storici, curatori) in lui non c’è niente da capire. E’ tutto svelato davanti ai nostri occhi, alla nostra sensibilità, la sua poetica ci tocca tutti e tutti ci coinvolge e ci commuove. Perché la sua opera parla di noi, persone comuni che siamo arrivate su questo mondo, che faremo un percorso (più o meno lungo, più o meno bello) e partiremo e resterà per un po’ il nostro ricordo e poi non resterà più nulla. Noi che non saremo mai famosi, ma che sappiamo tante cose, abbiamo tante relazioni, lavoriamo, soffriamo, amiamo; e pensiamo che tutta questa “umanità” andrà perduta. Così l’arte di Boltanski ci coinvolge, e la comprendiamo facilmente. Mai scelta fu più giusta di affidare all’artista francese l’allestimento del Museo per la Memoria di Ustica. Chi l’ha visitato non può dimenticare il relitto dell’aereo con sopra 81 lampadine, quante le vittime, la cui luce lentamente si spegne, e 81 specchi neri dietro i quali altrettanti altoparlanti riportano quelli che potevano essere i pensieri dei passeggeri; e le nove grandi casse che contengono i loro effetti personali, il cui elenco è riportato in un libretto ma che non vengono mostrati. La visita al museo dovrebbe essere una tappa obbligata per tutti i turisti che vengono nella nostra città, oltre che per i tanti bolognesi che non l’hanno visto.
Il Museo è stato allestito dieci anni fa, mentre venti anni fa Boltanski tenne la sua prima grande mostra italiana sempre a Bologna, a Villa delle Rose. Viene ora omaggiato dalla nostra città con un vasto progetto espositivo intitolato “Anime. Di luogo in luogo”, che comprende una grande mostra al Mambo; una installazione performance al Teatro Arena del Sole (già conclusa); una installazione nell’ex polveriera del Giardino Lunetta Gamberini; una installazione diffusa di manifesti nelle aree periferiche della città; un altro progetto di arte pubblica che avrà luogo a settembre al parcheggio Giuriolo.
La mostra al Mambo è allestita al pianterreno. Appena entrati ci si trova in una grande sala buia, illuminata solo da una lampadina al centro; alle pareti tanti specchi neri. Ciò che abita questa prima sala è un rumore forte, irregolare, che non si arresta: si tratta del battito del cuore dell’artista, registrato e amplificato. Il battito del cuore è l’inizio della vita, è il primo rumore che il neonato sente nel ventre della madre. In questa prima sala Boltanski parla di sé ma bisogna pensare che negli anni passati egli ha registrato il battito del cuore di migliaia di persone (anche a Bologna) e che tutte le registrazioni sono state inviate in un luogo del Giappone, che si chiama Teshima. Qui i cuori continueranno a battere anche quando quelli veri non lo faranno più.
L’accesso alla grande navata centrale del museo avviene attraverso una tenda su cui è proiettato il volto dell’artista da giovane che rapidamente invecchia fino all’oggi. Oltre la tenda, ci troviamo nel gigantesco ambiente centrale che è allestito come un percorso, un viaggio scandito da due scritte con lampadine luminose all’inizio e al termine: “Depart”;Arrivée”. Dal soffitto scendono leggeri veli con impresse fotografie di occhi: “Regards”. Sono immagini che l’artista ha raccolto da vecchie foto, giornali, che usa per le sue installazioni: persone che non ha conosciuto e la cui vita, a volte, ha sfiorato la sua. Ci si muove sfiorando questi sguardi e giungendo, al centro della sala, a una montagna dorata realizzata con le coperte isotermiche usate per proteggere gli immigrati soccorsi e anche per coprire i morti. La montagna onora i morti in mare ma anche tutte le vittime innocenti, a partire da quelle del 2 agosto 1980, ma rappresenta anche una speranza di vita: la coperta che protegge, l’oro incontaminato, la luce. L’opera si chiama “Volver” (ritornare).  Il viaggio della vita ha inevitabilmente per arrivo la morte. E poi? Nella sala in fondo alla navata Boltanski ci parla, poeticamente, del dopo, del prima, dell’oltre la vita E’ una installazione con video proiezione: “Animitas”. Con questa parola, in Cile, si indicano luoghi di devozione, dove si ricordano persone morte in modo tragico. Boltanski si è recato nel deserto di Atacama (il luogo migliore, si dice, per vedere le stelle ma anche dove sono state sepolte vittime della dittatura di Pinochet) e ha disposto sul terreno centinaia di campanellini sopra dei fili, riproducendo la mappa stellare del giorno della sua nascita. I campanelli suonano mossi dal vento e, se all’inizio abbiamo sentito il rumore del cuore di un uomo, qui sentiamo il rumore dell’universo, e possiamo sederci e immaginare il dopo come un luogo bianco e quieto, che l’artista pensa approdo del viaggio della vita.
Gli spazi laterali della grande sala, che Boltanski ha immaginato come cappelle, ospitano altri suoi lavori caratteristici, incentrati sul tema delle ombre (piccoli ritagli di carta la cui ombra proiettata assume aspetti paurosi che rimandano ai fantasmi dell’infanzia), all’uso di vecchie fotografie per realizzare Monumenti, Altari, Veroniche: sempre volti anonimi, a volte sorridenti, che comunicano un grande senso di morte, che possono anche rimandare ai fantasmi della Shoah (il padre dell’artista era ebreo). Le foto sono spesso incollate su scatole di latta, vecchi contenitori di biscotti, in cui egli pensava inizialmente di raccogliere tutti i suoi oggetti, e illuminate da vecchie lampadine. Una grande opera si intitola “Il grande muro degli svizzeri morti” e vuole ancora una volta parlare degli uomini qualunque (chi, più degli svizzeri, ha attraversato la storia senza mai esserne protagonista, come disse Orson Welles/Harry Lime nella mitica scena sulla ruota del Prater nel “Terzo uomo”?) Un altro elemento che è entrato a far parte dell’universo espressivo di Boltanski sono gli abiti dismessi. Anch’essi, come le foto, testimoniano un’assenza, un contenitore di vita che ne è stato svuotato. L’artista ne fece oggetto di una impressionante installazione al Grand Palais intitolata “Personne”, che in francese vuol dire persona ma anche nessuno: una gigantesca gru sollevava e faceva cadere a terra una quantità di abiti usati, a formare una montagna che cambiava continuamente e rappresentava una vita governata dal caso e da forze che ci trascendono. Gli abiti appaiono al Mambo e al parco Lunetta Gamberini, dentro l’ex polveriera, edificio fatiscente che era stato usato in passato come rifugio dei senza tetto. Sul pavimento, che si può guardare da una finestra aperta tra le 18 e le 22, abiti dismessi di migranti: così l’attualità entra nel lavoro di tanti artisti oggi e il loro lavoro si interroga e ci interroga sulla svolta storica e forse epocale che stiamo vivendo.
Infine, sparsi nella periferia di Bologna, tanti manifesti con grandi occhi che ci osservano: sono partigiani che sono morti per la libertà, che ci guardano e ci giudicano.
Due frasi su Boltanski da: “Quello che ricordano di lui”:
“Diceva che era come se l’artista proponesse al pubblico uno specchio nel quale chiunque si specchiasse potesse riconoscersi”
“Parlava sempre della morte eppure non era mai triste”

Sauro Sassi



CHRISTIAN BOLTANSKI: ANIME. DI LUOGO IN LUOGO. MOSTRA ANTOLOGICA
MAMBO, MUSEO D’ARTE MODERNA DI BOLOGNA, VIA DON MINZONI 14, FINO AL 12/11. MARTEDI’, MERCOLEDI’, DOMENICA E FESTIVI: 10-18. GIOVEDI, VENERDI, SABATO: 10-19. CHIUSO LUNEDI’. BIGLIETTO INTERO MOSTRA EUR 6. RIDOTTO 4. CON COLLEZIONE PERMANENTE 10. RIDUZIONE CON CARD MUSEI METROPOLITANI BOLOGNA, OVER 65 E UNDER 18

RéSERVE, INSTALLAZIONE. EX POLVERIERA BUNKER PARCO LUNETTA GAMBERINI, VIA PELLIZZA DA VOLPEDO: FINO AL 16/9 GIOVEDI’, VENERDI’, SABATO 18-22. CHIUSO DAL 14 AL 23 AGOSTO. DAL 22/9 AL 12/11 VENERDI’, SABATO, DOMENICA 14-18.

BILLBOARDS: INSTALLAZIONE DIFFUSA DI MANIFESTI IN ZONE PERIFERICHE

TAKE ME (I’M YOURS) PARCHEGGIO GIURIOLO VIA GIURIOLO: SETTEMBRE


MUSEO PER LA MEMORIA DI USTICA, INSTALLAZIONE PERMANENTE: EX DEPOSITO TRAM, VIA DI SALICETO 3/22 DAL 28 GIUGNO AL 17 SETTEMBRE DA MARTEDI A VENERDI DALLE 18 ALLE 21. SABATO E DOMENICA DALLE 10 ALLE 12 E DALLE 18 ALLE 21.  IL 12 E 18 LUGLIO E IL 10 AGOSTO DALLE 20 ALLE 24. ENTRATA LIBERA. 


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