La stagione matematico-surrealista

di Antonella Musiello

Quando la tecnica esatta incontra l’Arte figurativa si dà vita ad una grande figura, quella dell’artista e matematico olandese, Escher.
“Escher. L’arte del puzzle e il puzzle dell’arte”, una mostra interessante che ha luogo all’auditorium Parco della Musica a Roma in viale Pietro de Couberin, aperta al pubblico fino al 1 maggio 2008. E’ straordinaria la tecnica e lo stile di Escher che si diverte a dare l’illusione dello spazio fra concavo e convesso, fra pieno e vuoto.
Sono esposte 66 opere tra xilografie, disegni, acquerelli, presentate in Europa per la prima volta. Il gioco di arti contrapposte è evidente in questa mostra soprattutto perché c’è un connubio fra l’espressività estetica indefinibile e l’incontestabile precisione della matematica, della fisica e della geometria. Per questo la mostra è stata esposta in occasione del festival della matematica. E’ tangibile ad un occhio attento l’innovativo stravolgimento delle leggi della geometria che regalano la capacità di estraniarsi, entrare direttamente ed interamente nel quadro e vagare insieme a personaggi medievali o attraversare scale impercorribili.

Come per magia ci si dimentica del tempo grigio, del temporale fuori e si entra dentro ad interpretazioni variegate e a mondi paralleli. L’illusione dell’animazione di personaggi dei quadri non è così irreale di quanto si creda, in quanto l’idea viene resa esemplare nelle videoproiezioni animate e roteanti dei quadri di Escher.
L’intera Euoropa pullula di simili figure geniali, in particolar modo nell’arte del Novecento. Un esempio è la formazione eclettica di due surealisti quali Dalì e Mirò, entrambi legati alle forme stravaganti e sempre nuove della Spagna.
Salvador Dalì si distingue sicuramente per il suo carattere forte e deciso, manifestando le sue visioni mistiche e le sue elucubrazioni sessuali. Le immagini “molli” persistenti di Dalì si pongono paradossalmente in relazione alla “durezza” delle geometrizzazioni di Escher. “La persistenza della memoria” quadro celebre di Dalì evidenzia l’idea che il tempo scorre, ma permane anche nella sua forma ormai logorata.

Tale idea è evidente anche nelle “lacerazioni” spaziali di Escher. In comune hanno l’impossibilità dell’esatta misurazione del tempo e dello spazio.
E’ direttamente proporzionale l’attività surrealista di Joan Mirò. E’ in mostra fino al 25 maggio 2008 presso la Reale Accademia di Spagna a piazza di San Pietro in Montorio, 3 a Roma. La mostra è intitolata “Galleria de Antiretrattos”, deve la sua organizzazione all’anniversario dei 135 anni di attività a Roma della Reale Accademia di Spagna e comprende 26 pitture, acquetine e acqueforti insieme a 4 sculture bronzee. Macchie di colore acceso e disegni di figure filiformi e deformi. Un esempio è “il Matador” oppure “l’Impiccato” dove Mirò utilizza segni molto elementari e pennellate buttate come se la tela fosse un tiro a segno. Una galleria che fonde figure antropomorfe con le stelle e i mondi celesti, affrontando il tema che sta a cuore Mirò, quello del legame arcaico con la terra e la mitologia mediterranea.

Il surrealismo del resto è andare sopra un realismo e ad una forma ordinata di guardare forme e figure. Il breve passaggio fra rossi, gialli, blu, disegna automaticamente una bell’immagine nella propria mente, come l’illusione di vivere in un sogno inarticolato e non-sense. Di colpo ci si trova catapultati fuori, nella realtà, che continua il filo conduttore delle belle immagini, quelle concrete e panoramiche del Gianicolo.
Respirare Roma dall’alto è come respirare l’innovazione dell’Arte conservatrice e intramontabile.

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