Ruhe - 1999
di Chiara Di Salvo
Icaro, Leonardo, Kubrick. Sono solo tre dei personaggi che, nel corso del tempo, hanno cercato e tentato di realizzare più o meno realisticamente uno dei desideri più grandi dell’uomo: il poter volare.
Lo Pterodactylus o Pterodattilo, dinosauro-uccello, è il simbolo del volo nel tempo di Dario Panzeri, in arte Stereodactylus, pittore 30enne di Milano.
Tracce fossili di dinosauri si risvegliano accanto alle linee dure e rimarcate a fumetto della sua pittura; le figure sono precise, spesso delimitate da contorni netti e definiti ne rimarcano i volumi e le personalità.
Il fumetto è spesso considerato dalle persone un genere “leggero”, in realtà è il prodotto di un lungo percorso tra arte e artigianato, tra comunicazione e informazione, tra reale e immaginario.
Dario prende dei fumetti, me li mostra. Parla dei disegnatori con competenza, disinvoltura. Mi spiega la differenza tra le tre più grandi case editrici di fumetti e come questo linguaggio sia quello che più lo affascina e lo rappresenta.
Osservare la società mi fa desiderare di non volere schemi, se non ce ne fossero, sarebbe una catastrofe… In tutto questo, cerco lo schema e la definizione, forse per paura della libertà assoluta
L’arte del fumetto lo ha guidato verso un’espressione artistica che, oggi, magari non ha più molto di fumetto, ma certo ne trae ispirazione. Grandi artisti come Schiele, Munch, Bacon e Klimt, sono solo alcuni dei grandi pittori cui la pittura di Dario sembra dare tributo.
Un tributo in cui le pennellate violente e schiette si incatenano in un contorno scuro e preciso, in cui la vita del soggetto rappresentato appare viscerale, profonda, da domare.
Stereodactylus domina e si domina. Cerca una risposta tra le sbarre del fumetto.
Nella simbologia, i dinosauri rappresentano le emozioni dell’uomo, quello che per l’uomo è indomabile, violento, impulsivo. Stereodactylus, l’uomo-uccello del XX secolo, lo fa.
Il suo lavoro è costituito in massima parte da busti e figure umane, donne soprattutto, rappresentate per lo più in momenti di isolamento sociale. Nell’implicita denuncia sociale, nella cruda rappresentazione del dolore umano, le persone delle sue tele sembrano pensare a qualcosa di lontano, di personale; spesso sembrano provocare e sfidare. Colorate e accese, si ha l’impressione che ti stiano guardando per l’ultima volta prima di decidere di compiere un’azione, un movimento.
Un ultimo sguardo prima di spiccare il volo.
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