Gianfranco Franchi, Monteverde

di Gordiano Lupi

Gianfranco Franchi ĆØ un autore che conosco bene, visto che ho pubblicato nelle collane del Foglio Letterario (www.ilfoglioletterario.it) i suoi primi tre libri: Disorder, Pagano e la stupenda raccolta di poesie L’inadempienza.

Monteverde ĆØ la sua ultima fatica ed esce per un marchio editoriale importante come Castelvecchi, che in passato ha lanciato veri e propri casi letterari. Tutto questo mi fa grande piacere, non solo perche posso dire pippobaudescamente: “L’ho scoperto io!”, ma soprattutto perchĆ© il romanzo non tradisce le attese.

Franchi costruisce una raccolta di racconti attorno alla figura dell’intellettuale Guido Orsini - alter ego dell’autore giĆ  presente in Disorder e Pagano - ma al tempo stesso, pagina dopo pagina, realizza una sorta di poetico romanzo di formazione.

Sono una foglia che pesa ottanta chili. Sogno refoli di vento. Sono una batteria che si sta ricaricando. Voglio ricaricare in pace senza sbalzi di corrente. Sono una sigaretta che non si spegne. Fuma soltanto. Sono queste mani che dovresti mutilare. Sono un giocattolo giocato da mani sempre nuove, e tutto ĆØ un mio giocattolo. Forse anche la morte.

Guido Orsini prende per mano il lettore e lo conduce alla scoperta del suo mondo. Parla della sua casa - dove trova tempo persino di leggere il famoso scrittore cubano di Piombino (indovinate un po’ di chi sta parlando…) -, dei suoi libri, del nonno che ĆØ morto lasciando un segno indelebile nella sua vita, del suo amore per la bellezza, del lavoro che non si trova e quando capita di ottenerlo ĆØ sempre inadeguato, perchĆ© non esiste lavoro per un letterato in un mondo costruito su misura per addetti ai computer, del suo amore per Nanni Moretti e Milan Kundera, della rabbia nei confronti di scrittori incapaci elevati a rango di letteratura, delle storie d’amore che si stemperano nella monotonia del giĆ  visto, delle passioni musicali, delle radio libere, della magica Roma, di quando era arbitro di calcio e di come il calcio sia sprofondato nel niente.

Franchi scrive narrativa con lo stile di un poeta in prestito alla prosa, lo fa con leggerezza, le pagine scorrono via che ĆØ un piacere, ma il senso profondo di ciĆ² che leggi ti resta dentro per giorni, forse non ti abbandonerĆ  piĆ¹. L’autore dipinge un affresco degli anni Ottanta e delle nostre vite, raccontandoci gli affari suoi, confidando segreti, passioni, delusioni, rancori, che - magia della letteratura - divengono universali. Non ĆØ un’operazione facile e non sempre riesce, perchĆ© il rischio della narrativa ombelicale ĆØ dietro l’angolo. Franchi ĆØ distante anni luce da tanta scrittura italiana contemporanea che sviscera problemi inesistenti, racconta di aperitivi e commissari panzoni, enumera scopate e balene morte della Lombardia. Non facciamo nomi. Se leggete qualche libro avete capito di chi sto parlando. Franchi ĆØ un cantore della nostra epoca, di una generazione insoddisfatta cosƬ ben descritta da VirzƬ in Tutta la vita davanti, delle persone che vorrebbero dare un senso alla loro vita e spesso devono soltanto accontentarsi. Leggere Monteverde vi farĆ  soffrire, ma sarĆ  una sofferenza terapeutica, perchĆ© porterĆ  alla luce le vostre pulsioni piĆ¹ nascoste, i ricordi di un passato che non puĆ² tornare, ma che ĆØ stato bello aver vissuto.

Franchi ha pubblicato anche Radiohead (Arcana – pag. 440 – euro 18,50), un pregevole volume di testi commentati che ha per tema l’attivitĆ  musicale della nota band. Mi limito a citarlo perchĆ© in materia mi sento davvero impreparato.

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