A Reggio Emilia con Sauro Sassi alla scoperta dell'intimo filo tra arte e musica da Kandischi a Cage
KANDINSKY E CAGE A REGGIO EMILIA: PITTURA, MUSICA,
SPIRITUALITA’
Anche in Italia ci sono state (ci sono ancora?)
persone che, disponendo di importanti risorse economiche, hanno deciso di
utilizzarle, in parte, per consentire ai cittadini di fruire dell’arte, della
bellezza: cioè di crescere intellettualmente, spiritualmente e, di conseguenza,
anche civilmente. Tale era Luigi Magnani,
di Reggio Emilia, figlio di
imprenditore agricolo, che manifestò subito grande amore per l’arte e la musica
e divenne un importante scrittore, musicologo e collezionista. La sua
collezione d’arte va dagli antichi maestri (Filippo Lippi, Goya, Durer, Tiziano) ai moderni, (Cézanne,
Monet) fino ai contemporanei, come Giorgio Morandi, di cui era amico e di
cui possedeva una cinquantina di opere; ma anche Burri, De Stael. Magnani,
che morì nel 1984, aveva voluto una
Fondazione che permettesse di aprire alle persone la sua collezione,
destinandone, come sede, la bellissima villa di campagna a Mamiano di Traversetolo, tra Parma
e Reggio Emilia. La sede iniziò a operare, come spazio
espositivo, nel 1990 organizzando mostre
dedicate, in particolare, all’arte e al costume italiani del ‘900: attualmente,
fino al 10 dicembre, racconta la
storia della pubblicità, dai
manifesti, bellissimi, di inizio secolo fino al genio di Armando Testa (ricordate il Punt
e Mes, il Caballero e Carmencita, l’ippopotamo Pippo?). Naturalmente, oltre alle mostre temporanee,
rimane visibile la splendida collezione permanente, il cui manifesto è il
famoso quadro di Goya “La
famiglia dell’infante don Luis”.
Magnani possedeva anche un bel palazzo a Reggio Emilia, sulla via
Garibaldi, già via della Ghiara, dove si trova anche l’omonimo santuario
della Beata Vergine. Parallelamente al progetto della Fondazione, egli cominciò
a trattare con la Provincia per cedere il palazzo, che divenisse sede di mostre
e attività culturali. Così, nel 1987,
il palazzo venne acquisito dalla provincia di Reggio Emilia e, dopo
lavori di restauro della durata di dieci anni (tempi italiani!), iniziò, nel 1997, col nome di Palazzo Magnani, l’attività espositiva. Ha ospitato mostre di
livello buono, a volte ottimo, intrecciandosi anche col Festival della Fotografia Europea di Reggio Emilia. Quindi si trova nel ventennale della sua attività ed
è stato deciso di festeggiarlo rendendo omaggio a Luigi Magnani, grande amante e conoscitore di pittura e musica, con
una mostra che si occupasse di come queste manifestazioni dello spirito abbiano
dialogato e si siano condizionate nel corso del ‘900. Il titolo richiama un
pittore, Kandinsky, che amò
moltissimo la musica, tanto da intitolare un ciclo di suoi lavori (forse il più
importante, che sancì il suo passaggio all’astrazione) “Improvvisazioni”, e un musicista, John Cage, che compose a stretto contatto con artisti (Rauschenberg), coreografi (Merce Cunningham, che fu suo compagno)
e influenzò fortemente tanta arte, musica e pensiero dopo di lui. Kandinsky fu anche teorico e, negli
anni in cui maturava il passaggio all’astrazione (intorno al 1910), a Monaco di Baviera, scrisse il testo “Lo spirituale nell’arte”, in cui affermava che l’arte era
manifestazione dell’interiorità dell’artista e, in quanto tale, non era
richiesta una immediata riconoscibilità dell’opera rispetto al mondo esterno.
L’opera era il risultato di un percorso spirituale e, se pittura, doveva rendersi
simile alla musica, in cui il suono penetra nell’intimo e lo fa vibrare, così
come fanno i colori e la forma che essi assumono nel dipinto. I colori venivano
associati a strumenti musicali e a stati d’animo e quindi “suonati” nel quadro.
Un’idea di arte frutto di tante influenze culturali, da Wagner e la sua concezione di “Opera
d’arte totale”, in cui confluivano e si sintetizzavano tutte le arti, al
misticismo teosofico, alla tradizione iconografica popolare russa. Così, nel
percorso della mostra, si giunge a Kandinsky
incontrando prima i bozzetti degli allestimenti di opere di Wagner, poi i Lubok, stampe popolari russe che venivano colorate a mano con
batuffoli di cotone che lasciavano sulle stesse macchie di colori brillanti e
non naturalistici. Segue un artista immaginifico, Max Klinger, che
illustra la musica che Brahms aveva
composto per un’opera del poeta Holderlin:
quindi arte figurativa che rappresenta musica che rappresenta poesia. Poi due
musicisti e pittori che Kandinsky
conobbe: il lituano Ciurlionis,
potentemente visionario e l’austriaco Arnold
Schonberg, che in pittura mantiene un tono drammaticamente espressionista e
che espose nel gruppo “Der Blaue Reiter”, (“Il cavaliere azzurro”) fondato
da Kandinsky e Franz Marc nel 1911. Schonberg
condivideva, col pittore russo, l’afflato spirituale ma la sua ricerca prese
strade differenti. Anch’egli, però, così come Kandinsky ruppe la tradizione artistica precedente con l’astrazione
pittorica, arrivò a rompere con la tradizione musicale con la dodecafonia. Inoltre, Schonberg rappresenta un collegamento
tra Kandinsky e John Cage, perché, se del primo fu amico, del secondo, seppur per
breve periodo, fu maestro (anche se non ne riconobbe le qualità come musicista
ma come artista di genio). Segue una serie di lavori di Kandinsky che mostrano il passaggio da un’arte ancora legata alla
figurazione al distacco da ogni intenzione di rappresentazione naturalistica
del reale e all’affermarsi della pittura come processo interiore. Sono presenti
anche acquerelli relativi all’allestimento di due opere, “Violet” e “Quadri
da un’esposizione” del connazionale Mussorgski, unico suo progetto teatrale realizzato. Come si sa, la
composizione di Mussorgski,
inizialmente per pianoforte, successivamente orchestrata da Ravel, intendeva descrivere
musicalmente le opere di un artista suo amico. Kandinsky quindi torna a tradurre in disegni per la scena la musica
che aveva descritto quadri, virando però verso una rappresentazione in buona
parte astratta. Incontriamo poi Paul
Klee, anch’egli pittore e musicista, amico di Kandinsky all’epoca del “Blaue Reiter” e poi suo collega al Bauhaus (la scuola di arte e arti
applicate fondata dall’architetto Walter
Gropius nel 1919 e costretta alla chiusura dai nazisti nel 1933). Klee
però non giunse alla totale astrazione, così come non lo fece Marianne Werefkin, unica donna della mostra, che di entrambi fu amica ma che
mantenne la sua pittura su un registro di espressionismo lirico, con colori
forti e una rappresentazione di figure e paesaggio fortemente
antinaturalistica. La vicenda umana della Werefkin
proseguì, all’inizio della prima guerra mondiale, col suo trasferimento
definitivo ad Ascona, in Svizzera, entrando a far parte della
comunità del Monte Verità, dove
artisti, teosofi, esoteristi, rosacrociani, scrittori, psicanalisti, naturisti,
danzatori praticarono modi di vita alternativi, alla ricerca di relazioni
armoniche tra di essi e con la natura. Tra i soggiornanti si ricordano Herman Hesse, Jung e tanti altri che contribuirono al mito di questo luogo come
modello di vita contrapposto al mondo industriale e produttivista.
Appare quindi un personaggio meno noto ma di grande
importanza: Oskar Fischinger,
pioniere del cinema astratto. Lui, grazie alle sue conoscenze tecniche, giunse
a fare qualcosa che probabilmente sarebbe piaciuta moltissimo a Kandinsky: mettere in relazione musica
e immagini astratte in movimento. Fischinger, a causa del nazismo, si
trasferì negli Usa, dove lavorò anche per Walt
Disney in una sequenza astratta del film “Fantasia”, con musica di Bach
(anche se poi disconobbe questo lavoro e accusò Disney di porsi all’opposto dell’arte) Si giunge quindi a un
artista poeta, Fausto Melotti, tra
l’altro zio del grande pianista Maurizio
Pollini, autore di sculture lievi, alle quali egli intendeva applicare le
leggi delle composizioni musicali. Le sue opere appaiono fragili, transeunti
come le note che si inseguono nell’aria. Troviamo poi altri due pittori, Giulio Turcato, tra i primi
rappresentanti dell’arte informale in Italia, che realizzò, col musicista Luciano Berio, un’opera concertata in omaggio a Kandinsky, con brani di suoi scritti e immagini astratte. Nicolas De Stael, di origine russa, la
madre pianista, sentiva forte l’influenza della musica e la trasferì nei suoi
lavori astratti. I suoi quadri traducono i suoi sentimenti, l’instabilità
dell’aver perso le radici, le difficoltà della sua vita pratica, un forte
lirismo che egli cercava di controllare. Non riuscì a trovare una quiete e
concluse la sua esistenza con il suicidio.
Il percorso termina con John Cage, uno dei più importanti e influenti artisti del ‘900.
Cage, nato negli Usa nel 1912 (morto
nel 1992), ha attraversato il
secolo, ha visto e assorbito la lezione di Marcel
Duchamp sugli oggetti che l’artista recuperava dalla quotidianità ed elevava
al rango di opere d’arte. Come Duchamp
utilizzava cose, Cage usava suoni
per le sue composizioni, suoni della strada, della natura che il musicista
inseriva nel suo lavoro, eliminando armonia, melodia per lasciare il posto al
naturale flusso della vita. Le sue
esibizioni creavano sconcerto e reazioni spesso violente verso questo allievo
di Schonberg e della prestigiosa
scuola di Darmstadt. Cage, impregnato di cultura orientale, si
muoveva seraficamente tra lo scherno e gli insulti e invitava a porsi in modo
del tutto innovativo nei confronti della musica e dell’arte, dove chi
frequentava un concerto non doveva limitarsi a un ruolo passivo ma vivere
un’esperienza di coscienza e crescita spirituale. In un certo senso si può dire
che se, con Kandinsky, lo Spirituale
nell’arte era ancora cosa per individui eletti, Cage invitava tutti a rendersi coscienti della propria presenza nel
mondo e a cercare un’armonia con esso. Anche gli “strumenti” musicali dovevano
perdere il proprio ruolo di potere, di mezzo con cui un eletto trasmette l’arte
al popolo. Così Cage affrontò lo
strumento per eccellenza, il pianoforte,
inserendo tra le corde chiodi, carta, pezzi di metallo (cosiddetto pianoforte preparato) e invitando il
musicista a percuoterlo, battere le corde, muovercisi intorno estraendone suoni
non certo dolci e struggenti alla Chopin
ma sgradevoli e “reali”. Oppure, al contrario, realizzando una composizione
intitolata 4’33” in cui il pianista,
in perfetta tenuta da concerto, arrivava, si inchinava al pubblico, si sedeva,
scioglieva le mani e poi rimaneva del tutto immobile per tutto il tempo che
dava il titolo alla composizione. Al termine si alzava, si inchinava nuovamente
e abbandonava la sala. Musica del silenzio? No, perché in quel tempo la gente
tossiva, commentava, giungevano suoni da fuori. Il silenzio non esiste, è una
ricerca. La mostra ospita alcuni lavori su carta di Cage, la documentazione video dell’esecuzione della composizione 4’33”, un esemplare di pianoforte
preparato, la ricostruzione (un po’ approssimativa) di una camera anecoica cioè completamente isolata dal rumore. Cage ne sperimentò una e lì scoprì che
il silenzio non esiste: in assenza di qualsiasi suono esterno ciò che si sente
è il suono del proprio corpo. C’è anche la rievocazione di un episodio curioso
della vita di Cage, il quale aveva
molteplici interessi, tra cui la micologia. Era un grandissimo esperto di funghi
e, in quanto tale, partecipò in Italia alla trasmissione “Lascia o raddoppia”. Vinse la somma, allora enorme, di cinque
milioni, utilissimi per proseguire la sua attività di ricerca musicale, e si
esibì, davanti all’esterrefatto Mike
Bongiorno, in un concerto suonando frullatori, macinini e utensili vari.
Alla fine disse: “Io torno in America ma la mia musica resta” e Bongiorno rispose: “Sarebbe meglio se
la sua musica tornasse in America e restasse lei”. In una
sala è stata poi ricostruita, in piccolo, la platea del Teatro Valli di Reggio Emilia, che ha ospitato tutta la più grande
danza internazionale, e, su schermo gigante, si può assistere a “Ocean”, opera pensata da Cage con la coreografia del suo
compagno Merce Cunningham.
Mostra interessante, a volte gli spazi un po’ piccoli
di certe sale determinano qualche difficoltà di fruizione. Segnalo che
l’allestimento è molto attento e sono state create delle colonne, di fronte a
certe opere, sotto le quali è possibile ascoltare brani musicali che con le opere
stesse hanno delle relazioni. Alcune opere, inoltre, sono anche state
riprodotte in modalità tale da permettere a non vedenti di esperirle al tatto.
Sauro Sassi
KANDINSKY
> CAGE : MUSICA E SPIRITUALE NELL’ARTE
PALAZZO
MAGNANI, CORSO GARIBALDI 29 REGGIO EMILIA
FINO AL 25
FEBBRAIO 2018
ORARI: DA
MARTEDI’ A GIOVEDI’ 10-13/15-19
VENERDI’
SABATO E FESTIVI: 10-19
BIGLIETTI:
INTERO EUR 12 RIDOTTO EUR 10 (OVER 65,
STUDENTI DA 18 A 26 ANNI, SOCI ARCI, POSSESSORI BIGLIETTI FONDAZIONE MAGNANI
ROCCA TRAVERSETOLO.
STUDENTI DA
6 A 18 ANNI EUR 6
PROMOZIONE
2X1 CARTA FRECCIA
SITO:
www.palazzomagnani.it
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