AI WEIWEI A VENEZIA: LA COMMEDIA UMANA

 AI WEIWEI A VENEZIA: LA COMMEDIA UMANA



In questo periodo Venezia continua a offrire propri spazi prestigiosi per mostre di

artisti contemporanei. Se le Gallerie dell’Accademia ospitano l’anglo indiano Anish

Kapoor e il Palazzo Ducale il tedesco Anselm Kiefer, tocca alla splendida, palladiana

basilica di San Giorgio Maggiore, sull’isola di San Giorgio di fronte a San Marco,

essere il palcoscenico di uno spettacolare intervento del cinese Ai Weiwei. Per chi

non ci fosse mai stato, l’isola è uno dei luoghi più belli di Venezia e si trova di fianco

all’isola della Giudecca e, separata dal canale, davanti al Palazzo Ducale e a San

Marco. Vi sorse, prima dell’anno 1000, un monastero benedettino. La prima chiesa

venne ricostruita su progetto del Palladio, che realizzò anche il refettorio dei

monaci. La visita al refettorio, splendido, dà, l’idea della ricchezza e potenza dei

monaci. Basti pensare che una parete era occupata dal gigantesco capolavoro di

Paolo Veronese “Le Nozze di Cana”, che ora si trova al Louvre ed è sostituito da una

perfetta riproduzione fotografica delle stesse dimensioni. Tutti i luoghi dell’isola

sono gestiti dalla Fondazione Giorgio Cini che organizza, su prenotazione, visite

guidate al monastero, con lo Scalone del Longhena, il Chiostro del Palladio, il

Cenacolo, la Biblioteca e, all’esterno, il labirinto di siepe realizzato nel 2011 per

ricordare l’opera dello scrittore argentino Jorge Luis Borges. Non va trascurata una

salita al campanile, più bello di quello di San Marco, che offre una vista splendida di

Venezia e della laguna Due sale vicine, a fianco della chiesa, sono di solito adibite a

mostre di arte moderna. Compiendo poi un breve percorso in riva, fiancheggiando

numerose barche ormeggiate, si raggiunge uno spazio permanente dedicato

all’attività espositiva delle “Stanze del Vetro”, costituite ancora dalla Fondazione

Cini e altra associazione tedesca, che allestiscono mostre dedicate a questo

materiale, veneziano per eccellenza, e a quegli artisti e aziende e artigiani che

l’hanno utilizzato nelle loro realizzazioni. Attualmente è in corso una bellissima

mostra dedicata alla storica azienda Venini e alla sua produzione nel campo dei

sistemi di illuminazione, sia pubblici che privati con lampade progettate da maestri

come Carlo Scarpa e Giò Ponti. Tornando alla chiesa, i monaci benedettini l’hanno

sempre voluta aperta ad un confronto col mondo esterno, ospitando artisti che

affrontino, nel loro lavoro, temi legati all’attualità in un’ottica spirituale e di invito

alla riflessione e al dialogo. Così nel 2011 Anish Kapoor realizzò uno dei lavori più

suggestivi, intitolato “Ascension”: una colonna di vapore che dal pavimento


raggiungeva la sommità della cupola, un’opera immateriale e fortemente spirituale.

Ricordo anche, tra le altre, l’installazione di Michelangelo Pistoletto che, sempre al

centro della cupola, creava un cerchio di specchi sospesi, all’interno del quale il

visitatore poteva vedere sé stesso e gli altri come comunità che si allarghi al mondo

intero. Ora la chiesa ospita l’artista cinese Ai Weiwei con una installazione

impressionante, intitolata “La Commedia Umana – Memento Mori”. Solitamente al

nome di Ai Weiwei viene affiancato, alla definizione di artista, quella di attivista,

ricordando le sue lotte contro il regime cinese, che gli sono costate il carcere, danni

fisici da percosse e periodi in cui è stato sottoposto a opprimenti forme di

sorveglianza che hanno lasciato un segno duraturo nella sua opera, a partire dalle

videocamere che, riprodotte in vari materiali, sono una presenza frequente.

L’artista, nato nel 1957 è figlio di un famoso poeta che fu perseguitato ed esiliato dal

regime dal 1958 (quando fu definito “criminale” e inviato in un villaggio a pulire le

latrine) fino alla riabilitazione del 1976. Ai Weiwei si trasferì, nel 1981, negli Stati

Uniti, entrando in contatto con la grande arte moderna occidentale. In particolare

influirono sulla sua formazione Duchamp, con l’idea che l’arte è innanzitutto un

prodotto mentale e che tutti i materiali potevano essere utilizzati, a partire dagli

oggetti di uso comune che, prelevati dal contesto originario, potevano essere

trasformati in opere, mettendo anche in discussione, in modo dissacrante, l’arte del

passato (i baffi alla Gioconda); Warhol, da cui ricavò i concetti di serialità, di uso e

manipolazione dell’immagine e anche un atteggiamento narcisistico della presenza e

presentazione dell’artista come un’icona; e anche un poeta come Allen Ginsberg.

Questa formazione culturale internazionale ha differenziato Ai Weiwei dai suoi

contemporanei cinesi, ancora molto legati alla tradizione anche quando realizzavano

lavori critici verso il regime, magari ribaltandone le stesse modalità comunicative.

Della tradizione cinese l’artista ha mantenuto l’attenzione all’alto artigianato, come

nella lavorazione del legno per la produzione di mobili o della porcellana (ricoprì la

gigantesca Turbine Hall alla Tate Modern di Londra con cento milioni di semi di

girasole realizzati da migliaia di artigiani di una zona particolare che in passato

produceva manufatti per la corte imperiale). Questa attenzione verso l’alto

artigianato lo ha portato a rivolgersi ai maestri del vetro dello Studio Berengo di

Murano, per la realizzazione di diversi lavori che sono culminati nell’opera enorme,

sospesa, che ora si trova sotto la cupola della chiesa di San Giorgio. Si intitola “La

Commedia Umana. Memento Mori”, ricorda un lampadario, alta 9 metri, larga 6, del

peso di 2700 chilogrammi, composta dall’assemblaggio di oltre 2000 pezzi di vetro

nero che riproducono per lo più scheletri, ma anche organi umani (forse in

riferimento a un altro artista cinese, Chen Zen, cui penso Ai Weiwei abbia guardato),

simboli del mondo delle comunicazioni, le onnipresenti videocamere. Tutti questi

elementi sembrano avere un movimento ascensionale, verso la luce che scende

dalla cupola e, nonostante l’apparenza, portano, secondo l’artista, a una speranza di

vita. Ai Weiwei non è certo un fatalista, si è battuto per i diritti umani e contro la

censura e la corruzione in Cina, ha sostenuto con le sue opere, compreso un film del

2017, “Human flow”, i migranti, il loro diritto a cercare una vita migliore senza

essere perseguitati; in quest’opera, dal titolo balzachiano, che però richiama anche

la meditazione religiosa sul carattere effimero della vita terrena, c’è un forte senso

vitale, dato dalla dinamicità, dal moto verso la luce, quasi un vento che travolge ma

unisce e solleva. Non si può poi non restare ammirati dall’imponenza

dell’installazione (la più grande in vetro sospeso mai realizzata), dalla incredibile

bravura degli artigiani di Murano, dalla suggestione della collocazione in questo

spazio sacro. Sono presenti anche altre opere, sia nella chiesa dove, in particolare,

gli stalli del coro sono occupati da caschi da operai, pure in vetro colorato, che

sembrano rivendicare un’attenzione verso i lavoratori e il loro ruolo nella società

odierna, sia in spazi collegati. L’opera “Roots” è una grande scultura in ferro che

riproduce sette radici di un antico albero del Brasile, recuperate in una zona di

deforestazione e assemblate. Riprendendo una poesia del padre, l’artista immagina

che gli alberi comunichino attraverso le radici e quindi la scultura è ancora un

simbolo dell’unicità della natura violentata dagli uomini. Tra le opere ospitate in

altre stanze spiccano quelle che Ai Weiwei ha realizzato con un materiale assai

particolare: i mattoncini Lego, nella cui utilizzazione riaffiorano le influenze di

Warhol, che riproduceva immagini con lo strumento più semplice, la Polaroid, e di

Duchamp, anche per gli intenti dissacranti, nella riproduzione di famose opere d’arte

come l’Urlo di Munch, “Una domenica pomeriggio sull’isola della Grande Jatte” di

Seraut, fino alla “Venere dormiente” di Giorgione. A prima vista stupisce la

possibilità di realizzare qualsiasi immagine con questi mattoncini, poi si vede che in

realtà l’artista ha inserito elementi estranei che modificano il ricordo che noi

abbiamo di queste icone, come una gruccia appendiabiti vicina alla Venere stessa.

Col Lego ha anche riprodotto sue fotografie, come un autoscatto realizzato durante

uno dei suoi fermi da parte della polizia cinese o tre scatti in cui lascia cadere,

distruggendola, un’antica urna cineraria Han (gesto duchampiano). Uscendo dalla

chiesa, l’edificio subito a fianco, nelle ampie sale Carnelutti e Piccolo Teatro ospita

attualmente una continuazione della mostra “Venini luce”. Sono due grandi

installazioni sospese in vetro, il Velario che sovrastava il cortile interno di palazzo

Grassi fino al 1985 e la ricostruzione di un enorme lampadario a poliedri policromi

progettato da Carlo Scarpa per l’esposizione “Torino Italia 61”. Si possono così anche

confrontare queste due realizzazioni con la scultura in vetro sospeso di Ai Weiwei.

Insomma, vale la pena visitare l’isola di San Giorgio, però va detto che ACTV, il

servizio trasporto del comune di Venezia, ha portato il prezzo di un biglietto sul

vaporetto, che ovviamente è indispensabile per raggiungere isole come questa o la

Giudecca a 9,50 euro per una corsa fino a 75 minuti. Un prezzo assolutamente

esoso, senza altri commenti.

SAURO SASSI


AI WEIWEI: “LA COMMEDIA UMANA – MEMENTO MORI”

VENEZIA CHIESA DI SAN GIORGIO MAGGIORE ALL’ISOLA DI SAN GIORGIO

FINO AL 27/11/2022

APERTO TUTTI I GIORNI DALLE 10 ALLE 18 CHIUSO IL MARTEDI’

INGRESSO LIBERO

“VENINI LUCE”. LE STANZE DEL VETRO ALL’ISOLA DI SAN GIORGIO

FINO AL 8/1/2023

ISOLA DI SAN GIORGIO MAGGIORE

APERTO TUTTI I GIORNI DALLE 10 ALLE 19 CHIUSO IL MERCOLEDI’

INGRESSO LIBERO

PER ARRIVARE: VAPORETTO LINEA 2 DALLA STAZIONE O DA SAN MARCO SAN

ZACCARIA 



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