di Vincenzo Jacovino
Il vecchio, se si considera il paletto della vecchiaia 65, eletto o di massa come si rapporta, se mai rapporto c’è, con le situazioni e le condizioni temporali del momento contingente?
Ma l’anagrafe conta per tutti? Ma non sarà per una ragione di convenienza che, nel nostro Paese, la vecchiaia si accartoccia e si estende come fosse un ela-stico?
Si potrebbe proseguire ma non è il caso dato che le suddette domande e le altre ancora sono tutte evidenziate dalla madre delle contraddizioni su cui si regge la nostra società . Si legifera per la massa mentre le stesse leggi non sono valide per alcuni gruppi eletti, questi ultimi sembra che siano eternamente giovani anche a 80 e più anni tant’è che, per costoro, l’eternità non è un sogno dal momento che non c’è anagrafe da verificare o considerare. L’equilibrio del sistema non viene mai turbato anche perché non c’è cambiamento capace di mutare le cose. E’ la classica applicazione del principio della varianza.
Il risultato finale è l’eterna staticità . Non c’è cambio generazionale che pos-sa o riesca influenzare paesaggi e personaggi i quali continuano, in effetti, a celebrare il rigido inverno della vita. E’ irrispettoso evidenziare tutto questo? No, perché ora, quasi un mantra, il paletto 65 della vecchiaia è bene che lo si estenda, questa è la richiesta, anche alla massa dell’altra metà del cielo: le donne. Così il cerchio si può chiudere in tranquillità . Certo è che per gli odierni legislatori la vecchiaia, come il tempo e lo spazio, si contrae e si dilata a seconda dell’appartenenza: gruppi eletti o massa.
Non c’è paletto per chi è chiamato a legiferare, chiuso com’è nelle sue con-venienze, nel proprio particulare e per altri gruppi eletti lo si pone sempre più in avanti anche se la condizione vecchiaia risulta, purtroppo, tanto contigua alla real-tà quotidiana.
Una società moderna e democratica può accettare che una simile contraddi-zione persista ancora?
Ci si è mai chiesto perché la massa deve smettere di lavorare a 65 anni mentre alcuni gruppi eletti possono proseguire per decenni ancora o anche fin al termine naturale dell’esistenza? Se la mente e le forze declinano per la massa e mai possibile e credibile che per questi gruppi eletti restino intatte per così lungo tempo?
Il vecchio, se si considera il paletto della vecchiaia 65, eletto o di massa come si rapporta, se mai rapporto c’è, con le situazioni e le condizioni temporali del momento contingente?
Ma l’anagrafe conta per tutti? Ma non sarà per una ragione di convenienza che, nel nostro Paese, la vecchiaia si accartoccia e si estende come fosse un ela-stico?
Si potrebbe proseguire ma non è il caso dato che le suddette domande e le altre ancora sono tutte evidenziate dalla madre delle contraddizioni su cui si regge la nostra società . Si legifera per la massa mentre le stesse leggi non sono valide per alcuni gruppi eletti, questi ultimi sembra che siano eternamente giovani anche a 80 e più anni tant’è che, per costoro, l’eternità non è un sogno dal momento che non c’è anagrafe da verificare o considerare. L’equilibrio del sistema non viene mai turbato anche perché non c’è cambiamento capace di mutare le cose. E’ la classica applicazione del principio della varianza.
Il risultato finale è l’eterna staticità . Non c’è cambio generazionale che pos-sa o riesca influenzare paesaggi e personaggi i quali continuano, in effetti, a celebrare il rigido inverno della vita. E’ irrispettoso evidenziare tutto questo? No, perché ora, quasi un mantra, il paletto 65 della vecchiaia è bene che lo si estenda, questa è la richiesta, anche alla massa dell’altra metà del cielo: le donne. Così il cerchio si può chiudere in tranquillità . Certo è che per gli odierni legislatori la vecchiaia, come il tempo e lo spazio, si contrae e si dilata a seconda dell’appartenenza: gruppi eletti o massa.
Non c’è paletto per chi è chiamato a legiferare, chiuso com’è nelle sue con-venienze, nel proprio particulare e per altri gruppi eletti lo si pone sempre più in avanti anche se la condizione vecchiaia risulta, purtroppo, tanto contigua alla real-tà quotidiana.
Una società moderna e democratica può accettare che una simile contraddi-zione persista ancora?
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