Vincenzo Jacovino
Sono italiani gli autori del 60% delle violenze, soprattutto di quelle sessuali, che avvengono nel nostro Paese. L’informazione statistica è stata data dall’ufficio del Viminale però i quotidiani, che hanno riportato la notizia, hanno utilizzato come metodo informativo: il trafiletto. Era un trafiletto inserito all’interno tra le altre notizie di cronaca e, quindi, sfuggevole anche perché tacitamente risaputo da tutti ma volutamente ignorato.
E’ questo, forse, la ragione che una tale notizia non crea alcun allarme sociale? Né crea disagio ed indignazione?
Crea, intimamente, solo vergogna ma non allarme sociale perché la violenza in famiglia o quella degli amici o degli amici degli amici sono fatti quasi sempre occultati, minimizzati e, a volte, anche giustificati. Il lavacro è inter nos, ossia avviene nel chiuso della comunità familiare ed etnica. Altro è, invece, il percorso della violenza esercitata da componenti che non fan parte della nostra comunità etnica. In questo caso i media utilizzano il megafono. Sbandierano a più riprese, in forma maniacale, l’etnia, la crudeltà adoperata, la reiterazione della violenza.
E’ questo il percorso che conduce all’odio verso il diverso, oltre alla paura che sovente non si sa spiegare perché è solo percepita. Si crea l’allarme sociale e con essa insorge la rabbia che lentamente monta ma delle violenze commesse dai nostri connazionali non se ne parla o se ne parla poco, molto poco. Questo, sì, che è un modo indecente di dare la notizia. Si alimenta odio e paura (inconsapevolmente? non proprio) constatato che l’indirizzo non è verso la violenza in sé ma esclusivamente verso gli autori di etnie diverse
E il 60% dei nostri connazionali, autori di siffatte nefandezze?
Certo, le nefandezze nostrane difficilmente permettono di stabilire identità precise o tracciare confini netti tra noi e loro mentre quelle commesse da altre etnie stabiliscono oltre all’identità anche i netti confini. D’altro canto chi “informa - scrive U. Galimberti - codifica, e l’effetto-codice diventa criterio interpretativo della realtà, modello induttore dei nostri giudizi, che poi ci portano a reagire all’evento come abbiamo appreso dal modello induttore”.
C’è, quindi, un’adulterazione della realtà che si è da tempo insinuato nel nostro tessuto sociale tanto da non creare preoccupazione alcuna. Nel bel Paese, ormai, c’è solo una realtà, quella virtuale e adulterata.
E’ questo, forse, la ragione che una tale notizia non crea alcun allarme sociale? Né crea disagio ed indignazione?
Crea, intimamente, solo vergogna ma non allarme sociale perché la violenza in famiglia o quella degli amici o degli amici degli amici sono fatti quasi sempre occultati, minimizzati e, a volte, anche giustificati. Il lavacro è inter nos, ossia avviene nel chiuso della comunità familiare ed etnica. Altro è, invece, il percorso della violenza esercitata da componenti che non fan parte della nostra comunità etnica. In questo caso i media utilizzano il megafono. Sbandierano a più riprese, in forma maniacale, l’etnia, la crudeltà adoperata, la reiterazione della violenza.
E’ questo il percorso che conduce all’odio verso il diverso, oltre alla paura che sovente non si sa spiegare perché è solo percepita. Si crea l’allarme sociale e con essa insorge la rabbia che lentamente monta ma delle violenze commesse dai nostri connazionali non se ne parla o se ne parla poco, molto poco. Questo, sì, che è un modo indecente di dare la notizia. Si alimenta odio e paura (inconsapevolmente? non proprio) constatato che l’indirizzo non è verso la violenza in sé ma esclusivamente verso gli autori di etnie diverse
E il 60% dei nostri connazionali, autori di siffatte nefandezze?
Certo, le nefandezze nostrane difficilmente permettono di stabilire identità precise o tracciare confini netti tra noi e loro mentre quelle commesse da altre etnie stabiliscono oltre all’identità anche i netti confini. D’altro canto chi “informa - scrive U. Galimberti - codifica, e l’effetto-codice diventa criterio interpretativo della realtà, modello induttore dei nostri giudizi, che poi ci portano a reagire all’evento come abbiamo appreso dal modello induttore”.
C’è, quindi, un’adulterazione della realtà che si è da tempo insinuato nel nostro tessuto sociale tanto da non creare preoccupazione alcuna. Nel bel Paese, ormai, c’è solo una realtà, quella virtuale e adulterata.
premetto di condividere in pieno l'opportunità di segnalare questa "evidente verità nascosta" e le opinioni in merito. Ho più volte, personalmente, usato questi dati statistici contro i pregiudizi comuni pro domo nostra, ma desidero segnalare una imprecisione, a mio avviso, importante: non "il 60% dei nostri connazionali, autori di siffatte nefandezze" ma "il 60% degli autori di siffatte nefandezze sono nostri connazionali". Non è la stessa cosa. Cordialmente
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