UZBEKISTAN: NEL DESERTO ALLA RICERCA DELLE AVANGUARDIE ARTISTICHE DEL NOVECENTO

 UZBEKISTAN: NEL DESERTO ALLA RICERCA DELLE AVANGUARDIE

ARTISTICHE DEL NOVECENTO




Una delle mostre collaterali alla Biennale Arte più interessanti e sorprendenti

si tiene presso la sede espositiva dell’Università Ca’ Foscari di Venezia e si

intitola “Uzbekistan, l’Avanguardia nel deserto. La forma e il simbolo”.

Racconta una delle tante storie dell’arte moderna, sconosciute perché si

svolgono in luoghi che sono al di fuori di quelli canonici (l’Europa, gli Usa). Si

svolge in una regione che si chiama Karakalpakstan, che fa parte

dell’Uzbekistan, il cui capoluogo si chiama Nukus, in località desertica a

un’ora e mezza di aereo dalla capitale Tashkent. Qui giunse Igor Savickij,

nato a Kiev nel 1915, di agiata famiglia. La sua giovanile vita serena fu

interrotta dalla Rivoluzione russa: il padre venne arrestato e giustiziato dai

bolscevichi. Quel che restava della famiglia si trasferì a Mosca, dove Igor, per

dimostrare la sua proletarizzazione, frequentò una scuola da elettricista.

Riuscì però a iscriversi a un istituto d’arte, riparò a Samarcanda durante la

guerra e, nel 1950, partì per Nukus al seguito di una spedizione archeologica

che doveva studiare l’antica civiltà della Corasmia, che si era sviluppata in

prossimità del lago di Aral, tra gli attuali Kazakistan, Turkmenistan e

Uzbekistan, e fu devastata dai mongoli. Il suo compito era di documentare

quei luoghi con la pittura. Se ne innamorò e cominciò a esplorarli alla ricerca

di prodotti artigianali, di cui erano ricchi per qualità e varietà: ricami, tappeti,

oggetti in legno e in bronzo. Dopo otto anni, terminata la missione, Savickij

decise di restare a Nukus, lavorando presso il museo geografico. Cominciò

ad approfondire la produzione artistica locale. Anche in Karakalpakstan erano

giunti gli echi della pittura impressionista, di Cézanne, delle Avanguardie, in

particolare quelle russe, a partire da Kandinskij, di cui alcune opere sono in

mostra, assieme a quadri, tra gli altri, di Varvara Stepanova, Ljubov Popova,

Olga Rozanova, Aleksandr Rodcenko; tutte, a vario titolo, di impronta

astrattista. Gli artisti locali, negli anni ‘30’, avevano mescolato queste

suggestioni avanguardiste con le produzioni tradizionali artigianali, soprattutto

tessili, in cui prevaleva lo stile decorativo di matrice islamica (anch’esse

documentate in mostra). Il risultato fu la creazione di uno stile definito

“Orientalis”, in cui si mescolavano astrazione e figurazione, realismo e

surrealismo: la “Forma” delle avanguardie astrattiste e il simbolismo della

tradizione culturale locale. Si documenta anche un Gruppo, chiamato

“Amaravella”, che riprendeva teorie mistiche, legate alle idee di Kandinskij,

alla teosofia, alla filosofia cosmista. Rifuggivano il realismo, cercavano,

attraverso l’arte, di rappresentare un universo armonico, in cui l’umanità

ritrovasse una ancestrale unità con la natura. Sostenevano che la percezione

dell’opera non dovesse avvenire attraverso la ragione ma col sentimento e

l’empatia interiore; idee che circolavano in Russia e nell’Europa del nord,

dall’Olanda di Mondrian alla Svizzera del Monte Verità alla Lituania del pittore

Ciurlionis (che meriterebbe una rivalutazione). In generale, tutti questi artisti

rifuggivano il “realismo socialista” che Stalin voleva imporre. Furono quindi

spesso perseguitati, internati nei gulag o nei manicomi. Le loro opere degli

anni ’30 erano state distrutte ma molte nascoste da familiari e amici. Savickij

riuscì ad averle, guadagnandosi la fiducia di molti, e a esporle nel suo museo,

contando sul fatto che Nukus era una località sperduta, raramente visitata dai

funzionari del regime. Inoltre, veniva nascosto il nome degli autori, si

cambiavano i titoli. La rappresentazione del gulag dove un artista era stato

internato diventava, ad esempio: “scene immaginarie della vita quotidiana in

un campo di concentramento nazista”. Savickij raccolse, tra dipinti, costumi e

altri lavori artigianali, oltre 100.000 pezzi, facendo del museo di questo luogo

sperduto il cosiddetto “Louvre del deserto”, meta di tanti appassionati d’arte.

La mostra a Ca’ Foscari Esposizioni raccoglie circa centocinquanta opere, tra

pittura delle avanguardie russe (due splendidi oli e due disegni di Kandinskij,

tra gli altri), lavori spesso sorprendentemente belli di artisti locali degli anni

‘30, artigianato, in particolare tessile, provenienti, oltre che da quello di

Nukus, dal museo statale della capitale dell’Uzbekistan Tashkent.

Ricostruisce una storia affascinante di salvataggio di opere d’arte e di un

uomo, Igor Savickij che agendo nell’ombra, sconosciuto ai più, ha contribuito

a rendere il mondo un po’ più interessante e l’umanità un po’ migliore.

SAURO SASSI


UZBEKISTAN: L’AVANGUARDIA NEL DESERTO. LA FORMA E IL

SIMBOLO

CA’ FOSCARI ESPOSIZIONI. DORSODURO 3246

ORARI: MARTEDI’-DOMENICA 10-18. LUNEDI’ CHIUSO

FINO AL 29/09/2024. ENTRATA LIBERA.


SI TROVA PRESSO LA SEDE DELL’UNIVERSITA’ CA’ FOSCARI, NEI

PRESSI DI CAMPO SANTA MARGHERITA, VICINO A CA’

REZZONICO, MUSEO DEL ‘700 VENEZIANO.




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