L'architettura come "opera aperta": Maurizio Sacripanti

 Vittorio Miranda

fonte immagine: Hortus - Rivista on-line del Dipartimento Architettura e Progetto - "Sapienza" Università di Roma


Architetto d'avanguardia, laureato presso la facoltà di Architettura nel 1941 è docente
universitario Ordinario di Composizione architettonica all'Università La Sapienza a Roma, dalla metà degli anni settanta. E' da ricordare per le sue realizzazioni principali quali il concorso per il Grattacielo Peugeot a Buenos Aires (1961), la partecipazione al concorso per il Teatro lirico a Cagliari (1965), il Centro di cure a Domodossola (1966), i nuovi uffici della Camera a Roma(1967), il Padiglione italiano all'Expo 70 di Osaka (1968), il progetto per il nuovo Museo di Padova (1968).

Tra le opere più recenti sono da segnalare il complesso a Santarcangelo di Romagna (1977), la sistemazione urbana, il parcheggio, la piazza e il teatro a Forlì (1976-1981), il Museo della Scienza a Roma (1982-83). La sua carriera culmina con la costruzione del Museo civico “Parisi-Valle” a Maccagno (Varese) (1979-98) per il quale riceve il Premio In/arch 1991-1992.

Più delle sue opere però, a mio parere, è la sua vita a rimanere più impressa e voglio raccontarla in breve, tramite lo stesso Sacripanti, quando nel suo libro Il senso del mio lavoro, testo pubblicato postumo, nel 1997, scrisse: "Nasco da una vecchia famiglia romana; in una vecchia città" per poi continuare "Persi da bambino mio padre, ingegnere, e ben presto vissi solo. Il Convitto Nazionale: praticamente espulso a tredici anni per indisciplina, smisi a sedici... scoprii le osterie... disegnavo, imparavo l'arte del calco, conobbi il modano e le sagome antiche... una vecchia arte in una vecchia città. 

Non fu tempo perduto e mentre Roma mi svelava il gusto dell'architettura, compagni anarchici mi conducevano all'antifascismo. Nel '36 ero in Facoltà... scarsa frequenza, buoni voti in materie compositive; ma cercavo altrove, frequentavo la scuola libera del nudo, lavoravo negli studi ove era possibile imparare, e anche parlare senza essere denunciati. Lavoravo per una nuova
architettura facendo tutt'altro. 
Otto settembre, distacco dalla guerra ingiusta, la lotta clandestina, la Liberazione infine, il lavoro politico, la battaglia per la Costituente. L'architettura era ancora maceria che copriva i morti e mine inesplose facevano altri morti. Dipinsi souvenir, feci perizie e rilievi di fabbricati distrutti, fondai con amici un'impresa per la ricostruzione, vidi i primi soldi - ma smisi!

Fu Bottoni, nel '47, a chiamarmi alla prima esperienza di architetto per la VIII Triennale: sono le prime casette prefabbricate del QT8 a Milano... l'architettura finalmente si impadronì di me e mi spinse in un'esperienza densa di valori sociali. La riflessione sulla vita coincide con la riflessione sul linguaggio...
Nel '49 - prosegue Sacripanti nel suo scritto - "prendo studio in via degli Orti d'Alibert, tra monache di clausura e il carcere di Regina Coeli; in una vecchia città. 

Lavoro, quasi nulla. Mi lego a Libera e insieme progettiamo le tipologie per Ina-Casa. Vinco un concorso, faccio parte delle prime commissioni d'esame progetti dello stesso Ente. Vita professionale? Ancora ben poca ma fu allora che conobbi Mafai, fu per me un fratello, e Ventura che ricordo come un maestro.”
Ho voluto estrapolare solo una parte dei ricordi della vita di un uomo ma che contengono i valori pregnanti di chi ha saputo "fluidificare" i linguaggi dell'arte, della scienza, della tecnica in un significativo contributo per l’architettura italiana.


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