Sauro Sassi
LA MADONNA SISTINA E LE MAMME PALESTINESI
immagini dal web
Non sono particolarmente cultore di Raffaello ma mi ha sempre commosso l'immagine della "Madonna Sistina", che ho visto in un catalogo della Gemaldegalerie di Dresda, dove si trova da quando i monaci benedettini della chiesa di San Sisto a Piacenza, per problemi economici, la dovettero vendere all'elettore di Sassonia.
Non mi interessano i putti, o angioletti, o cherubini che occupano la parte bassa della tela e che, isolati e variamente riprodotti, sono divenuti paradossalmente un'icona della modernità kitch, a decorare oggetti di tutti i tipi, quasi come il David di Michelangelo. Non mi interessano nemmeno tanto i due santi ai lati della tela, pure dipinti splendidamente.
La cosa che mi turba è l'immagine della Madonna e del Bambino, che sono al centro, nella parte superiore della tela. Lei è bellissima, scalza, con un abito semplice gonfiato dal vento e cammina su un tappeto di nubi verso noi, reggendo il bambino. Sia lei che il bambino ci guardano direttamente, non sono i due santi che la introducono indicandola al vedente, come avviene solitamente. Ciò che mi colpisce è la serietà, la gravità dello sguardo che nel bambino, che ha un viso quasi adulto, appare ancor più triste. Recentemente ho letto uno splendido racconto dello scrittore russo Vasilij Grossman che mi ha fatto capire. Lui, di famiglia ebraica, era stato corrispondente di guerra al seguito delle truppe sovietiche, aveva assistito a molte battaglie, tra cui quella di Stalingrado ed aveva assistito alla liberazione del campo di concentramento di Treblinka. La tela di Raffaello era stata requisita dai sovietici ai nazisti e portata a Mosca.
Nel 1955 fu deciso di restituirla all'alleato della Repubblica Democratica Tedesca, ma prima venne esposta per novanta giorni al museo Puskin e fu lì che Grossman la vide e la definì "immortale", l'unica opera dell'uomo che non morirà mai, finché l'uomo avrà vita. La sua bellezza, scrive, è universale, la Madonna rappresenta la bellezza dell'umano, della vita, al di là delle razze, delle religioni. Nei loro volti la consapevolezza del Golgota ma non paura, solo tristezza, gravità, cognizione del distacco. "Ciò che nell'uomo vi è di umano ha continuato ad esistere su tutte le croci in cui è stato inchiodato e in tutte le prigioni in cui è stato torturato ... La Madonna con suo figlio è ciò che di umano resiste nell'uomo e sta in questo la sua immortalità..." Nella seconda parte del racconto Grossman, uscito dal museo, comprende cosa questa Madonna gli rammenta: Treblinka, gli oggetti abbandonati, i capelli mescolati alla terra. La Madonna accompagna il figlio verso la camera a gas: "La Madonna guarda il volto di suo figlio appena nato e intanto sente lo schianto di vetri infranti, le sirene ululanti, ... centinaia di migliaia di esseri umani costruiscono muri, tendono filo spinato, erigono baracche. In uffici silenziosi si progettano camere a gas, i veicoli della morte, i forni crematori...La Madonna entra coi suoi piedi nudi e leggeri nella camera a gas, tenendo suo figlio in braccio sulla terra tremante di Treblinka...
L'ho vista anche nel 1930 alla stazione di Konotop, si era avvicinata al vagone di un rapido, terrea per le sofferenze, e, alzando i suoi occhi meravigliosi, senza parlare e muovendo appena le labbra aveva detto "Pane". Poi altre parole struggenti, tra la disperazione dell'orrore e la speranza che la vita, rappresentata dalla Madre, sconfigga la morte. Finisce chiedendosi cosa diranno gli uomini dell'epoca del nazismo davanti al tribunale del futuro. "Non abbiamo alcuna giustificazione. Diremo che non c'è mai stato un tempo duro come il nostro, ma che non abbiamo lasciato che morisse l'umano che dimora nell'uomo". Ora noi, oggi, di fronte alle madri di Gaza e ai sacchetti che contengono ciò che resta dei loro bambini, riusciremo a tanto? Cosa dirà di noi il tribunale della storia?


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