Milan Kundera, Un incontro




di Gordiano Lupi


Milan Kundera è il più importante scrittore europeo contemporaneo e ogni volta che esce un suo libro è un piccolo evento. Un incontro è una raccolta di saggi che ripercorre vecchi amori dell’autore praghese, partendo da Rabelais fino ad arrivare a Federico Fellini e Curzio Malaparte. Kundera parla del romanzo, dei romanzieri, rivaluta un’arte che in passato è stata considerata secondaria rispetto alla poesia, si abbandona a discettazioni su musica e letteratura, definisce La pelle di Malaparte - opera da noi considerata minore - un romanzo perfetto, (Adelphi)l’esempio del contenitore assoluto della materia narrativa.
Possiedo tutti i romanzi di Kundera, mi sono innamorato dello scrittore ceco ai tempi de L’insostenibile leggerezza dell’essere, ma poi sono andato avanti leggendo tutto il leggibile, da Amori ridicoli, a Il libro del riso e dell’oblio, passando per Il valzer degli addii, L’immortalità, L’ignoranza, La vita è altrove, Lo scherzo…Non ha importanza se sono romanzi, racconti, saggi filosofici, letterari, musicali, le parole di Kundera scavano profonde gallerie di conoscenza e ti restano dentro come pesanti macigni. Non voglio descrivere l’intero libro, né recensire Kundera, cosa impossibile per me piccolo scrittore di provincia davanti a un autore così immenso che leggo con passione e trasporto. Mi soffermerò su due brevi saggi che denotano grande precisione espositiva e tematiche condivisibili. Il primo racconta la Primavera di Praga e cerca di far capire quanto fosse diversa l’esperienza del movimento spontaneo ceco da quella del maggio francese.
La Primavera di Praga deriva dal Terrore stalinista dei primi anni successivi al 1948 ed è ispirata dallo scetticismo post - rivoluzionario. Non è un movimento che deriva da entusiasmi giovanili, ma cerca di restituire l’indipendenza a una nazione soffocata dall’idiozia ideologica. Kundera fa partire tutto da un romanzo di Skvorecky intitolato I codardi (1956), che racconta la rinascita della Repubblica cecoslovacca. Non è un romanzo anticomunista, ma apolitico, libero e scritto con l’umorismo tipico delle persone che si tengono lontane dal potere. Negli anni Sessanta, Kundera ama dire - con una punta di cinismo - che una dittatura in decomposizione è il regime politico ideale, perché l’apparato oppressivo funziona in modo difettoso, ma stimola ancora lo spirito critico e beffardo. L’esperienza della Primavera di Praga segna il rifiuto dello stile di vita sovietico in decomposizione, per dare vita a un’inattesa e breve democrazia.
Non è la mia festa è un altro saggio interessante dedicato al centenario della scoperta del cinema (1995), per affermare che la nuova tecnica è diventata il principale agente di rimbecillimento e un importante agente di indiscrezione planetaria, per filmare avversari politici in gesti inattesi, riprendere dolore, morte e sofferenze. Il film in quanto arte è una rarità, mentre la maggior parte delle immagini prodotte vengono usate per creare consenso, annebbiare coscienze e per squallidi obiettivi propagandistici. Kundera racconta in poche righe il grande cinema di Fellini e la sua polemica con la televisione di Berlusconi che voleva inserire gli spot pubblicitari per interrompere i film. Ha avuto la meglio la tecnica cinematografica al servizio del rimbecillimento e ancora oggi ne scontiamo le conseguenze.

Un’ultima considerazione. Sono tempi tristi per la letteratura, come per il cinema. Le vetrine delle librerie si riempiono di oggetti strani che presentano soltanto una lontana parentela con i libri, cose come Questo piccolo grande amore di Claudio Baglioni, i romanzi di Moccia e Faletti, le confessioni delle veline e dei calciatori, l’ultima opera di Melissa P. Bene, tutto questo ciarpame non lo vedrete mai nella Piccola Biblioteca Adelphi, che pubblica il meglio della letteratura mondiale. Sostenete con la vostra lettura le opere di Alberto Arbasino, Roberto Calasso, Abilio Estevéz, Joseph Roth e Milan Kundera. Non ve ne pentirete.

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