IL RESTAURATORE CHE NON C'ERA...ORA C'È. Ed arriva, tra le righe, la proposta di laurea.

Tempera all'uovo su tavola con fondo oro in foglia. Restauro parziale.


di Chiara Di Salvo


In attuazione dell'articolo 182, comma 1-quinquies del Codice Urbani, il 28 maggio 2009, è stato pubblicato il Decreto che regola e disciplina le modalita per lo svolgimento della prova di idoneità per la qualifica di Restauratore (D.lgs 30 marzo 2009, n. 53 "Regolamento recante la disciplina delle modalità per lo svolgimento della prova di idoneità utile all'acquisizione della qualifica di restauratore di beni culturali, nonchè della qualifica di «collaboratore restauratore di beni culturali"). Il testo, in vigore dall'11 giugno 2009 e promulgato dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali di concerto con il Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, disciplina le modalità e i titoli di accesso per accedere al concorso e quindi per ottenere il titolo.

Sulla figura professionale del restauratore e, quindi, sulla sua "qualifica finale" di letteratura in materia ce n'è tantissima. Sono anni che i restauratori chiedono di poter essere definiti in categoria di settore. Infatti, a differenza di un architetto e della sua laurea, i restauratori devono sempre esibire carteggi strani che, se non provenienti dall'Opificio di Pietre dure di Firenze o dall'I.C.R. di Roma, sembrano valere poco.
Le cose stanno cambiando. Complice il crescere di Scuole e Accademie di Belle Arti specializzate in restauro per la crescita della domanda, da alcuni anni, sottoscritta compresa, i restauratori hanno cominciato a fare cerchio, a comprendere l'importanza del proprio lavoro e a mettere sul tavolo di lavoro la propria voce.
L'esigenza di avere personale qualificato che lavori nei Beni culturali, in attuazione anche della normativa prevista dal Codice Urbani all'art. 29 e dalle figure professionali richieste e suggerite dall'ICOM, sembra essersi concretizzata con questo concorso...
Nel bando è ammesso solo il professionista che « consegue un diploma presso una scuola di restauro statale di cui all'art. 9 del decreto legislativo 20 ottobre 1998, n. 368, purche' risulti iscritto ai relativi corsi prima della data del 31 gennaio 2006; colui che, alla data di entrata in vigore del decreto del Ministro 24 ottobre 2001, n. 420, abbia conseguito un diploma presso una scuola di restauro statale o regionale di durata non inferiore a due anni ed abbia svolto, per un periodo di tempo almeno doppio rispetto a quello scolare mancante per raggiungere un quadriennio e comunque non inferiore a due anni, attivita' di restauro dei beni suddetti, direttamente e in proprio; colui che, alla data di entrata in vigore del decreto del Ministro 24 ottobre 2001, n. 420, abbia svolto, per un periodo di almeno otto anni, attivita' di restauro dei beni suddetti, direttamente e/o in proprio con rapporto di lavoro dipendente o di collaborazione coordinata e continuativa con responsabilita' diretta nella gestione tecnica dell'intervento, con regolare esecuzione certificata dall'autorita' preposta alla tutela dei beni o dagli istituti di cui all'art. 9 del decreto legislativo 20 ottobre 1998, n. 368 ».
Risulta comprensibile quindi che essendo numerose le scuole di restauro e diversificate le professionalità che ne sono uscite, ci sia bisogno di "un'ulteriore" rettifica:
All'art. 1-bis., infatti, il testo prosegue: « Puo' altresi' acquisire la qualifica di restauratore di beni culturali (attraverso la procedura concorsuale) colui che, alla data di entrata in vigore del decreto del Ministro 24 ottobre 2001, n. 420, abbia svolto, per un periodo almeno pari a quattro anni, attivita' di restauro dei beni suddetti, direttamente e in proprio, ovvero direttamente e in rapporto di lavoro dipendente o di collaborazione coordinata e continuativa con responsabilita' diretta nella gestione tecnica dell'intervento, con regolare esecuzione certificata dall'autorita' preposta alla tutela dei beni o dagli istituti di cui all'art. 9 del decreto legislativo 20 ottobre 1998, n. 368; colui che abbia conseguito o consegua un diploma in restauro presso le accademie di belle arti con insegnamento almeno triennale, purche' risulti iscritto ai relativi corsi prima della data del 31 gennaio 2006; colui che abbia conseguito o consegua un diploma presso una scuola di restauro statale o regionale di durata non inferiore a due anni, purche' risulti iscritto ai relativi corsi prima della data del 31 gennaio 2006 [...] ».
Questa categoria di professionisti, considerata fondamentale in ogni settore dei beni culturali, continua questo yo-yo da trent'anni.
Inoltre la cosa veramente piacevole è vedere come, in una società in cui il CO.CO.PRO. per i giovani è la norma e considerando, soprattutto, che i cantieri di restauro non sono un'azienda fissa ma si aprono e si chiudo in tempi più o meno ristretti...come può, la nostra generazione, aver avuto la possibilità di un lavoro continuativo e con responsabilità diretta? I cantieri hanno capocantieri che, spesso e a seconda degli interventi, cambiano. Inoltre bisogna pensare che non si parla sempre di cantieri importanti e di ditte prestigose (sebbene pure loro non siano esenti da ignomigna professionale) in cui i professionisti del settore sono figure riconosciute...esistono anche i piccoli cantieri e i piccoli imprenditori che non sempre permettono questo tipo di chiarezza. Quindi, poichè il requisito della responsabilità diretta nella gestione tecnica dell'intervento deve risultare esclusivamente da atti di data certa, ci stanno molti restauratori cui sarà impossibile dichiarare il loro nome per taluni cantieri, con la conseguenza della perdità di punteggi in graduatoria.
Notizia interessante però, la si trova all'interno del bando stesso: in attesa dell'emanazione di nuovi decreti regolamentatori il Ministro dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, di concerto con la Fondazione "Centro per la conservazione ed il restauro dei beni culturali La Venaria Reale" autorizza ad istituire ed attivare, in via sperimentale ed in convenzione con l'Università di Torino e il Politecnico di Torino, un corso di laurea magistrale a ciclo unico per la formazione di restauratori dei beni culturali, ai sensi del comma 6 e seguenti dello stesso art. 29 del Codice Urbani. Il corso, il cui programma è definito dal d.lgs. 20 ottobre 1998, n. 368, art. 9, figura sulla base dello specifico progetto approvato dai competenti organi della Fondazione e delle università, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Definire la figura del restauratore con una "laurea" comporta il passaggio del titolo dall'Accademia di Belle Arti al MIUR, cioè dall'AFAM – Alta Formazione Artistica Musicale (di cui fanno parte i titoli di Accademie e Conservatori) al Ministero dell'Istruzione e dell'Università. Preciso che risulta essere proprio un cambio di "gestione", non un tentativo di alzarla di livello. È come se chi volesse cantare in un'orchestra avesse bisogno di una "laurea in musica" e non del diploma di conservatorio.
Tuttavia, tra chi ha appreso il mestiere "a bottega", chi ha seguito un corso di due anni, chi tre, chi otto...forse una regolamentazione era quello che ci voleva.
Il diploma accademico, spesso considerato una carta secondaria rispetto al diploma di laurea, ora verrà, forse, messo definitivamente da parte per i restauratori che potranno richiedere, "laureati", maggiore rispetto sul campo.
Forse è vero che in alcuni ambiti le carte valgono più del mestiere.

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