Giuseppe Gavazza
Diletto Musicale
Ricordo una frase del grande violoncellista Alain Meunier (riferitami dall'amico Enrico Correggia) che, durante le prove di un concerto a Torino, diceva: “Mi considero un dilettante di musica, perché la musica per me è un diletto”. Proprio lui che - vivendo di musica tra Parigi, Praga e il centro Italia – ha suonato e suona con tutti i più grandi musicisti del nostro tempo.
Bisognerebbe riflettere di più su cosa è e cosa potrebbe (dovrebbe) essere la musica: un'attività sociale e dilettevole. Intanto attività e non passività quindi da fare (suonare) prima che da ascoltare, e poi da farsi con la gioia del dilettante.
Però la musica fatta, attiva non rende e non vende, anzi: se si spendessero le serate a far musica assieme si guarderebbe meno tv, si andrebbe meno per stadi e anche per cinema e teatri, e poi si correrebbe il rischio grandissimo di avere molte persone che ne capiscono qualcosa e vendere patacche diventerebbe più arduo.
Un refolo d'aria fresca è l'articolo di Sandro Cappelletto uscito su La Stampa del 19 agosto scorso:
“Alla mattina provano e danno concerti in piazza gli allievi adolescenti; all’una ci si ritrova tutti per condividere un rapido pranzo, poi si ritorna a far quartetto; la sera, nella Pieve fuori paese, tocca ai professionisti e si tratta di alcuni tra i quartetti italiani di maggior spicco o di più recente formazione: Quartetto di Torino, Quartetto di Venezia, Quartetto Giulini. Nel concerto finale, dove i diversi gruppi suonano i brani preparati in una settimana di studio intenso, si dà spazio a tutti. Il divismo non abita qui, il piacere di fare musica assieme sì.”
La musica vive qui - nei dilettanti che la fanno e nei professionisti che la fanno dilettandosi - molto più che nei divi da supermercato di ogni genere e tipo. Chiamiamola pure musica amatoriale, la sostanza non cambia di molto: amore e diletto sono in fondo gli ingredienti migliori del buon vivere.
Diffidate dal divismo: il divo avvilisce anche te.
Bisognerebbe riflettere di più su cosa è e cosa potrebbe (dovrebbe) essere la musica: un'attività sociale e dilettevole. Intanto attività e non passività quindi da fare (suonare) prima che da ascoltare, e poi da farsi con la gioia del dilettante.
Però la musica fatta, attiva non rende e non vende, anzi: se si spendessero le serate a far musica assieme si guarderebbe meno tv, si andrebbe meno per stadi e anche per cinema e teatri, e poi si correrebbe il rischio grandissimo di avere molte persone che ne capiscono qualcosa e vendere patacche diventerebbe più arduo.
Un refolo d'aria fresca è l'articolo di Sandro Cappelletto uscito su La Stampa del 19 agosto scorso:
“Alla mattina provano e danno concerti in piazza gli allievi adolescenti; all’una ci si ritrova tutti per condividere un rapido pranzo, poi si ritorna a far quartetto; la sera, nella Pieve fuori paese, tocca ai professionisti e si tratta di alcuni tra i quartetti italiani di maggior spicco o di più recente formazione: Quartetto di Torino, Quartetto di Venezia, Quartetto Giulini. Nel concerto finale, dove i diversi gruppi suonano i brani preparati in una settimana di studio intenso, si dà spazio a tutti. Il divismo non abita qui, il piacere di fare musica assieme sì.”
La musica vive qui - nei dilettanti che la fanno e nei professionisti che la fanno dilettandosi - molto più che nei divi da supermercato di ogni genere e tipo. Chiamiamola pure musica amatoriale, la sostanza non cambia di molto: amore e diletto sono in fondo gli ingredienti migliori del buon vivere.
Diffidate dal divismo: il divo avvilisce anche te.
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