ESTATE A VENEZIA : 4 MOSTRE NEL SESTIERE SAN POLO

     VENEZIA SESTIERE SAN POLO. MOSTRE DI AFRO, UGO RONDINONE, FRANCESCA

   LEONE E SU ARTE CONTEMPORANEA E PROFUMO




Moltissime mostre a Venezia oltre alla Biennale Arte. Suggerisco un percorso di

visita a piedi nel Sestiere San Polo, che ĆØ vicino alla Stazione Ferroviaria.

AFRO

Appena usciti, si attraversa il Ponte degli Scalzi e ci si dirige verso CĆ  Pesaro,

splendido palazzo sul Canal Grande che ospita la Galleria Internazionale d’Arte

Moderna. Non mi soffermo sulle importanti opere della collezione permanente, che

vanno dall’Ottocento al Contemporaneo, con un posto d’onore a uno dei dipinti piĆ¹

famosi di Klimt, la “Giuditta II”, esposti al primo piano. Al secondo piano si rende

omaggio a uno dei maggiori pittori italiani del secondo Novecento, Afro Basaldella

(Udine 1912- Zurigo 1976), fratello dell’altrettanto famoso scultore Mirko. Scopo

della mostra ĆØ di confermare la statura internazionale di questo artista che giĆ  nel

1950 espose negli Stati Uniti e si legĆ² a una importante galleria di New York. Ci sono

42 suoi quadri, disegni molto belli e opere di artisti che gli furono amici e compagni.

Si inizia con un autoritratto del 1936, passando poi a opere del secondo dopoguerra

in cui Afro, come tutti gli artisti italiani, subisce l’influenza cubista, liberandosene

perĆ² via via ed entrando a far parte di quel grande movimento che in Europa si

chiamĆ² Informale e negli USA Action Painting, portando sempre piĆ¹ sulla tela i colori

luminosi che aveva visto nei quadri dei grandi pittori veneziani antichi, la libertĆ  e la

fantasia dell’armeno americano Arshile Gorky e dell’amico scultore Alexander

Calder, il segno forte dell’olandese americano Willem De Kooning. Di questi e altri

artisti affini sono ospitate alcune opere molto belle, tra cui uno splendido Burri, che

fu amico di Afro e ne subƬ l’influenza. Il nostro ottenne il Leone d’Oro come miglior

artista italiano alla Biennale di Venezia del 1956, partecipĆ² alle piĆ¹ importanti

rassegne internazionali d’arte contemporanea, a partire da Documenta Kassel e

continuĆ² a realizzare bellissimi lavori, cercando sempre piĆ¹ di sganciarsi da richiami

realistici e praticando un’arte autonoma che affermasse la sua ricerca sul segno e,

soprattutto, sul colore.

AFRO 1950-1970 DALL’AMERICA E RITORNO

CA’ PESARO GALLERIA INTERNAZIONALE D’ARTE MODERNA


FINO AL 23/10/22 MA/DO 10/18 CHIUSO LU

BIGLIETTO INTERO 14 EUR, RIDOTTO 11,50. CONVIENE ACQUISTARE BIGLIETTO

CUMULATIVO PER TUTTI I MUSEI CIVICI, MOLTO INTERESSANTI. CHIEDERE ALLA

CASSA

FRANCESCA LEONE

Vicino a Ca’ Pesaro, percorrendo Calle de La Regina, al 2258 si incontra uno spazio

rinnovato e molto bello, detto Salone Verde, che ospita la mostra “Take your time”,

della romana Francesca Leone (1964), curata da Danilo Eccher. La Leone utilizza

come materia del suo lavoro il ferro e le lamiere, cercando quelle dove la ruggine ha

maggiormente lasciato il segno del tempo, anche rivestendole di pigmenti o usando

acidi per accentuarne l’ossidazione. Lavora questa materia apparentemente pesante

e sgradevole ricavandone giganteschi fiori, stalattiti e stalagmiti, lenzuola. CosƬ

facendo, da un lato li riscatta e attribuisce loro bellezza, dall’altro ci fa riflettere sul

tempo, quello lungo della trasformazione della materia a confronto con quello breve

e transeunte della nostra umana esistenza. Questa sensazione di precarietĆ  si

riscontra nella installazione in una sala in cui la Leone ha inserito, in alto, una griglia,

come quelle che si trovano a volte nei marciapiedi per proteggere spazi sotterranei,

e che diventano ricettacolo di polvere, cicche di sigarette, carte e altri rifiuti. Il fatto

di osservarla da un punto di vista opposto a quello abituale, cioĆØ dal basso all’alto, ci

costringe ancora una volta a soffermarci piĆ¹ a lungo, e a considerare la precarietĆ 

delle cose. Lo spazio piĆ¹ coinvolgente della mostra ĆØ quello che ospita un labirinto.

Si entra al buio e, in realtĆ , si compie un percorso obbligato tra la lamiera che porta

inevitabilmente al centro della installazione, su cui piove dall’alto la luce esterna.

Quindi un percorso dal buio alla luce, che ricorda un po’ certi lavori di Lucio Fontana,

che ci lascia un senso di maggior speranza.

FRANCESCA LEONE: “TAKE YOUR TIME”.

SALONE VERDE – SESTIERE SANTA CROCE 2258 CALLE DE LA REGINA

FINO AL 25/9: MA/DO 11/19

FINO AL 27/11: MA/DO 10/18 INGRESSO LIBERO


UGO RONDINONE

Passando da Campo San Giacomo dall’Orio, si raggiunge la Chiesa di San

Giovanni Evangelista che ospita tre installazioni dell’artista svizzero Ugo

Rondinone (1964). Si intitola “Burn, Shine, Fly”, e fa riferimento a una


raccolta del poeta americano John Giorno: “You got to burn to shine”.

Giorno ha partecipato alla beat generation e alle avanguardie americane

degli anni ’60, ed ĆØ morto nel 2019, molto rimpianto. Rondinone gli aveva

giĆ  reso omaggio in una mostra a Parigi e ora lo rinnova in questi spazi

evocativi. La prima opera si incontra all’aperto, nel cortile che divide la

chiesa dalla Scuola Grande, che la fiancheggia. Si intitola “The Sun”, ed ĆØ

un cerchio del diametro di cinque metri, fatto di rami di albero dorati e

incrociati, tanto che potrebbe anche ricordare una corona di spine. L’oro

e il titolo manifestano il contenuto spirituale del lavoro, che si conferma

con l’installazione piĆ¹ spettacolare, all’interno della chiesa: sette corpi

umani, calchi di quelli di danzatori, si librano nell’aria, dipinti come un

cielo azzurro con bianche nuvole. L’azzurro, come l’oro, ĆØ colore

spirituale, i corpi potrebbero essere usciti da un affresco o telero o

scultura: ancora un richiamo al rapporto tra umano, natura, sacro. Nella

sala adiacente lo sguardo si rivolge al pavimento per osservare ottanta

candele in bronzo dipinto, che invitano, forse, a un momento di sosta e

meditazione.

UGO RONDINONE “BURN, SHINE, FLY”

CHIESA DI SAN GIOVANNI EVANGELISTA

SAN POLO 2454

FINO AL 17/9 ORE 11/18. INGRESSO LIBERO

ES SENZE

Dalla Chiesa di San Giovanni Evangelista si puĆ² tornare in direzione del

Canal Grande e raggiungere il bellissimo museo Centro studi del Tessuto,

del Costume e del Profumo di Palazzo Mocenigo. Oltre a scoprire le

delizie della collezione ĆØ possibile ora vedere una mostra in cui dodici

artisti contemporanei intervengono in dodici delle venti stanze per

rispondere a una domanda che ricorre in diverse mostre attualmente a

Venezia: quali sono i materiali dell’arte? Se altrove abbiamo visto che

anche il fuoco e il sangue possono esserlo, qui si mostra come anche il

profumo possa entrare e diventare centrale in un’opera, trasferendo


l’attenzione principale dal senso della vista a quello dell’olfatto. Venezia,

coi suoi mercanti, ha portato i profumi in Occidente ed ĆØ stata per un

periodo il piĆ¹ importante centro di produzione e diffusione, prima che la

Repubblica decadesse e la francese Grasse le strappasse il primato.

Palazzo Mocenigo ĆØ uno dei tanti splendidi palazzi nobiliari presenti in

cittĆ , alla quale fu donato dall’ultimo discendente della famiglia. Contiene

arredi, decorazioni, mobili, abiti e, in alcune stanze, documenta la storia e

la produzione dei profumi a Venezia. I dodici artisti convocati installano,

nella stanza prescelta, un lavoro fatto con il profumo che non ĆØ,

necessariamente, piacevole. Un maestro profumiere puĆ² riprodurre

anche odori sgradevoli, cosƬ, ad esempio, Luca Vitone, che giƠ alla

Biennale del 2013 aveva presentato un profumo che riproduceva l’odore

dell’Eternit, qualcosa di mortale e subdolo che aveva stroncato tante vite

inconsapevoli, ora fa un altro passo nella realizzazione di sculture

invisibili: presenta l’odore del potere, un’essenza che, a prima vista,

appare gradevole e, col passare del tempo, diventa sempre piĆ¹

stomachevole e insopportabile. Invece altri artisti associano il profumo

alla nostalgia dei ricordi infantili, Eva Marisaldi con una fotografia della

Certosa di Bologna, che per lei era un luogo fatato, il polacco Chorobski

con le porte smontate della sua abitazione di Varsavia, strofinate col

sapone che al tempo si usava per lavare i bambini. Paola Pivi propone un

divano in miniatura impregnato del prezioso profumo di rosa moceniga,

Mircea Cantor si chiede cosa resti di noi quando abbandoniamo un luogo,

e cosa di un artista quando il suo lavoro termina: forse un odore. Bruna

Esposito installa un gong che, con le sue vibrazioni, trasmette il profumo

dell’alloro posto sotto di esso. Altri presentano odori piĆ¹ sgradevoli,

l’acqua di Venezia, il sambuco mescolato alla polvere e al catrame. C’ĆØ

spazio anche per un manifesto del 1924 sulla flora futurista mentre, al

piano terreno, si possono annusare e riconoscere profumi fatti con i

principali ingredienti usati dai maestri profumieri. Una mostra insolita,

perturbante in un luogo magico.

ES SENZE


MUSEO DI PALAZZO MOCENIGO CENTRO STUDI DI STORIA DEL

TESSUTO, DEL COSTUME E DEL PROFUMO

SANTA CROCE 1992, VICINO ALLA CHIESA E FERMATA VAPORETTO SAN

STAE

TUTTI I GIORNI 10 – 18 CHIUSO LUNEDI’

BIGLIETTO INTERO 8 EUR RIDOTTO 5,50 (COME SCRITTO PER CA’

PESARO, CONSIGLIO UN BIGLIETTO CUMULATIVO A 18 EUR PER TUTTI I

MUSEI CIVICI VENEZIANI)

SAURO SASSI



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