PIU’ CHE FUMETTI: ANDREA PAZIENZA NELLA SUA BOLOGNA
Negli anni ’70 (ma anche prima) Bologna era la città vetrina dove tutti, anche gli
americani, potevano misurare i risultati di una amministrazione esercitata, da subito
dopo la guerra, dal PCI, Partito Comunista Italiano. Una sana, onesta, illuminata
(come disse Giorgio Bocca, socialdemocratica) amministrazione, che non venne
scossa nemmeno dal ’68. La sua fama di città del buon vivere, e la sua gloriosa
università, attirarono decine di migliaia di studenti da tutta Italia, (si calcolò ci
fossero oltre 60.000 iscritti), i quali, però, se da un lato amavano il fermento
culturale, si scontravano con la speculazione dei proprietari immobiliari, che
affittavano stamberghe a prezzi esorbitanti; con un alto costo della vita.
Cominciavano a fermentare rabbia, disillusione, molti non potevano passare oltre la
bella vetrina. Nel 1971 nacque, all’interno della facoltà di Lettere, il DAMS,
Dipartimento di Arti, Musica, Spettacolo. Il fatto che fosse il primo corso di laurea in
Italia dedicato a questi ambiti, il grande prestigio degli insegnanti, in primo luogo
Umberto Eco, poi Il musicologo Roberto Leydi, lo storico dell’arte Renato Barilli, il
regista teatrale Luigi Squarzina e, sempre per il teatro, il grande innovatore Giuliano
Scabia, lo scrittore Gianni Celati, lo storico del cinema Adelio Ferrero e tanti altri,
attirò moltissimi giovani che, sull’onda dei fermenti del ’68, volevano esprimere e
organizzare la propria creatività. Così, nel 1974, arrivò e si iscrisse il diciottenne
Andrea Pazienza (nato a San Benedetto del Tronto nel 1956 ma pugliese di famiglia)
che, fin da bambino, aveva dimostrato un eccezionale talento per il disegno e la
pittura. Subito si immerse nella vivacità culturale della città, ma respirò anche le
tensioni che stavano crescendo. Nel 1977 portò alla Milano Libri, che editava la
rivista Linus, il suo fumetto “Le straordinarie avventure di Pentothal” che rifletteva
la vita e la cultura giovanili del momento. Mentre una redattrice li osservava passò il
grande Hugo Pratt che disse che il ragazzo aveva talento e occorreva farlo lavorare.
Cominciarono così a uscire le strisce sulla rivista Alter Alter, che pubblicava i fumetti
più innovativi, troppo rivoluzionari per essere accostati alle storie di Snoopy and
company. Iniziò la traiettoria bruciante di Pazienza, che raggiunse grandi altezze ma,
purtroppo, si esaurì nel giro di undici anni, perché lui, nel 1988, morì, trentaduenne,
per overdose. I curatori della mostra bolognese, a palazzo Albergati, hanno deciso,
secondo me giustamente, di fare un percorso a ritroso, partendo dall’ultimo
fumetto, “Pompeo”, che molti considerano la sua opera più bella, certo la più
personale. Finiti gli slanci di ribellione degli anni ‘70, gli ’80 furono quelli del
cosiddetto riflusso, i giovani che avevano incendiato le strade e il pensiero si
persero, alcuni diventando terroristi, altri aderendo alla prosa di una vita “normale”,
molti, purtroppo, cadendo nella schiavitù distruttiva della droga. Solo due anni
prima di Pazienza, morì per overdose Stefano Tamburini, suo grande amico, creatore
del personaggio di Ranxerox, che apparve sulla rivista “Cannibale”, assieme alle
tavole di Liberatore, Scozzari, Mattioli. Pazienza, in “Pompeo”, mette a nudo il suo
cuore. Poe, ripreso da Baudelaire, aveva scritto che un libretto intitolato “Il mio
cuore messo a nudo” avrebbe rivoluzionato l’universo del pensiero e dei sentimenti;
ma nessuno, aveva detto, avrà mai il coraggio di scriverlo. Pazienza lo fa, si toglie la
maschera, toglie i filtri tra l’autore e il suo personaggio, Pompeo è lui, la sua
tenerezza e la sua stupidità, il suo amore e l’istinto autodistruttivo, la droga, che lo
nega all’amore degli altri. Alla fine della storia Pompeo si uccide. Non c’è riscatto,
anche la poesia dei grandi autori russi è un viatico verso la morte. Sempre negli anni
’80, ma all’inizio, era nato il più famoso dei suoi personaggi: Zanardi. Giovane liceale,
è un condensato di pura cattiveria. In questo ragazzo, senza morale, senza
sentimenti, senza cultura, Pazienza sembra rappresentare tutto il peggio di quel
decennio nascente. Zanardi arriva a uccidere senza provare il minimo turbamento.
Ricorda l’Alex di “Arancia meccanica”, Pazienza lo disegnò prendendo i tratti di suoi
amici, compreso il famoso naso aquilino da un membro della band dei Gaz Nevada.
Proseguendo a ritroso, incontriamo documentazione dell’enorme produzione svolta
da Pazienza in quei pochi anni. Non era un grande lavoratore ma aveva una facilità
di disegno che i suoi stessi colleghi definivano incredibile. Ha disegnato copertine di
dischi (Vecchioni, Avitabile), i manifesti del film di Fellini “La città delle donne. E’
stato anche un maestro nell’uso del colore. Ha avuto grande simpatia per Pertini,
facendone un personaggio, forse un nonno benevolo. Ha fondato o partecipato a
riviste: “Cannibale”, “Frigidaire”, “Il Male”, “Zut”, “Tango”. Il percorso ci porta agli
inizi, il 1977. Mentre Pazienza disegna “Pentothal” Bologna è attraversata dalle
manifestazioni studentesche, avvengono le autoriduzioni perché i giovani
rivendicano i beni e la cultura che sono loro negati. L’11 marzo, durante quello che
potrebbe essere un normale scontro con le forze dell’ordine, un carabiniere spara
diversi colpi e uccide lo studente Francesco Lorusso, che sta fuggendo. La reazione
dei giovani si scaglia contro la città, che non sentono più accogliente ma nemica.
Vengono distrutte vetrine dei negozi del centro, di banche. Il PCI reagisce con una
condanna e un’azione che si rivolgono più contro i “teppisti” che contro chi ha
sparato. Si spezza il mito della città diversa, ospitale. Tutti gli studenti vengono
ghettizzati, gli si nega la voce (il giorno successivo sarà chiusa la radio libera “Radio
Alice”). Pazienza non fa politica, forse non partecipa alle manifestazioni, ma respira
quel clima, fa parte di quella generazione e ci si identifica, sente la loro sconfitta
come la sua. Cambia il finale della prima storia di Pentothal per inserire un richiamo
alla morte di Lorusso e anche per evidenziare il suo drammatico isolamento, anche
da quel movimento. Inizia la sua breve traiettoria, un enorme talento che si brucia in
una fiammata tanto forte quanto breve. Come ha detto Stefano Benni, rimane a noi
la grande rabbia e il rimpianto per quel tanto che ci avrebbe ancora potuto donare
di arte e di poesia. Disse Paz: “La pazienza ha un limite, Pazienza no”.
SASSI SAURO
ANDREA PAZIENZA – OLTRE OGNI LIMITE
BOLOGNA, PALAZZO ALBERGATI, VIA SARAGOZZA 28
FINO AL 26/09/2021,
DA LUNEDI’ A VENERDI’ ORE 15 – 20 SABATO E DOMENICA ORE 10 – 20
BIGLIETTO INTERO EUR 12 RIDOTTO EUR 10 (STUDENTI, CARD CULTURA)
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