Invito alla vera indignazione

di Giusi D'Urso

Per lo Zingarelli indignazione è sdegno, vivo risentimento, ed è una parola a tutti nota, in quanto in quest’epoca così strana e colma di contraddizioni, indignarsi sembra essere diventato di moda. Così, allenata dalla politica e dalla cronaca che quotidianamente e ampiamente la fomentano, la nostra indignazione si è trasformata in una sorta di “abituale” e “fisiologico” sdegno. Così abituale da non fare più notizia, da non pesare più nulla o quasi. Di conseguenza, in questa condizione, indignarsi non sortisce alcun effetto, non ha il suono ironico e sottile della critica, né il sapore salato della ribellione.
Questo mio intervento pre-natalizio vuole essere una provocazione, o meglio, un invito alla vera, reale, concreta e sentita indignazione per le piccole ingiustizie e nefandezze quotidiane che, spesso, ci fanno solo storcere la bocca, o, come dicevo prima, “indignare” superficialmente, solo per l’abitudine a dire che “così non va”!
Non è forse motivo di indignazione vera una nota pubblicità della bevanda superedulcorata più venduta al mondo, in mano ad un rassicurante e bonario Babbo Natale? O ancora, l’arrivo nei supermercati di tutto il Paese, di minuscoli e variopinti vasetti della crema al cioccolato più grassa e meno equo-solidale d’Italia, da appendere allegramente al nostro albero di Natale? Insomma, l’industria alimentare è riuscita a contaminare perfino le tradizioni più profonde e care; perfino i simboli più puliti e sinceri della festa per eccellenza!
Ecco. Indignamoci veramente, almeno per una volta. Di più, arrabbiamoci. Per questo e, già che ci siamo, anche per i gadget annessi a biscotti e merendine, per la frutta estiva distribuita nelle scuole a dicembre, per i falsi panettoni di certe grandi distribuzioni.
Ci si chiederà quale sia, allora, la forma più adeguata di una vera indignazione. Ebbene, la risposta è molto più semplice di quanto possiate immaginare; molto meno rumorosa di una protesta in piazza, molto più efficace di una lettera ai giornali. Basterebbe non acquistare. Esattamente. Proprio così!
Pensateci: non compro la bottiglia scura con le bollicine, nemmeno se la consiglia Babbo Natale. No, non la compro più e così nemmeno la mia vicina, e neppure la mia collega. Non la compra più un intero quartiere, anzi un’intera città. Meglio ancora, non la compra più l’intera regione e forse anche in qualche altra parte del Paese gli assidui consumatori di cola cominciano a tentennare. Fino a quando il consumo del prodotto cala e, così, anche i proventi che derivano dalla sua vendita. Questo si chiamerebbe “acquisto consapevole” e sarebbe una vera indignazione che sposta, finalmente, l’ago della bilancia!
Ora, so bene quanto questo possa sembrare utopico, ma pensate a cosa è riuscita a fare la corsa dei consumatori ai prodotti “light”, o ai prodotti integrali, o a quelli senza coloranti e senza conservanti.
Ogni nostra scelta alimentare si traduce in un acquisto, che influenza le scelte di marketing e produzione. Perché la scelta consapevole si trasformi in acquisto consapevole è necessario conoscere, sapere, capire e valutare. Quindi no alla spesa per abitudine e memoria visiva delle marche e delle reclam; basta con il condizionamento subito dagli slogan e con l’omologazione delle scelte alimentari. Una lista della spesa non è un semplice elenco: stilandola decidiamo se consumare prodotti sani o meno, sostenibili o meno; e ancora, scegliamo di sostenere produttori locali o le multinazionali. Vi pare poco?
Quindi, quest’anno, facciamo la spesa natalizia con la testa e con quel briciolo di sana, vera indignazione che fa la differenza!



3 Commenti

  1. sono totalmente d'accordo e mi chiedo perché sembri non funzionare l'appello al piccolo grande gesto. Forse perché nella società della visibilità mediatica ci aspetteremmo di veder fallire la grande ditta un mese dopo che noi abbiamo smesso di consumarne il prodotto? FOrse avremmo bisogno di un feedback di rinforzo più forte, rassicurante: correre soli è difficile e se non si vede il gruppo, perché grande ma disperso, si rallenta tutti. e mi interrogo sulle analogie con il voto elettorale, gesto altrettanto "insignificante" ma caricato invece di grande valore. O forse semplicemente non è vero che non funziona e per dimostrare che funziona non c'è che una cosa: la nostra personale azione (o non azione).

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  2. Io credo che funzionerà: si sta muovendo qualcosa, ne sono certa. Dobbiamo solo crederci e diffondere le basi per una cultura del fare, senza aspettare che qualcuno faccia per noi. La gente deve riscoprire di poter essere artefice di scelte "grandi", facendo le proprie "piccole" scelte. Grazie, Giuseppe!

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  3. "per il trionfo del male basta che i buoni non facciano nulla"

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