PRIMO MAGGIO: CERCARE L' ARTE CONTEMPORANEA A BOLOGNA

Sauro Sassi


PRIMO MAGGIO: 

CERCARE L'ARTE  CONTEMPORANEA A BOLOGNA


Bologna ha il privilegio di ospitare due importanti opere di grandi artisti contemporanei, pressoché coetanei, che hanno elementi comuni nelle proprie sensibilità.                  

Questi elementi sono il senso del tempo e della memoria, gli artisti Christian Boltanski e Claudio Parmiggiani. Di Boltanski tanti hanno visitato, e si sono commossi, il suo allestimento a ricordo della tragedia dell'abbattimento dell'aereo Itavia su Ustica. L'artista ha voluto congelare il tempo, trasmettendo in continuazione i pensieri dei viaggiatori, nel variare della luce attorno ai resti dell'aereo, come se queste presenze non volessero andarsene ma accompagnassero permanentemente i visitatori in un ricordo straziante. I loro abiti e i resti rinvenuti in fondo al mare sono documentati fotograficamente in un libro, ma celati allo sguardo, chiusi dentro casse, perché la loro presenza invisibile ci lasci immaginare quelle vite spezzate.                                              

Il secondo artista, Claudio Parmiggiani, pur essendo delle nostre parti, è meno conosciuto. In effetti egli, caratterialmente, riprendendo l'atteggiamento del suo maestro spirituale Giorgio Morandi, ha esercitato la pratica del non apparire. Le sue stesse opete non sono tante e, a volte, anch'esse si nascondono, come "Terra", una sfera con impresse le sue mani, sepolta nel chiostro del Musée des Beaux Arts di Lione, affinché si riveli attraverso la sua invisibilità e l'aura spirituale che irradia, perché, come dice l'artista, è più importante nascondere che mostrare: si può nascondere solo ciò che esiste, e ciò che è nascosto rimane nella nostra memoria e, quindi, vive. Parmiggiani non dipinge ma si definisce pittore, come faceva un altro grande artista che non usava i pennelli, Jannis Kounellis. 

Usa altri strumenti, impalpabili, come il fumo, la cenere, il vetro, i pigmenti. Il fumo, dopo un incendio, se ne va. La cenere resta ed è non solo il residuo delle cose, ma anche la loro traccia, ciò che rimane quando, apparentemente, tutto è stato distrutto. Una delle serie di lavori più conosciuti di Parmiggiani si chiama "Delocazioni", e consiste nel raccogliere contro una parete di un ambiente chiuso libri, oggetti. Poi, accendendo un fuoco, spingere su di essi il fumo, in modo che la parete ne conservi la traccia. Rimane un'ombra, un'impronta, si potrebbe dire una fotografia, che però ci mostra qualcosa di meno definito ma più essenziale di un'immagine realistica: l'anima, la materia. Parmiggiani dice: "Dipingere con il fumo, dentro la tavolozza l'ombra e il tempo". A Bologna si può ammirare, nell'ex chiesa di San Giorgio in Poggiale, ora biblioteca, un suo lavoro intitolato "Campo de' fiori". 

Si tratta di un'installazione composta da una antica campana che poggia sopra un cumulo di libri bruciati. Anche le pareti dell'abside sono state ricoperte di libri che poi, con la tecnica della delocazione, sono stati investiti dal fumo e, rimossi, hanno lasciato la loro traccia. In questo caso il riferimento è tragico, perché ricorda il rogo di Giordano Bruno in quella piazza, e la campana che schiaccia i libri bruciati l'autorità della Chiesa che schiaccia la libertà di pensiero. Anche in quest'opera l'artista usa i concetti di assenza e presenza. Non è presente il corpo di Giordano Bruno. I libri sono bruciati ma resta la loro traccia, la loro assenza diventa presenza perché, come ha detto Massimo Recalcati a proposito del lavoro di Parmiggiani, la presenza delle cose non è l'ultima parola sulle cose e l'assenza è una forma di presenza. Un'opera di grande impatto emotivo, di un artista che ha intitolato un suo libro (è anche scrittore e poeta) "Una fede in niente ma totale". 

Ora una chiesa, cioè il luogo del sacro, raccoglie il ricordo di chi, in nome della libertà di pensiero, ha accettato il rogo del proprio corpo, che non ne ha cancellato la memoria. Concludo segnalando che le cappelle laterali dell'ex chiesa ospitano uno splendido ciclo di grandi dipinti dell'artista romano Piero Pizzi Cannella, intitolato "Cattedrale". Qui ritorna la pittura tradizionale e intesse un alto dialogo con l'arte concettuale di Parmiggiani.




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