Il racket e l’usura opprimono la Basilicata. Dati allarmanti e in continua ascesa





di Paolo Cirica

Al giorno d’oggi, la pervasività della mafia si deve anche misurare tramite la comparsa, in zone che si potrebbero considerare avulse, di quelle pratiche che sono tipiche e caratteristiche del controllo illegale e mafioso. In poche parole, i due ordini di misura in questione sono il racket ed il pizzo: due piaghe che stanno mettendo in ginocchio la Basilicata del XXI secolo.
Secondo i dati del Rapporto Sos Impresa, redatto dalla Confesercenti dal 2005 al 2006, in Basilicata le persone denunciate per reati relativi all'estorsione sono scese da 81 a 61 (Rapporto Sos Impresa 2008). Nel contempo la mappa del pizzo redatta nel rapporto vedeva, nel 2007, nel mirino del racket circa 1000 commercianti, dato duplicato visto che nel 2008 si parla di 2000 esercenti colpiti dal pizzo. Una incidenza percentuale importante: il 10% circa nel 2007, quasi il 19 % nel 2008. E la suddivisione in zone (gialla, arancio e rossa in senso crescente) delle zone a seconda della probabilità di incidenza del racket vedeva il Metapontino porsi in zona “arancio” stabilmente, seguito in zona “gialla” dal Melfese.
Per quanto riguarda invece l'usura, anche la Basilicata ha subito le fasi contingenti nazionali che hanno ampliato la probabilità di incidenza di questo fenomeno. Come si legge nel rapporto Sos Impresa, “Il perdurare della crisi economica, il calo dei consumi, l’impoverimento della classe media, ma anche dissesti e scandali finanziari che hanno toccato il sistema bancario ripropongono uno scenario simile a quello del biennio 1990/1992, nel quale l’usura emerse come dramma sociale diffuso”.
Le associazioni e le fondazioni antiusura confermano i freddi numeri delle statistiche e segnalano, con sempre maggiore frequenza, una situazione di forte disagio che coinvolge imprese e persone una volta ritenute immuni da rischi. Conferma questo trend Don Marcello Cozzi, attivo nel Potentino con un'associazione Antiusura: “Anche in Basilicata la crisi si sente come altrove e questa è una manna per gli usurai e i criminali disposti a immettere liquidità in breve tempo. Ma spesso questo non viene fuori prepotentemente dai dati, sempre sottostimati rispetto alla reale pervasività del fenomeno”. A chiudere sono anche le piccole aziende e le imprese, quindi non solo di ricorsi privati, perché si tratta di un ricorso all'usuraio quando i canali di credito ordinari vengono chiusi: “Un ricorso - precisa Don Marcello - molto frequente nel potentino dove nei primi 4/5 mesi di attività del 2009 si è raddoppiato il numero di vittime rispetto al dato dell’intero 2008”.

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