FOTOGRAFIA EUROPEA A REGGIO EMILIA: LA SPERANZA NELL’INDIVIDUO

 FOTOGRAFIA EUROPEA A REGGIO EMILIA:LA SPERANZA NELL’INDIVIDUO


“Mia cara\ nel bel mezzo dell’odio\ ho scoperto che vi era in me\ un invincibile

amore.\ Nel bel mezzo delle lacrime\ ho scoperto che vi era in me\ un invincibile

sorriso.\ Nel bel mezzo del caos\ ho scoperto che vi era in me\un’invincibile

tranquillità.\ Imparavo finalmente\ nel cuore dell’inverno\ che c’era in me\

un’invincibile estate.” Da questi versi di Camus deriva il titolo della XVII edizione del

Festival Fotografia Europea di Reggio Emilia. L’autore invita a cercare in sé il modo di

sconfiggere le brutture del mondo e così i curatori cercano nel lavoro dei fotografi

invitati un momento di fiducia nelle capacità umane di trovare la bellezza e la

speranza anche in tempi oscuri. Anche se l’aver annullato una mostra sulla

fotografia russa non credo aumenti questa fiducia, così come aver annullata una

collettiva in cui figuravano anche artisti russi, oltre che tedeschi, italiani e di altre

nazioni, perché curata dal responsabile del dipartimento di arte contemporanea del

museo Ermitage, esponendo un’unica immagine del fotografo russo Alexander

Gronsky scattata attraverso le sbarre del camion della polizia dopo essere stato

arrestato per aver manifestato contro la guerra. Il fulcro della manifestazione sono i

chiostri di San Pietro, spazio vasto e suggestivo in cui sono state ambientate la

maggior parte delle esposizioni, non tutte di uguale livello. Curiosa quella di Nicola

Lo Calzo dedicata a Binidittu, san Benedetto il Moro, santo di colore tra i patroni di

Palermo. L’iraniana Hada Afshar documenta gli abitanti delle isole sullo stretto di

Hormuz e la presenza costante del vento che non solo modella il paesaggio,

rendendolo simile, nel nostro immaginario, a quello dei film western, ma agisce

anche sulla psiche, i comportamenti e i costumi degli abitanti. Tra antropologia e

costume l’indagine di Chloé Jafé sulle donne della Yakuza, la mafia giapponese, che

mostrano i loro corpi tatuati ma negano il loro volto. Il norvegese Jonas Benediksen

affronta un tema quanto mai attuale, quello del rapporto tra realtà e finzione nelle

immagini, dove sempre più spesso i confini sono incerti e diventa difficile

distinguere il falso dal vero. Così quello che sembra un reportage su un villaggio

macedone dove nel 2016 erano sorti numerosi siti che si fingevano americani per

diffondere false informazioni e influire sulle elezioni che portarono alla vittoria di

Trump, diventa a sua volta un veicolo che diffonde immagini e informazioni

manipolate che hanno tratto in inganno anche informatici esperti. Notevole l’inglese

Ken Grant, che intitola “Benny Profane”, come il protagonista di un romanzo di

Thomas Pynchon, il lavoro in cui documenta, tra il 1989 e il 1997, la vita degli

abitanti di un distretto portuale di Liverpool, ai margini di un fiume e di una grande

discarica di rifiuti. Immagini non distanti da quelle che siamo abituati a vedere da

luoghi dell’Africa o del Brasile. Il giapponese Seijchi Furuya propone un altro modo di

usare le immagini nella serie intitolata “First trip to Bologna 1978 / Last trip to


Venice 1985”: come la statunitense Nan Goldin che racconta della vita, spesso

drammatica, sua e dei suoi amici o il suo connazionale Nobuyoshi Araki, che, nella

serie “Sentimental Journey”, aveva documentato la malattia e la morte della moglie,

compie un percorso esistenziale per interrogarsi sul suo rapporto con la moglie

europea e sulle ragioni che hanno portato alla sua decisione di togliersi la vita.

Cerca, attraverso immagini anche casuali e non belle, di ricostruire il senso di una

vicenda che lo ha segnato in modo irrevocabile. Un lavoro lancinante e fortemente

commovente. Reggio Emilia è una città molto piacevole ed è divertente percorrerla

alla ricerca degli altri spazi espositivi, ad esempio ai chiostri di San Domenico sono

presenti i sette giovani che partecipano al concorso intitolato a Luigi Ghirri, allo

spazio Gerra Maria Clara Macrì espone nudi femminili realizzati con grande

complicità ed empatia con le donne rappresentate. Ci sono anche tante esposizioni

off ed è consigliabile visitare l’edificio in via Due Gobbi 3 dove tutti gli appartamenti

sono trasformati in sedi espositive, in un clima molto piacevole. Nell’affascinante

Palazzo dei Musei, che è stato recentemente restaurato e riallestito e merita

comunque una visita, anche con bambini, per ripercorrere in modo assai piacevole

l’evoluzione del territorio dalla Preistoria ai giorni nostri, è allestita una mostra del

più grande fotografo non solo reggiano ma italiano (e anche mondiale): Luigi Ghirri

(1943 – 1992).

Dal suo sterminato archivio sono state selezionate le immagini della mostra “In scala

diversa. Italia in miniatura e nuove prospettive”. Sono foto realizzate tra anni ‘70 e

’80 nel parco allestito da Ivo Rambaldi nei pressi di Rimini. La mostra documenta

anche la vicenda affascinante di Rambaldi che ideò questa iniziativa straordinaria,

percorrendo il paese per disegnare e misurare piazze e monumenti da riprodurre, in

modo del tutto artigianale, senza gli strumenti che oggi renderebbero la cosa molto

più semplice. Ghirri, affascinato dal rapporto tra realtà e finzione, dall’ambiguità e

potenziale poeticità dell’immagine, scattò molte foto che poi inserì nei suoi libri. Un

altro passo nella scoperta di questo immenso protagonista dell’arte moderna.

Segnalo infine, nella vicina collezione Maramotti, a pochi chilometri da Reggio, la

mostra “Bellum” di Carlo Valsecchi che documenta le immagini riprese dal fotografo

in luoghi della prima guerra mondiale. Valsecchi giunge a realizzare i suoi lavori dopo

un grande lavoro di studio per ricostruire non solo la storia ma il clima culturale

dell’epoca. Fotografa poi usando la camera ottica, con la pellicola, scegliendo

accuratamente le inquadrature e con lunghi tempi di scatto. Le immagini sono di

grande bellezza, non vogliono documentare ma rappresentare un clima, l’emozione

che suscitano i luoghi. Le immagini sono affascinanti: se vogliamo, dalla parola latina

bellum, guerra, deriva anche bellezza, e tra guerra e bellezza, come insegnava il

filosofo James Hillman, c’è un forte rapporto. C‘è anche un qualche riferimento

ghirriano, perché uno dei luoghi su cui ha lavorato Valsecchi è la trincea dove

Ermanno Olmi girò le scene d’interno di “Torneranno i prati”, quindi i piani del

racconto di sovrappongono. Se si va alla Collezione Maramotti si può anche


prenotare telefonicamente la visita della collezione, una delle più belle dedicate

all’arte contemporanea in Italia.

SAURO SASSI

FOTOGRAFIA EUROPEA. UN’INVINCIBILE ESTATE

REGGIO EMILIA SEDI VARIE FINO AL 12 GIUGNO

I BIGLIETTI SI ACQUISTANO PRESSO LA SEDE PRINCIPALE, CHIOSTRI DI SAN PIETRO,

IN VIA EMILIA SAN PIETRO 44/C

ORARI: DA VENERDI’ A DOMENICA 10 – 20

PALAZZO DEI MUSEI: DA VENERDI’ A DOMENICA E FESTIVI 10 – 18

COLLEZIONE MARAMOTTI, VIA FRATELLI CERVI, 66. SABATO E DOMENICA 10,30 –

18,30. GIOVEDI’ E VENERDI’ 14,30 – 18,30. TEL. PER PRENOTARE LA VISITA ALLA

COLLEZIONE: 0522-382484

PREZZO INTERO PER TUTTE LE SEDI: EUR 18 – RIDOTTO 15 (OVER 65, ARCI, FAI,

CARD CULTURA BOLOGNA, DIPENDENTI BPER BANCA)

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