GRANDE RITORNO DI ROSA MAURO, GRANDI AVVENTURE PER LEI DURANTE LA SUA ASSENZA ED ECCO COSA CI RACCONTA
Come tuffarsi in un discorso in pubblico
Meglio chiarire subito una cosa: chiunque abbia delle istruzioni
per l’uso sul parlare in pubblico, le ha perché ha dovuto affrontare la paura
di farlo.
Una paura che va al di là del normale timore del giudizio, quel
tipo di paura che ti prende alle corde vocali e te le stringe in una specie di
morsa che sembra non volersene andare, e di fatto non lo fa, finché non é tutto
finito.
Ecco perché chiarisco subito, che vere e proprie istruzioni per
l’uso universali non ce ne sono: ognuno deve trovare le sue strategie, anche se
c’é un primo, universale passo in avanti da fare.
Io qui vi elencherò le mie, e quello che ho fatto è applicarle
da subito, dalla prima volta.
Una volta trovate, e se volete potete provare queste, sforzatevi
di applicarle sempre, magari cambiando i tempi , allungandole o accorciandole,
a seconda della situazione.
1)
Per parlare in pubblico ho cominciato con il parlare in
pubblico.
Tirarsi fuori da quella sorta di inerzia che ti proibisce di
farti avanti, e semplicemente affrontare la propria paura sicuri che, qualunque
cosa accada, non si morirà per questo.
Io ho scelto una zona di comfort, qualcosa che conoscevo bene e
che mi stava a cuore.
La prima volta che ho parlato in pubblico é stata per presentare
un mio libro alla onlus di mia sorella.
Il dover parlare di un mio libro mi ha permesso di sentirmi più
sicura, potevo rifugiarmi in esso, e il fatto che la onlus fosse un luogo di
amici e comunque un ambiente non competitivo mi ha reso più semplice superare
l’imbarazzo iniziale.
Io non ricordo di aver parlato molto, quella prima volta,
l’importante é rompere il ghiaccio.
2) Sono sincera. Ho sofferto di panico situazionale per anni,
presentandomi ad ogni esame con la stessa terribile sensazione di non ricordare
nulla.
E succedeva: improvvisamente non ricordavo nulla e dovevo
combattere con questa sensazione per tutta la durata dell’esame.
Poi mi sono detta: perché non dirlo? Perché non dire al prof che
soffro di ansia e permettergli di solidarizzare con te, di attendere i tuoi
tempi?
Io comunico sempre al pubblico con cui devo parlare come mi
sento, e di comunicare loro che sono una persona che ha delle insicurezze. Mi
permette di aprire un canale che permette ad entrambi di stare meglio.
3) mi sono abituata al suono della mia voce.
E cerco di sperimentarlo ogni volta, comprendendo quale sia
quello naturale, quello che assumo quando sono tranquilla e serena.
Spesso il problema del parlare in pubblico è che non siamo
abituati a sentirci davvero. Quando si parla che so, in famiglia, si tende a
non fare troppo caso al fenomeno fisico della voce, ci concentriamo su altro,
emozioni o pensieri o idee che vogliamo esprimere.
Ma queste cose passano attraverso la voce, e conoscere la
propria voce, potersi concentrare su di essa, può permetterci di calmarci.
Come quando si canta si prova, così dobbiamo provare un
discorso, modulando la voce e abituandoci a quello che è il nostro tono
naturale. Che aiuta il nostro cervello a mantenere, con il controllo del corpo,
anche il controllo su sè stesso.
4)
Scrivo quello che devo dire, ma poi lo “dimentico”.
Scrivere mi permette di fissare nella mente le idee e le
motivazioni. Anche il solo gesto di usare una penna o una tastiera permette una
memorizzazione che non è possibile con altri mezzi.
Poi però bisogna evitare di fare troppo affidamento sul testo
scritto, perché fa perdere di vista altri fattori: il contesto, le persone, il
nostro stesso controllo di voce e segnali corporei se cerco di ricordare il
testo scritto viene meno. E paradossalmente, leggere un testo scritto l’ansia
aumenta invece di diminuire.
5)
Sono presente. Anche se è difficile, sopratutto se in quel
momento sono in preda all’ansia, sono presente.
Ascoltare, guardare, percepire l’ambiente e le persone che mi
stanno intorno, che ascolteranno.
Le loro voci, la loro presenza, diventano delle identità ,
smettono di essere dei giudici
6) Dopo l’evento, analisi, critica e assoluzione.
Dopo aver parlato, ovviamente io tiro le somme. Cosa é andato,
cosa non é andato, cosa può andare meglio. Annoto quello che é migliorabile per
fare un passettino in avanti la prossima volta, ma mi assolvo dal non essere
stata perfetta. Se non lo facessi, probabilmente non parlerei mai più, perché
non si riesce mai ad essere quello che hai immaginato. La perfezione non
esiste, in nessun campo, io mi considero un essere umano che fa del suo meglio,
alzo l’asticella ogni volta, ma se poi non ci passo sotto, pazienza e mi
allenerò meglio la prossima volta.
La regola che mi dò più importante é che la paura non passerÃ
mai del tutto, per parlare in pubblico, bisogna buttarsi, come quando ci si
tuffa da un trampolino.
Arrivi lì, sei consapevole che devi buttarti, prendi un respiro
e lo fai, semplicemente.
Sapendo che la prossima volta, ci sarà sempre la paura, ma la
voglia di comunicare sarà più forte.
Conto fino a tre:
1
2
E... inizio a parlare!
Rosa Mauro
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