LETIZIA BATTAGLIA FOTOGRAFA. L’ORRORE DELLA MAFIA, LA BELLEZZA DI DONNE E
BAMBINE SICILIANE
Venezia
continua a essere bella, nonostante tutti gli sforzi che vengono fatti per
sfregiarla. Certi luoghi hanno un fascino particolare perché, meno frequentati
dai turisti, conservano ancora un sapore più autentico. Uno di questi è l’isola
della Giudecca, che un tempo
ospitava fabbriche, cantieri navali ed altri edifici industriali, oggi per lo
più dismessi, come l’enorme, neogotico Molino
Stucky, costruito a fine ‘800, la cui mole in pietra rossa domina l’isola,
oggi trasformato in albergo di lusso della catena Hilton. Il Molino si
trova all’estremità est dell’isola; camminando lungo il bordo del canale della Giudecca (quello
attraverso il quale passano le grandi navi) in direzione est incontriamo, verso
il centro, la Chiesa del Redentore,
del Palladio, quella che viene
collegata all’altra riva del canale con un ponte di barche la terza domenica di luglio per una processione che festeggia la fine della
peste del 1577, festa che si conclude alla notte con spettacolari fuochi
d’artificio. Proseguendo ancora verso est si avvicina, sull’altro lato del
canale, la piazza San Marco. Passata
la terza fermata del vaporetto (Zitelle)
si è giunti quasi all’altra estremità dell’isola. Oltre, separato, da un breve
tratto d’acqua, la piccola, deliziosa isola
di San Giorgio; sulla sinistra, splendida vista sulla Punta della Dogana e, oltre, sul Palazzo Ducale e il campanile
di San Marco. Guardando invece a destra si scorge quello che è il terzo
edificio che segna il carattere della Giudecca,
meno imponente del Molino Stucky e
della Chiesa del Redentore ma di
grande originalità architettonica: la
Casa dei Tre Oci. L’edificio è stato realizzato nel 1913, su disegno del pittore
bolognese Mario De Maria (si
firmava Marius Pictor) che, a
cavallo tra Ottocento e Novecento ha goduto di notevole fama,
esprimendo un’arte eclettica, tra naturalismo e simbolismo. Lo spirito
dell’artista si riflette nell’edificio, in stile neogotico con tre enormi
finestroni (i “Tre Oci”) che
simboleggiano lui, la moglie e il figlio, mentre la bifora al piano superiore
ricorda la figlia morta prematuramente. Dopo avere ospitato importanti
personaggi ed artisti di passaggio per Venezia la casa, acquisita nel 2000
dalla Fondazione Venezia e
restaurata, è diventata un importantissimo polo espositivo dedicato alla
fotografia, ospitando mostre di assoluto valore internazionale.
La mostra attualmente in corso è
dedicata a Letizia Battaglia (Palermo, 1935), la più nota fotografa
italiana. La Battaglia, ancora
vitalissima, è una figura leggendaria per il lavoro con cui ha documentato per il
quotidiano L’Ora di Palermo, dal 1974 al 1991, gli anni più sanguinosi
della mafia, con centinaia di morti nelle strade che la fotografa ha ripreso
con la sua Leica in un bianco e nero
fortemente contrastato, che voleva mostrare anche il contesto in cui avvenivano
i delitti. La sequenza più famosa riguarda l’omicidio di Piersanti Mattarella. La Battaglia,
che passava per caso nella zona in cui era avvenuto il delitto, fu la prima a
raggiungere il luogo e a riprendere, senza nemmeno rendersi conto subito di chi
fosse la vittima, i famigliari ancora dentro l’auto e il Presidente della
Regione tra le braccia del fratello Sergio.
Il lavoro della Battaglia si
incrocia con la sua biografia perché lei, sposata
a 16 anni, con tre figli, decise
di abbandonare Palermo e il ruolo di madre e sposa devota per inseguire la sua
autonomia, recandosi a Milano, dove
iniziò a lavorare come giornalista per poi divenire fotografa, con un approccio
da autodidatta, poco interessata alla tecnica quanto a ciò che le interessava
comunicare. A questa prima fase risale una sequenza molto bella di immagini di Pasolini a un dibattito, presente in
mostra (in tutto sono circa trecento
scatti). La sua attività professionale iniziò però nel 1974, a quarant’anni,
col ritorno a Palermo, la città che ama profondamente e che ha voluto
rappresentare non solo attraverso la violenza della mafia ma anche con le
immagini dei suoi abitanti, soprattutto le donne e le bambine, con cui riesce a
instaurare un fortissimo rapporto di empatia. Per la mostra ai Tre Oci la Battaglia ha voluto che fosse la curatrice, Francesca Alfano Miglietti, a scegliere le foto dal suo sterminato
archivio, senza volersi in alcun modo intromettere. Ne risulta un racconto che
si incentra soprattutto sulla sua città, le persone, i riti, i rapporti umani.
La violenza viene sovrastata dai sorrisi, dalla speranza, che la Battaglia ha
cercato di riaffermare anche attraverso il lavoro politico come assessore della
giunta Orlando negli anni della rinascita palermitana e poi anche come
consigliere regionale. La fotografa non è interessata allo scatto perfetto, si affida
all’istinto, che però la porta molto spesso a realizzare immagini non solo
cariche di significato ma anche di bellezza. Si squaderna la commedia umana
della sua città, dove lei si muove nelle strade, nei mercati, conosciuta e
salutata da tutti e che quindi riesce a rendere complici della sua
rappresentazione. Un atteggiamento positivo che l’ha portata a battersi per
aprire un Centro Internazionale di
Fotografia nel bellissimo spazio dei Cantieri
Culturali alla Zisa, ex zona
industriale riconvertita. Grazie anche al sindaco Orlando, il Centro è stato inaugurato
nel 2017 e ospita gratuitamente mostre di grandi fotografi, spesso suoi
amici come Josef Koudelka o Martin Parr, e anche di giovani
siciliani. Grande fotografa e grande donna, gratificata con riconoscimenti
internazionali come il premio Eugene
Smith per la fotografia sociale (prima donna europea) e numerosi altri,
inclusa nella lista di mille donne candidate al Nobel per la pace, protagonista di un film biografico intitolato “Shooting the mafia”, presentato al Sundance Film Festival di Robert Redford
e al Festival del cinema di Berlino,
e che arriverà questa estate al Biografilm
Festival di Bologna. La Battaglia
si impone anche per la sua figura fisica: i capelli tinti di rosa, la macchina
fotografica sempre al collo (non digitale) che mi ricorda un altro grande
fotografo scomparso, Mario Dondero,
sempre curiosa e desiderosa di confronto. Per chi si interessi di cinema,
ricordo anche una sua bella apparizione nel film di Wim Wenders “Palermo
Shooting”, con l’immancabile macchina fotografica, per niente in crisi
di fronte al protagonista, che invece è proprio un fotografo che ha perso il
rapporto con la realtà.
Insomma, una mostra da vedere, anche
scontando il prezzo esoso dei vaporetti veneziani, per poi divertirsi a
passeggiare per l’isola della Giudecca
a scoprine i tanti luoghi affascinanti, compresi spazi appena aperti in
corrispondenza alla Biennale Arte.
SAURO
SASSI
LETIZIA
BATTAGLIA
FOTOGRAFIA
COME SCELTA DI VITA
FINO AL 18
AGOSTO
FONDAMENTA
DELLE ZITELLE, 43 ISOLA DELLA GIUDECCA, VENEZIA
FERMATA DEL
VAPORETTO: ZITELLE
DA PIAZZALE
ROMA E DALLA FERROVIA: LINEE 4.1 (PIU’ RAPIDA) O 2
BIGLIETTO
INTERO 12 EURO. RIDOTTO 10 UNDER 26 E OVER 65 ANNI E VARIE TESSERE TRA CUI
AIED, CENTRO DONNA, ARCI, COOP, FELTRINELLI, TOURING
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