di Natty Patanè
sottofondo musicale consigliato:
wish you were here (Pink Floyd)
rain in your black eyes (E. Bosso)
Caro
A,
Era stato d'estate che Sebastiano aveva conosciuto Sergio. Sinceramente ora non ricordo come accadde ma successe al lido, quell'insieme di cabine su palafitte avvinghiate alla scogliera lavica che si adagia dietro il molo di Capo Mulini.
Sergio
aveva copiosi ricci biondi che sovrastavano un viso apparentemente
sempre imbronciato, si muoveva lento come se il caldo dell'estate gli
girasse intorno mentre vagava tra il bar, la piscina e il mare, nero
e profondo fin da subito. Dava sempre l'impressione di essere più
maturo, forse più grande della sua età , o almeno così lo aveva
visto Sebastiano.
Sebastiano
invece combatteva una infinita timidezza sfoggiando con sfrontatezza
capelli lunghissimi e recitando la parte del sicuro di se per
dimenticare di sentirsi sempre, irrimediabilmente inadeguato,
inferiore e bersaglio di un imminente attacco.
Non
ricordo come, dicevo, come accadde ma si ritrovarono a parlare,
parlare, parlare e di li a pochi giorni avevano già concordato che
Sergio sarebbe andato a giocare nella squadra di calcio di
Sebastiano, non solo, ma che avrebbe portato con se un amico, un suo
compagno di liceo che in difesa era insuperabile.
Tra
un juke-box acceso, ore in acqua a giocare a pallanuoto e cabine dove
cambiarsi, l'estate, sarà stata l'estate dell'81? 82? lentamente
stingeva i suo colori accesi lasciando i due nuovi amici più
biondastri del solito alle prese con la prima amichevole dove testare
la nuova squadra.
Gli
eucalipti si affacciavano in quel tempo sul polverosissimo campo di
terra, più pietre che terra a dire il vero, ma in fondo che
importava? E tra quella polvere arrivasti anche tu, A. dal volto così
serio che quello di Sergio, l'imbronciato, sembrava la pubblicità di
un villaggio vacanze, però quando sorridevi riempivi l'aria.
Ed
era vero! In difesa eri un muro pressochè invalicabile, elegante nei
movimenti, apparentemente tranquillo.
Sai
A, si, si, lo sai, Sebastiano era abituato ai cori ostili, agli
insulti, alla derisione, oggi avremmo detto con semplicità al
bullismo, e tu e Sergio, accettando di giocare in squadra con lui gli
avevate dato la sorprendente gioia di sentirsi uno qualsiasi, non il
bersaglio.
Poi
arrivò il campionato, il primo, e il giorno precedente la partita vi
telefonava per ricordarvi orario, luogo ed ogni dettaglio. ChissÃ
quante volte ti ha interrotto mentre studiavi, tu così ligio e
comunque gentile. Sergio invece difficilmente lo trovava in casa e
spesso era il padre a rispondere, e Sebastiano si scusava infinite
volte perchè lo pensava sempre intento a scrivere a documentare a
raccontare.
Oggi
ho aperto facebook, cosa che faccio sempre meno, la prima immagine
era la tua, la tua di quei giorni, un “memorial” di calcio per
squadre giovanile, per te. E nel bianconero solo in pochi potevano
immaginare il verde della nostra maglia, della nostra squadra di cui
quasi tutti sbagliavano il nome pensando alle scarpe invece che alla
vittoria alata.
Ed eri là con uno dei tuoi sorrisi rari e preziosi,
non ancora uomo, non ancora avvocato, solo tu, il mio compagno di
squadra. Non ci siamo più rivisti ed ora so che non potremo
rivederci più, qua, ma era giusto che ti raccontassi quanto, solo
giocando hai regalato a Sebastiano, con la naturalezza di un puro.
Ed
ecco che nel cercare parole adeguate riscopro il prezioso valore dei
silenzi.
Grazie in questa sera di quasi gennaio
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