di Valeria Del Forno
Chi sale, chi scende.
Ma a cosa dobbiamo allora la frenata dell’inflazione? La frenata dell'inflazione all'1,6%, spiega l'Istat, è stata determinata in gran parte dal proseguimento della fase di flessione dei prezzi dei beni energetici. A dare un deciso contributo è stato, infatti, il crollo dei prezzi dei carburanti: la benzina ha registrato un -18,1% rispetto a gennaio 2008 (-1,9% rispetto a dicembre). Il gasolio un -17,6% (-5,7% rispetto a dicembre).
Guardando a tutti i capitoli di spesa, a gennaio gli aumenti congiunturali più significativi sono stati rilevati per Servizi sanitari e spese per la salute, Altri beni e servizi (+0,2% per entrambi), Prodotti alimentari e bevande analcoliche (+3,8%), Bevande alcoliche e tabacchi (+3,2%), Abbigliamento e calzature, Mobili, articoli e servizi per la casa (+0,1% per tutti e tre). Aumenti su base tendenziale, inoltre, per i prezzi degli affitti (+3,6%) e per i prezzi dei trasporti aerei (cresciuti del 9,4% rispetto al gennaio 2008). Per contro, i prezzi degli alberghi hanno registrato una diminuzione su base annua del 1,6%. Variazioni su base annua negative si sono avute soltanto nei capitoli delle comunicazioni (-3,3%) e dei trasporti (-1,6%).
Mentre nel comparto dei servizi si registra un "significativo"rallentamento del loro tasso tendenziale che passa dal 3% di dicembre al 2,5% di gennaio, balza, all'interno di esso, il prezzo del canone televisivo (+1,4%) e dell'abbonamento alle "Pay-Tv" (+14,1%). Su Sky, in particolare, ha pesato il recente aumento dell'Iva.
Nonostante il calo dell’inflazione registrato dall’Istat per gennaio (scesa all’1,6% dal 2,2% di dicembre) continua a verificarsi un incremento nei prezzi degli alimentari, aumentati del 3,8%. La colpa non è da ricercarsi nelle spese per la produzione agricola che, al contrario, segnano un crollo del 14% a dicembre.
Esistono dei margini, sconosciuti dalla maggior parte degli italiani, nella fase di passaggio degli alimenti dal “campo” alle “nostre tavole” in cui i prezzi aumentano spaventosamente di quasi cinque volte. Inevitabile l'allarme lanciato dal Codacons: se tale dinamica dovesse continuare nel 2009 ''le famiglie italiane avranno complessivamente una spesa alimentare di 480euro in più rispetto al 2008".
L'inflazione sarà scesa, come dicono i dati, all'1,6% dal 2,2% di dicembre e i prezzi sono calati dello 0,1% su base mensile. Ma, almeno su alcuni fronti, sono in tanti a non accorgersene. Sarà perché quando andiamo a fare la spesa il conto si scopre sempre più salato? In realtà non è solo un’impressione. Ebbene, con dati in mano, la voce alimentari sale ancora del 3,8%, su base annua ed il Codacons lancia l'allarme : se tale dinamica dovesse continuare nel 2009 ''le famiglie italiane avranno complessivamente una spesa alimentare di 480euro in più rispetto al 2008".
Sulla stessa linea le altre associazioni consumatori: nonostante i prezzi alla produzione continuino a scendere vertiginosamente, questo non si rispecchia affatto sui prezzi al consumo e le famiglie italiane si trascineranno dietro, anche per il 2009, un aggravio sulla spesa alimentare di ben 564 euro all'anno, sottolineano Adusbef e Federconsumatori.
Sebbene si registri un’attenuazione del ritmo di crescita su base annua dei prezzi anche nel comparto alimentare, la moderata dinamica congiunturale evidenzia il permanere di tensioni al rialzo. In dettaglio, si registra il rallentamento della crescita tendenziale dei prezzi di pane e cereali, passata dal 7,8% di dicembre al 7% di gennaio ma con rincari rispetto al 2008. In particolare, il prezzo del pane risulta diminuito dello 0,1% rispetto a dicembre ma è aumentato del 2,7% in confronto allo scorso anno (+3,4% a dicembre).
Un lieve calo congiunturale (-0,1%) si registra anche per il prezzo della pasta di semola di grano duro, che sul piano tendenziale risulta però accresciuto del 25,4% rispetto a gennaio 2008 (in flessione dal +28,3% a dicembre).
Moderati aumenti congiunturali si registrano per i prezzi delle carni (+0,1%), il cui tasso tendenziale è sceso nell'ultimo bimestre dal 2,8% al 2,6%. Aumenti su base mensile (+0,1%) si registrano inoltre per i prezzi del gruppo "latte, formaggi e uova" che tuttavia determinano un significativo rallentamento del tasso tendenziale (dal 4,7% di dicembre al 4% di gennaio). E ancora, il prezzo del latte intero fresco si riduce lievemente (-0,1%) su base mensile ma aumenta del 4,3% sull'anno.
Come spiegare questi rincari? Semplice, esiste una fase, quella del passaggio degli alimenti dal “campo” alle “nostre tavole”, nella quale i prezzi aumentano di quasi cinque volte, danneggiando le imprese agricole e i consumatori.
Sembra irreale ma i prezzi della produzione dei prodotti agricoli hanno registrato su base annuale una diminuzione del 14 per cento rispetto allo scorso anno, con cali per i cereali (- 44 per cento), per l'olio di oliva (- 23 per cento), per i vini (-19 per cento), per gli ortaggi (- 15 per cento) e per il latte (- 8 per cento), sulla base dei dati Ismea relativi a dicembre. Ciò nonostante, a gennaio gli alimentari fanno registrare un aumento dei prezzi che è più del doppio del valore medio dell'inflazione (+1,6 per cento).
Un esempio su tutti è rappresentato dal latte, il cui prezzo alla produzione è sceso a circa 35 centesimi al litro mentre i consumatori continuano a pagarlo in media 1,4 euro al litro, con un ricarico del 300. In generale, per ogni euro speso dai consumatori in alimenti ben 60 centesimi vanno alla distribuzione commerciale, 23 all'industria alimentare e solo 17 centesimi agli agricoltori. "I prezzi – secondo la Coldiretti - aumentano quindi in media quasi cinque volte dal campo alla tavola e esistono dunque ampi margini da recuperare, con più efficienza, concorrenza e trasparenza, per garantire acquisti convenienti alle famiglie e sostenere il reddito degli agricoltori in un momento di difficoltà economica”.
La spesa alimentare delle famiglie- sottolinea Coldiretti- è pari in media mensilmente a 466 euro destinati nell'ordine principalmente all'acquisto di carne per 107 euro, di frutta e ortaggi per 84 euro, di pane e pasta per 79 euro e di latte, uova e formaggi per 62 euro, pesce per 42 euro, zucchero, dolci e caffé per 32 euro, bevande per 42 euro e 18 euro per oli e grassi. Con l'andamento dei prezzi sugli alimentari ne consegue una variazione nella composizione della spesa con più pollo e meno bistecche, oltre ad un consumo ridotto di pane e formaggi.
I soggetti costretti a maggiori variazioni sono gli anziani e le famiglie numerose con le coppie con tre o più figli che destinano porzioni più elevate del proprio reddito all’acquisto di cibi e bevande con una percentuale di ben il 21 per cento della spesa complessiva.
Una situazione difficile si verifica anche nelle campagne dove non si riescono a coprire i costi di produzione e sono a rischio le prossime semine e quindi le forniture, su tutto quelle per la pasta Made in Italy. La pasta rappresenta in realtà - continua la Coldiretti - la punta di un iceberg delle distorsioni presenti sul mercati dei prodotti alimentari dove gli aumenti al consumo si a su base mensile (+0,1 per cento) che su base annuale (+ 4,7 per cento) sono in netta controtendenza con il calo del 7 per cento dei prezzi agricoli alla produzione registrati ad ottobre, secondo i dati Ismea.
L'inflazione sarà scesa, come dicono i dati, all'1,6% dal 2,2% di dicembre e i prezzi sono calati dello 0,1% su base mensile. Ma, almeno su alcuni fronti, sono in tanti a non accorgersene. Sarà perché quando andiamo a fare la spesa il conto si scopre sempre più salato? In realtà non è solo un’impressione. Ebbene, con dati in mano, la voce alimentari sale ancora del 3,8%, su base annua ed il Codacons lancia l'allarme : se tale dinamica dovesse continuare nel 2009 ''le famiglie italiane avranno complessivamente una spesa alimentare di 480euro in più rispetto al 2008".
Sulla stessa linea le altre associazioni consumatori: nonostante i prezzi alla produzione continuino a scendere vertiginosamente, questo non si rispecchia affatto sui prezzi al consumo e le famiglie italiane si trascineranno dietro, anche per il 2009, un aggravio sulla spesa alimentare di ben 564 euro all'anno, sottolineano Adusbef e Federconsumatori.
Sebbene si registri un’attenuazione del ritmo di crescita su base annua dei prezzi anche nel comparto alimentare, la moderata dinamica congiunturale evidenzia il permanere di tensioni al rialzo. In dettaglio, si registra il rallentamento della crescita tendenziale dei prezzi di pane e cereali, passata dal 7,8% di dicembre al 7% di gennaio ma con rincari rispetto al 2008. In particolare, il prezzo del pane risulta diminuito dello 0,1% rispetto a dicembre ma è aumentato del 2,7% in confronto allo scorso anno (+3,4% a dicembre).
Un lieve calo congiunturale (-0,1%) si registra anche per il prezzo della pasta di semola di grano duro, che sul piano tendenziale risulta però accresciuto del 25,4% rispetto a gennaio 2008 (in flessione dal +28,3% a dicembre).
Moderati aumenti congiunturali si registrano per i prezzi delle carni (+0,1%), il cui tasso tendenziale è sceso nell'ultimo bimestre dal 2,8% al 2,6%. Aumenti su base mensile (+0,1%) si registrano inoltre per i prezzi del gruppo "latte, formaggi e uova" che tuttavia determinano un significativo rallentamento del tasso tendenziale (dal 4,7% di dicembre al 4% di gennaio). E ancora, il prezzo del latte intero fresco si riduce lievemente (-0,1%) su base mensile ma aumenta del 4,3% sull'anno.
Come spiegare questi rincari? Semplice, esiste una fase, quella del passaggio degli alimenti dal “campo” alle “nostre tavole”, nella quale i prezzi aumentano di quasi cinque volte, danneggiando le imprese agricole e i consumatori.
Sembra irreale ma i prezzi della produzione dei prodotti agricoli hanno registrato su base annuale una diminuzione del 14 per cento rispetto allo scorso anno, con cali per i cereali (- 44 per cento), per l'olio di oliva (- 23 per cento), per i vini (-19 per cento), per gli ortaggi (- 15 per cento) e per il latte (- 8 per cento), sulla base dei dati Ismea relativi a dicembre. Ciò nonostante, a gennaio gli alimentari fanno registrare un aumento dei prezzi che è più del doppio del valore medio dell'inflazione (+1,6 per cento).
Un esempio su tutti è rappresentato dal latte, il cui prezzo alla produzione è sceso a circa 35 centesimi al litro mentre i consumatori continuano a pagarlo in media 1,4 euro al litro, con un ricarico del 300. In generale, per ogni euro speso dai consumatori in alimenti ben 60 centesimi vanno alla distribuzione commerciale, 23 all'industria alimentare e solo 17 centesimi agli agricoltori. "I prezzi – secondo la Coldiretti - aumentano quindi in media quasi cinque volte dal campo alla tavola e esistono dunque ampi margini da recuperare, con più efficienza, concorrenza e trasparenza, per garantire acquisti convenienti alle famiglie e sostenere il reddito degli agricoltori in un momento di difficoltà economica”.
La spesa alimentare delle famiglie- sottolinea Coldiretti- è pari in media mensilmente a 466 euro destinati nell'ordine principalmente all'acquisto di carne per 107 euro, di frutta e ortaggi per 84 euro, di pane e pasta per 79 euro e di latte, uova e formaggi per 62 euro, pesce per 42 euro, zucchero, dolci e caffé per 32 euro, bevande per 42 euro e 18 euro per oli e grassi. Con l'andamento dei prezzi sugli alimentari ne consegue una variazione nella composizione della spesa con più pollo e meno bistecche, oltre ad un consumo ridotto di pane e formaggi.
I soggetti costretti a maggiori variazioni sono gli anziani e le famiglie numerose con le coppie con tre o più figli che destinano porzioni più elevate del proprio reddito all’acquisto di cibi e bevande con una percentuale di ben il 21 per cento della spesa complessiva.
Una situazione difficile si verifica anche nelle campagne dove non si riescono a coprire i costi di produzione e sono a rischio le prossime semine e quindi le forniture, su tutto quelle per la pasta Made in Italy. La pasta rappresenta in realtà - continua la Coldiretti - la punta di un iceberg delle distorsioni presenti sul mercati dei prodotti alimentari dove gli aumenti al consumo si a su base mensile (+0,1 per cento) che su base annuale (+ 4,7 per cento) sono in netta controtendenza con il calo del 7 per cento dei prezzi agricoli alla produzione registrati ad ottobre, secondo i dati Ismea.
Chi sale, chi scende.
Ma a cosa dobbiamo allora la frenata dell’inflazione? La frenata dell'inflazione all'1,6%, spiega l'Istat, è stata determinata in gran parte dal proseguimento della fase di flessione dei prezzi dei beni energetici. A dare un deciso contributo è stato, infatti, il crollo dei prezzi dei carburanti: la benzina ha registrato un -18,1% rispetto a gennaio 2008 (-1,9% rispetto a dicembre). Il gasolio un -17,6% (-5,7% rispetto a dicembre).
Guardando a tutti i capitoli di spesa, a gennaio gli aumenti congiunturali più significativi sono stati rilevati per Servizi sanitari e spese per la salute, Altri beni e servizi (+0,2% per entrambi), Prodotti alimentari e bevande analcoliche (+3,8%), Bevande alcoliche e tabacchi (+3,2%), Abbigliamento e calzature, Mobili, articoli e servizi per la casa (+0,1% per tutti e tre). Aumenti su base tendenziale, inoltre, per i prezzi degli affitti (+3,6%) e per i prezzi dei trasporti aerei (cresciuti del 9,4% rispetto al gennaio 2008). Per contro, i prezzi degli alberghi hanno registrato una diminuzione su base annua del 1,6%. Variazioni su base annua negative si sono avute soltanto nei capitoli delle comunicazioni (-3,3%) e dei trasporti (-1,6%).
Mentre nel comparto dei servizi si registra un "significativo"rallentamento del loro tasso tendenziale che passa dal 3% di dicembre al 2,5% di gennaio, balza, all'interno di esso, il prezzo del canone televisivo (+1,4%) e dell'abbonamento alle "Pay-Tv" (+14,1%). Su Sky, in particolare, ha pesato il recente aumento dell'Iva.
A L'Aquila, Napoli e Genova gli aumenti più consistenti
A livello territoriale, nell'ambito delle 20 città capoluogo di regione, gli aumenti tendenziali più elevati si sono verificati nelle città di L'Aquila (+2,2%), Napoli (+2,1%) e Genova (+1,9%); quelli più moderati hanno riguardato le città di Aosta (+0,6%), Venezia, Bari (+1,1%) e Bologna (+1,2%). Roma e Milano hanno registrato un calo congiunturale dello 0,2% e un rialzo tendenziale dell'1,7% la prima e dell'1,3% la seconda.
Allarme del Codacons
Secondo il Codacons, se il dato dei rincari sugli alimentari si mantenesse costante per tutto il 2009 si determinerebbe un ulteriore aumento della spesa alimentare delle famiglie italiane di 180euro, che sommati ai 300 euro già determinati dagli effetti che gli aumenti del 2008 avranno sul 2009 (nell'ipotesi di prezzi costanti), porteranno le famiglie italiane ad avere complessivamente una spesa alimentare nel 2009 di 480 euro in più rispetto al 2008."Una cifra - taglia corto il Codacons - insostenibile per i 22,5 milioni di italiani che sono a rischio povertà,(più di un terzo della popolazione)" perché ancora una volta sottopressione ci sono i beni di prima necessità, su tutti pane e pasta.
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