Gordiano Lupi
Parlare
di Sacha Naspini è per me facile e complesso, al tempo stesso. Facile perché
conosco la sua scrittura da sempre: ero nella giuria di un premio locale
quando ho apprezzato uno dei suoi primi racconti e lui non aveva ancora
pubblicato niente, sono stato tra i primi a leggere L'ingrato, che ho promosso da editore insieme a I sassi, due delle sue novelle migliori,
del respiro adeguato per essere apprezzati in pochi giorni di lettura. Complesso
perché in parte considero Naspini una mia scoperta - pure se lui è autorizzato
a replicare come Franco Franchi, quando gli chiedevano se l’avesse
scoperto Mattòli o Modugno: “Mi ha scoperto soltanto la levatrice!”.
Rischio di non essere obiettivo, quindi, ma penso di riuscire a superare questo
empasse facendovi assaggiare un breve passaggio della sua scrittura: “La
Maremma ha questo di tremendo: all’inizio si presenta con il muso bello, per
entrarti nelle grazie. Poi non ti lascia più, mostrandosi per la belva che è.
Un giorno ti accorgi che la provincia ti si è ficcata nelle vene e allora tenti
subito un passo d’impulso per scrollartela di dosso. Ma ormai ti hanno legato
le stringhe. Quel che ne ricavi è solo una botta di bazza sul sasso della
chiesina, tanto per cominciare”. Oppure: “Ogni angolo di Maremma è fatto così.
Ti urla nel corpo, nel brutto e nel bello. La gente di questa regione ha la
pelle dura, specie dal didentro, dove a volte si ispessisce come la cotenna
delle bestie. Anch’io vengo da quello stampo”. E infine: “Casa vostra sa di
brodo e legno ammuffito. Ma c’è anche un aroma di fondo che fa pensare al
piscio di gatto, eppure in giro non ce n’è mezzo”. Sarà perché anch'io son di
Maremma, ove uccello che ci va perde la
penna, sarà perché certi racconti che profumano di Cassola e Bianciardi
passando per Tozzi e Cavoli, ma persino per Vergari e Zannoner, mi entusiasmano
e mi commuovono, mi fanno riscoprire le mie radici, ma penso davvero che la
vera letteratura di Naspini stia proprio da queste parti. Le sue cose migliori
hanno il sapore del pane scuro maremmano, soffrono il sudore dei minatori di
Ribolla e le lacrime delle madri che attendono i figli di ritorno dai
campi funestati dalla malaria. Ecco perché ritengo, per esempio, Il gran
diavolo solo un buon esercizio di artigianato narrativo, ché Naspini è uno
sceneggiatore nato, tu gli dai in mano una storia e lui sa scrivere di tutto,
mentre Le case del malcontento è letteratura pura. Tutto nasce da L'ingrato
(Il Foglio, 2006), con il personaggio del maestro Calamo e la riuscita
ambientazione nel paesino immaginario con il coro delle pettegole e delle
malelingue, una sorta di breve anteprima del grande romanzo corale prodotto
oggi, che contiene tutto l’immaginario narrativo di Naspini. L’autore dÃ
voce alla Maremma ricorrendo a una serie di personaggi che vivono in un paese di
fantasia, tra Follonica, Roccastrada, Roselle e Montemassi, insomma un borgo collinare
del grossetano, che non esiste ma che potrebbe esistere, visto che rappresenta
molti luoghi reali. E i personaggi raccontano in prima persona le loro
esistenze, siano il medico, lo scemo del paese, il maestro, la prostituta, una
vedova, un contadino... Un esile collante lega le varie storie, ma il
protagonista è corale, ogni personaggio è il simbolo di un fallimento, di una
sconfitta, di una piaga tutta maremmana. Non ha molta importanza la trama e lo
sviluppo finale degli eventi, il colpo di scena - che pure troverete - la parte
nera e truce, quel che conta sono le vite narrate, come in una raccolta di
racconti maremmani di cassoliana
memoria. Un Ferrovia locale
contemporaneo, una Vita agra ancor
più agra di quella bianciardiana, un
podere di Tozzi dipinto a tinte fosche e senza speranza. Naspini va oltre il
già detto, s’inventa un linguaggio vero, preso dalla realtà contadina e
maremmana, si ispira ai classici ma confeziona un genere nuovo, una novella
nera che pesca nell’immaginario delle storie di paese e delle esistenze più
grame e derelitte. Ci ha confidato l’autore: “Ho voluto utilizzare il
meccanismo narrativo del piccolo che racconta il grande: a Le Case ci sono
tante sfumature dell’animale uomo sul pianeta Terra. Le Case è una sorta di
istinto collettivo dove sono messe in scena le luci e le ombre dell’essere
umano, giocando con tante zone grigie”. Credo che Naspini sia
perfettamente riuscito nell'intento, confezionando un romanzo potente e
disperato, ricco di personaggi maledetti che ricordano i protagonisti malandati
delle canzoni di De André (Non al denaro non all'amore né al
cielo) e le lapidi poetiche di Spoon River. Le case del malcontento sono una Spoon River maremmana, un microcosmo complesso di vite e di emozioni,
che riassume - superandolo e perfezionandolo - tutto il passato narrativo di
Naspini, non solo L’ingrato ma anche I sassi (uno dei personaggi è nato nello
stesso paese della protagonista femminile) e I Cariolanti (San Bastiano, il dottore che sega la gamba alla
madre…). Le case del malcontento è un
romanzo che vedrei bene candidato al Premio Strega, anche per dare un segnale nuovo:
tornare a leggere letteratura, che spesso - come il buon vino - è più facile
trovare nelle botti dei piccoli e medi editori, ancora profumate di rovere e di
sentori boschivi.
Sacha Naspini
La case del malcontento
Edizioni e/o - Pag. 460 - Euro 18,50
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