di Vincenzo Jacovino
E’ possibile che il progresso tecnologico abbia accentuato e diffuso la sensibilità dell’ineguaglianza? E il livello educativo, ossia la scolarizzazione di massa, abbia contribuito anch’esso ad accrescere la disuguaglianza? In una società poltiglia, qual risulta oggi la nostra, è venuta meno, per caso, una delle tre parole chiave della Rivoluzione francese: l’uguaglianza? Può una società democratica lasciare che il credo dell’uguaglianza si muti in un’acuta e marcata disuguaglianza, nonostante abbia allargato le maglie d’accesso?
Sono interrogativi che, in questi ultimi tempi, incalzano e mulinano per la mente di molti cittadini. La crisi economica, in atto, li ha solo fatti esplodere perché prima si manifestavano attraverso un diffuso e sotterraneo disagio sociale. E’ vero, la scolarizzazione è stata estesa alla massa ma a diversità di condizioni sociali continuavano e continuano a sussistere chiare differenziazioni nelle opportunità di conseguenza ciò conduce a una squilibrata distribuzione dei redditi e, quindi, a una povertà che abbraccia un po’ tutti i ceti. Si aggiunga, poi, che il progresso tecnologico, pur con un allargato livello educativo, ha creato una frammentazione più consistente della società . A una chiara e distinta divisione del lavoro di ieri, oggi si è, invece, immersi in un mondo del lavoro volatile e fluttuante perché ci si trova a camminare sui terreni della tecnologia, della ricerca, dell’informatica. Campi in continua evoluzione e, quindi, mutevoli legati come sono alle trasformazioni dell’economia e della società . Una società polverizzata ha grande difficoltà a individuare categorie chiare e distinte di lavoro ma, soprattutto, ad avere un’idea del lavoro, della sua divisione e della sua difesa. E’ naturale che questo non crea quel necessario clima di fiducia e di complicità tra capitale e lavoro ma alimenta sfiducia nei cittadini aumentando l’ulteriore stress sociale.
L’immagine dell’uguaglianza non è più strutturata tenendo conto una scala di bisogni e di valori ma la sua strutturazione avviene su comportamenti responsabile e attivazione personale. Ciò porta ad una crescita della precarietà e tra i lavoratori occupati crescono notevolmente, purtroppo, i lavoratori poveri, abbiano o no un livello educativo più che sufficiente. Ed è più che spontaneo chiedersi: ma a cosa è servito il progresso tecnologico e/o la crescita del livello educativo?
E’ possibile che il progresso tecnologico e il livello educativo abbiano diffuso e accresciuto la sensibilità dell’ineguaglianza? Probabilmente si, soprattutto se si toglie ogni prospettiva di futuro ai giovani e ai meno giovani si prospetta la non incerta probabilità di un futuro da barbone. Anche perché le disuguaglianze sociali investono la realtà contingente oltre, ovviamente, i desideri personali.
Ora il disagio sociale è in crescita ma non la rabbia dei giovani, i quali danno l’impressione di vivere nella narcotica atmosfera della rassegnazione.
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