la parola e il silenzio

di Patrizia Lùperi
(ovvero la ragazza che giocava con il fuoco...)

I post aumentano, le parole anche,
circolano emozioni e suoni nella nostra rubrica
ma oggi diamo di nuovo spazio a Edda Conte

La parola è un amico / un nemico / un compagno di viaggio. / La parola è un aratro / per dissodare la zolla / dei nostri contrasti / è un gioco / per riempire il vuoto / dei nostri silenzi / un elastico / per fare nostre / le ragioni degli altri. /

Parliamo, dunque, parliamo per comunicare e scambiarci i pensieri in questa “terza stanza”.
Parliamo ascoltando i nostri silenzi, che ci permettono di captare i pensieri in tutta la loro interezza, di seguire tutti i movimenti dell’anima: della gioia, del dolore… le capriole della fantasia, la danza dei sogni, il grido di aiuto e persino gli spropositi all’indirizzo di un’ingiustizia.

Con le parole del silenzio costruiremo un ponte sul fiume della vita per poterla attraversare senza rischi di annegamento.Teniamoci virtualmente per mano per costituire una forza. Messaggio ideale, questo mio. D’accordo.

Perché io credo nell’ideale e combatto giorno dopo giorno per non sprofondare nelle sabbie mobili di un mondo che va perdendo la sua identità. E’ un messaggio che affido alla poesia, certo, perché si dice che proprio la poesia alimenti il benessere.

Il benessere? Quale benessere? Parliamone, e ascoltiamo le voci nate nel silenzio, confidando nella sincerità dell’anima. Concludo con alcuni versi dedicati alla speranza: il calice della speranza.

La luce s’incrina e si frange ma basta una scintilla per ricomporla in lampo.

16 Commenti

  1. sarà il caso di parlare di autostima?
    MESSAGGIO PER VALE E ARIANNA: guardate questo video e rilassatevi!

    http://www.slideshare.net/catepol/autostima-femminile-504028

    PATRIZIA

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  2. Non me la sento di parlare di autostima, Patrizia.
    Preferirei invece parlare di parole e silenzio: sono una gran chiacchierona ma odio le parole a vanvera usate tanto per colmare silenzi. Trovo insopportabile chi, in tu per tu, deve riempire, in preda ad un ottuso horror vacui, ogni piccolo spazio in cui l'altro riprende fiato o semplicemente pensa un attimo ad altro; come se immergersi per un attimo nell'intimità dei propri pensieri fosse sintomo di menefreghismo. Anzi! Il silenzio personalmente mi aiuta a concentrarmi. Non mi è mai riuscito studiare in biblioteca, figuriamoci in con la musica di sottofondo, come molte persone giurano di fare.Forse ho il pensiero ad una sola dimensione, sarò poco versatile, ma almeno riesco ad ascoltare profondamente chi mi parla. Avete mai notato che la gente ha smania di straparlare ma non ascolta? Io ho conosciuto molte persone così, per me non c'è niente di più irritante e spia di totale disinteresse verso L'Altro.
    Forse sto andando fuori tema.
    Sto parlando di silenzio interiore. Quei rari a volte unici momenti in cui si riesce a far pulizia dentro noi stessi, a pensare per pure immagini e puri colori al modo in cui si crede sognino i neonati.
    Ariel

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  3. Trovo affascinante pensare che ci siano altre persone che come me pensano al silenzio come ascolto della propria interiorità e non come un vuoto da dover assolutamente riempire.Brava Ariel,continua ad ascoltare la tua anima e ad ascoltare empaticamente gli altri.Yammy

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  4. per Ariel.

    Tutto questo
    non potrà mai essere scritto...
    è già stampato nel libro delle stelle.

    Gimà

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  6. Un silenzio prezioso è quello del sonno dei bimbi, interrotto solo da qualche respiro un po' più profondo. Guardarli e assorbire quel loro delicato e magico silenzio vuol dire fermarsi a pensare cose liete e riempirsi il cuore di doloci segreti.
    Ci sono parole, poi, che non disturbano il silenzio, di qualsiasi natura esso sia. Sono le parole che dai sussurri volano all'orecchio e che rubano al respiro istanti di meraviglia. Non è così difficile sentirle: un grazie inatteso, un saluto che sbuca da un sorriso. Oppure le parole di una bella canzone... soffiate a memoria per rendere più leggera la giornata.
    Io credo che tutto questo però abbia in qualche modo a che fare con l'autostima. Chi sa ascolatare e capire silenzi e parole ha l'attitudine all'accoglienza dell'altro. Questa alberga solo in chi è certo di poterla ospitare. Cosa ne pensate?
    Giusi

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  8. E se ascoltassimo il suono del silenzio? Simon e Garfunkel insegnano.

    Alex

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  9. Il silenzio per capire, per avere il tempo di riflettere e per "ascoltare" con il cuore. Certo, ma anche per trovare parole nuove che dal silenzio nascono spontanee. Il suono del silenzio è produttivo, non vi pare?
    giusi

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  10. ho visto GIPI alle invasioni barnariche e da quel giorno penso a lui, ai suoi silenzi, al suo essere pisano, alla sua dimensione di disegnatore internazionale...
    ma il suo libro LMVCM (La mia vita cominciata male) è esaurito e quindi lo rincorro (il Gianfelice Pacinotti) nel suo blog e non capisco come vivevo prima di conoscerlo, mi sento povera per averlo incontrato solo venerdì scorso
    chissà che ne penserebbe della nostra stanza...
    patrizia

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  11. Nel nostro mondo di immagini che corre veloce, nel nostro mondo di occhi e colori, mi piace leggere qualcosa che "spezzi una lancia" in favore della parola, dell'Effatà. La parola che crea dal nulla, senza bisogno di tastiere e occhi, con il solo suono, mondi immaginari e ricordi reali.
    La parola capace di materializzare persone care, luoghi e favole da raccontare la sera ai bambini, ad occhi chiusi.
    Grazie per questi stimolanti suggerimenti che troviamo in questa "terza stanza", una specie di soffitta dello spirito, di canovaccio fertile di riflessioni.
    Raffaella

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  12. Gipi è forte, per di più è pisano!
    Però io non apprezzo l'arte fumettistica-
    Volevo sapere se a voi fa meglio all'anima il libro, la musica o un film.
    I miei più bei ricordi di un paio di autunni fa' sono nottate con mio fratello in sala a guardare film lunghissimi, a volte francesi, a volte persino norvegesi, taaiwanesi e giapponesi (spesso sottotitolati!). Con lui, cultore di buon cinema da bravo aspirante regista qual'è, in religioso silenzio seduti composti sul vecchio divano di sala, a orari improponibili (quando si rincasava da un'uscita o andavano via gli amici, o semplicemente entrambi insonni e nervosi in vista di un esame all'università. Allora evviva le patatine mangiate dai sacchetti, la cocacola a notte fonda, gli occhi rossi e la stanchezza.
    Viva le ore preziosamente impiegate a saziarmi gli occhi e il cuore con meravigliosi film.
    Grazie, fratello minore, di aver condiviso con me momenti di totale contemplazione estetica e profonda del prodotto di un Lynch, o di un giovane Roman Polanski,o di Tsai Ming- Liang come "The hole". L'Oriente è veramente affascinante per quanto e in quanto assai diverso da quello occidentale, il film èrealistico all'eccesso.
    Lo consiglio a tutti gli amanti del buon cinema.
    Arrivederci a tutti gli abitanti la Terza Stanza

    Ariel

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  13. Ho vissuto le stesse esperienze leggendo i libri. Notti intere ad ingoiare parole scritte. Il bianco della pagina a contrasto con l'inchiostro mi faceva lacrimare gli ochi, ma era più forte di me, non riuscivo a smettere. E a volte l'alba mi sorprendeva ancora insonne, attaccata alle ultime pagine di un libro che avrei finito prima della sveglia.
    Non posso ringraziare né mio fratello né mia sorella, purtroppo. Entrambi non condividevano la mia passione e si lamentavano del fatto che tenevo la luce accesa in camera (mia sorella), o che mi alzavo per fare pipì svegliandoli con il rumore delle mie ciabatte!
    Mi piacerebbe amare il cinema ed imparare ad apprezzarlo. Grazie per il consiglio, Ariel.
    Alla prossima!
    Giusi

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  14. Sono cresiuta in solitudine, estrema e durissima solitudine ma avevo i miei libri e i film di Truffaut, lo scrittore del cinema, che ha affermato tra le altre cose: siamo ciò che facciamo a partire da ciò che gli altri hanno fatto di noi. Anche Sartre la pensava così.
    E' morto nel 1984, aveva esattamente la mia età attuale e ha lasciato un vuoto lancinamente.
    Come Ema anch'io andavo a vedere i suoi 400 colpi, la sua camera verde, il suo effetto notte, nel cineclub della via Pisana, dove ognuno pensava di esere in assoluto l'essere più solo del mondo e si consolava con le parole del cinema di Truffaut, con le sue storie, il suo universo...
    Quando ci ha lasciato ho messo una sua foto da giovane in una cornice e l'ho inserita le mie foto di famiglia...
    Mia madre per lungo tempo ha creduto che fosse un mio ex e non capiva come potessi tenere la foto dell'ex (da giovane) con le foto dei figli (da piccoli). Un giorno le ho spiegato tutto ma non ha creduto a una sola parola e anzi continua a ripetere: ma questo era quello che ti telefonava sempre di sera tardi? oppure era quello che al telefono chiedeva della signorina Patrizia(insomma uno educato)...
    il mio prossimo viaggio a Parigi lo dedicherò a lui, porterò un fiore sulla sua tomba, sulla tomba dell'uomo che vedeva le gambe delle donne come compassi che misurano il mondo.
    Non so bene cosa penserà la mia mammy
    patrizia

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  15. I genitori di solito, per quanto possano esser moderni,colti e aggiornati, non comprendono fino in fondo le passioni dei figli. Per
    questo è bello diventare genitori da giovani:
    si è sempre in parte bambini, la porta dell'infanzia che fu è ancora leggermente socchiusa
    in modo da far filtrare uno spiraglio di luce
    che permette di vivere col proprio figlio emozioni, suoni, giochi, canzoncine, fiabe, sciocchi ritornelli e scherzi che non hanno perso del tutto l'odore e il sapore dell'età bambina.
    I miei genitori hanno entrambi una formazione scientifica, quindi non dovrei ad essi
    l'amore per le lettere, le arti figurative e il cinema. Eppure è evidente che cova in loro (in potenza) il seme dell'espressione artistica: mia madre ha scritto un romanzo autobiografico sul genere di Natalia Ginsburg, "Lessico familiare" ma non l'ha mai fatto leggere a nessuno a parte pochi intimi.
    Mio padre so che scrive poesie, forma artistica che apprezzo pur non essenomi mai cimentata per incapacità mia nel mettere in versi i pensieri.
    Il mio ultimo fratello, che ha quattordici anni, disegna in modo fantastico, e in più si sta accostando al buon cinema (grazie all'altro fratello),alla letteratura(grazie alla sottoscritta),e alla musica per suo talento naturale (suona la batteria con un gruppo di coetanei).
    Già si nota quanto sia più
    eclettico di noi maggiori, come il suo essere artista in modo ancora acerbo si esprima in tutto quello che fa, nel suo avere costantemente la testa tra le nuvole (cosa che professori e genitori non apprezzano), nel modo in cui addobba la sua disordinatissima stanza da letto...
    E' ingiusto e ottuso da parte di genitori e insegnanti scambiare per menefreghismo e distrazioni (oserei dire divertissements) quella che è una rara e preziosa predisposizione all'arte.
    Nel suo caso, Madre Natura l'ha dotato di una favolosa memoria (che gli invidio, io sono sempre stata una sgobbona) che lo aiuta molto nello studio, e si può dire che vive di rendita. E allora? Si deve esser bravi in tutto? Eccellere nelle materie scientifiche come in quelle umanistiche? Ognuno di noi deve sfruttare e potenziare il prorio talento naturale, e non bisogna provare a tarpare le ali ad un quattordicenne che brilla già intellettualmente perchè magari ha il sei stentato in matematica, quando ha voti più che buoni nella maggior parte delle materie.
    Siete d'accordo? O son troppo lassista?
    Ariel

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  16. È permesso? salve a tutti, sono Emanuele e scrivo per la prima volta ne La Terza Stanza.
    Lo spunto per intervenire è il tema dei post precedenti…”raccontare” le proprie passioni.
    Dirò subito che amo qualsiasi forma di espressione artistica, letteratura arti figurative cinema teatro musica. Certo il piacere puramente “estetico”, legato alla “bellezza” di un’opera artistica, è una parte importante. Ma ciò che mi attrae sopratutto (e qui emerge la mia parte “razionale”, e d’altra parte non è poi un caso che abbia svolto, all’università, studi di filosofia) sono i significati, i messaggi che l’artista vuol trasmettere e ciò che sta dietro ad essi: quell’insieme di sentimenti, emozioni, pensieri che l’hanno portato a creare.
    Ammetto tuttavia di avere un rapporto speciale con la letteratura, e in particolare con certi autori, cui sono legato da un ricordo ancora vivo e forte in me dopo alcuni anni.
    Premetto che, fin da ragazzino, ho letto con interesse e discreta voracità. D’altra parte, a parer mio, una cosa è leggere, ed un’altra è “amare” una poesia, un romanzo, uno scrittore.
    Dunque, venendo al ricordo cui accennavo, all’ età di circa 16 anni (un po’ di tempo fa ahimé), curiosando nella biblioteca della mia scuola, scoprii una “folla” di poeti e romanzieri belgi, francesi, italiani (per essere precisi, tutti del periodo compreso tra la seconda metà dell’Ottocento e l’inizio del Novecento), che non conoscevo (e peraltro in gran parte esclusi dai programmi scolastici) e che cominciai a leggere avidamente, affascinato dalla bellezza delle parole, ma anche dalla complessità delle loro personalità e biografie. Lautréamont, Corazzini, Tozzi per fare quache nome.
    Geniali, ma molto spesso tormentati e infelici, trovavavo, io credo, nella forma artistica il modo di placare e di sublimare i dolori dell’anima.
    Anche adesso amo molto leggere, ma quegli scrittori “scoperti” in gioventù rimangono sempre i miei preferiti.
    Emanuele

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