In Italia il 44% del costo del lavoro “va in fumo” per effetto degli oneri fiscali e di quelli contributivi. A rilevarlo è stato l’Ufficio di Statistica europeo, sottolineando come l’Italia si trovi al primo posto nel Vecchio Continente in termini di pressione fiscale sul lavoro.
Non servono statistiche per informare qualsiasi lavoratore dipendente italiano. Grazie ai dati rilasciati da Eurostat in occasione dell’indagine sul carico fiscale che grava sulla busta paga dei cittadini dell'Ue, però, oggi sappiamo che i nostri lavoratori sono in assoluto i più tartassati del Vecchio Continente. I numeri, ricordando che parliamo di dati relativi al 2007: le tasse e i contributi sociali in Italia rappresentano il 44% del costo del lavoro. Siamo il Paese dell'Ue con il più alto carico fiscale sul lavoro, con tutte le conseguenze, di certo non positive, che ne derivano.Buona notizia solo a metà per le aziende: la pressione fiscale nel 2009 è rimasta al 31,4% come nel 2008 ma lascia comunque l'Italia al quarto posto in Europa, nonostante il vistoso calo degli ultimi dieci anni. La riduzione dell'imposizione fiscale è, infatti, scesa di quasi dieci punti dal 2000 al 2009, passando dal 41,3% al 31,4%. Si rimane comunque sopra la media Ue-27 (23,5%) e della zona euro (25,9%).
I dati di Eurostat, sui quali si basa il rapporto dell'esecutivo europeo, indicano come dal punto di vista della pressione fiscale complessiva l'Italia col 43,3% nel 2007 si classifichi, insieme alla Francia, al quarto posto tra i Paesi dell’Ue, dopo Danimarca (48,7%), Svezia (48,3%) e Belgio (44,0%). Tutti al di sopra della media dell'Ue (37,5%) e della zona euro (38,2%).
A pesare di più sul dato complessivo italiano è dunque il cosiddetto cuneo fiscale che, nonostante le misure prese negli ultimi anni, continua a gravare sul costo del lavoro.
Al contrario della maggior parte degli altri Paesi europei, in Italia l'imposizione fiscale sul lavoro è aumentata in maniera notevole fin dalla metà degli anni '90, nonostante gli effetti della riforma del '98 tesi ad attenuare la situazione. Tale imposizione è rimasta pressoché costante dall'inizio degli anni 2000 ed è salita dal 42,5% del 2006 al 44,0% del 2007.I dati rilasciati da Eurostat, in accordo con quanto sostiene la CGIL, confermano in merito all’elevata tassazione sul lavoro come la situazione sia divenuta oramai insostenibile. Secondo il segretario confederale della CGIL, Agostino Megale, negli ultimi 15 anni a sfavore dei lavoratori c’è stato infatti un allargamento della forbice tra retribuzioni lorde e quelle nette. Facendo un breve calcolo: se la pressione fiscale e contributiva è del 44%, questo significa che in media un lavoratore per ogni 100 euro lordi in busta paga ne incassa appena 56. Sotto di noi si trova addirittura la Svezia, dove però i servizi sociali e statali offerti in cambio di tanto sacrificio sono notoriamente di molto superiori.
A farne le spese sono i lavoratori dipendenti ed i pensionati, ai quali le tasse ed i contributi vengono prelevati alla fonte: negli ultimi quindici anni hanno subito una perdita cumulata del potere d’acquisto pari a quasi settemila euro (trattenuti dal fisco proprio per effetto di un maggiore prelievo fiscale e contributivo). Inoltre, secondo il segretario confederale della CGIL, c’è da considerare sia il fenomeno dell’evasione fiscale che si annida tra chi le tasse non le paga con le trattenute alla fonte, sia la mancata restituzione del fiscal drag che solo per il 2008 ha comportato a carico dei pensionati e dei lavoratori la mancata restituzione, in media, di oltre 360 euro.
Detrazioni in busta paga: in Italia le più alte dell’Ue
di Valeria Del Forno
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