di Antonella Musiello
Fra le luci della ribalta spesso si celano concetti e interessi difficili da valutare, non è semplice studiare il complesso percorso di quelle cause che hanno condotto a giusti effetti. Il successo e il fallimento si sfiorano continuamente e ciò che appare bello ora sarà un disastro poi, o viceversa.
Un recente trionfo si è rivelato agli Oscar 2009 con la premiazione dell’inattesa pellicola nipponica “Departures” girata da Takita Yojiro in qualità di miglior film straniero. Inattesa non perché non lo meritasse, ma perché pare insolito che la gretta e luminescente Hollywood renda onore ad una proiezione con temi tetri ma significanti come si vede spesso nel cinema orientale.
“Departures” in particolare rappresenta lo stile rarefatto del cinema d’autore giapponese, l’uomo e la morte come protagonisti in mezzo ad un panorama di emozioni, sentimenti e riflessioni.
Un giovane violoncellista è costretto a ritornare nella sua città natale dopo il fallimento dell’orchestra in cui lavorava. Per necessità accetta di svolgere un lavoro precario come cerimoniere funebre. Dovrà occuparsi del non semplice ruolo della vestizione dei defunti, tutto attraverso un rito atto ad accompagnare questi attraverso il trapasso. È come se il protagonista ricominciasse la propria vita da zero quindi a vivere, guardando in faccia la morte. Riscoprirà una nuova forma di talento alquanto inusuale, che spiazza lo spettatore come anche se stesso.
È un mix di dramma e commedia che ha conquistato il meritato premio di tutto rispetto.
Leggermente in penombra si colloca invece, un’altra forma d’arte correlata da un leggero filo al cinema, la narrativa giapponese, anche se nel nostro paese sta piano piano formandosi uno spazio degno del suo nome.
È Banana Yoshimoto, la scrittrice giapponese amante dell’Italia, che ci regala tante piccole e appassionanti storie. Le sue ultime opere sono “Il coperchio del mare” e “Chie-chan e io”.
In tutti i suoi racconti la scrittrice sintetizza in poche pagine temi essenziali della vita con uno stile fresco e diretto. Sono racconti di vite apparentemente fallite o alla ricerca affannosa di qualcosa che non c’è, ma la morale di tali storie porta ad una visione del mondo intrisa da una forte positività .
“Il coperchio del mare” narra la storia di una semplice amicizia fra due ragazze, affiancata da un incantevole e sempre presente paesaggio marino. È proprio il mare il protagonista del romanzo con i suoi misteri e con le creature che ne soggiorna. Il mare rappresenta una presenza costante e rassicurante per l’una, e un balsamo che cura le ferite per l’altra amica.
In questo come anche in altri racconti, si evidenzia la semplicità quasi scarna della narrazione che viene riempita dai significati e dalla fantasia del lettore stesso e che quasi sempre non è condotto verso una vera e propria conclusione della storia, ma verso un’etica personale.
Tutto questo sproloquio porta ad una riflessione personale che guarda con estremo fascino le enigmatiche ombre colme di luci nascoste.
Brevi riverberi d’Arte a volte decantate a volte criticate ma che assumono valore molto più nel momento in cui si concretizzano che nel momento in cui si raccontano.
antonella.musiello@libero.it
In questo come anche in altri racconti, si evidenzia la semplicità quasi scarna della narrazione che viene riempita dai significati e dalla fantasia del lettore stesso e che quasi sempre non è condotto verso una vera e propria conclusione della storia, ma verso un’etica personale.
Tutto questo sproloquio porta ad una riflessione personale che guarda con estremo fascino le enigmatiche ombre colme di luci nascoste.
Brevi riverberi d’Arte a volte decantate a volte criticate ma che assumono valore molto più nel momento in cui si concretizzano che nel momento in cui si raccontano.
antonella.musiello@libero.it
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